Cass. civ. Sez. III, Sent., 28-06-2012, n. 10871 Distribuzione della somma ricavata Pignoramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Intesa SanPaolo S.p.A. propose opposizione, ai sensi degli artt. 512 e 617 cod. proc. civ., avverso l’ordinanza del 20 marzo 2007, con la quale il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Livorno, in sede di distribuzione del ricavato della vendita di beni immobili oggetto di pignoramento, aveva rigettato, ex art. 512 cod. proc. civ., le contestazioni della stessa opponente avverso il progetto di distribuzione; con questo progetto erano state attribuite all’istituto di credito opponente soltanto le spese della procedura esecutiva e quelle liquidate in suo favore con la sentenza emessa a seguito del giudizio promosso dall’allora Banco di Napoli S.p.A. (poi SanPaolo IMI s.p.a., quindi Intesa SanPaolo S.p.A.), quale creditore beneficiario di provvedimento di sequestro conservativo.

L’opponente sostenne che avrebbe dovuto essere preferita alla creditrice ipotecaria BIPIELLE Società di Gestione del Credito S.p.A., quale mandataria e procuratrice di Tiepolo Finance 2 s.r.l.

(alla quale era invece stata assegnata la residua somma ricavata dalla vendita, dopo la soddisfazione di creditori ipotecari di grado precedente): infatti, secondo l’opponente, il sequestro conservativo, che si era convertito in pignoramento in suo favore ai sensi dell’art. 686 cod. proc. civ. e art. 156 disp. att. cod. proc. civ., avrebbe dovuto essere inteso come riferito non soltanto alle somme liquidate dalla sentenza di merito a titolo di spese, ma anche alle somme portate da due decreti ingiuntivi che il Banco di Napoli S.p.A. aveva ottenuto per il medesimo credito relativo allo scoperto di conto corrente fatto valere ai fini del sequestro conservativo, nei confronti dei medesimi debitori; quindi, in applicazione dell’art. 2906 cod. civ. e art. 2916 cod. civ., n. 1, non si sarebbe dovuto tenere contro dell’ipoteca iscritta in favore di Tiepolo Finance 2 s.r.l. dopo il sequestro, poi convertito in pignoramento.

Si costituì in giudizio soltanto BIPIELLE e contestò le pretese dell’opponente.

Il Tribunale di Livorno ha rigettato l’opposizione ed ha compensato le spese del giudizio di merito.

Avverso la sentenza, Intesa SanPaolo s.p.a. propone ricorso straordinario per cassazione a mezzo di quattro motivi illustrati da memoria. Si difende con controricorso la Società Gestione Crediti BP S.p.A., già BIPIELLE Società di Gestione Credito S.p.A., nella sua qualità di procuratrice e mandataria della Tiepolo Finance 2 s.r.l..

Motivi della decisione

1.- Col primo motivo del ricorso, si denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 2906 cod. civ., art. 2916 cod. civ., n. 1 e dell’art. 686 cod. proc. civ. e art. 156 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, perchè il Tribunale non avrebbe tenuto conto dell’interpretazione di tali norme data sia dalla giurisprudenza che dalla dottrina, nel senso che la conversione del sequestro conservativo in pignoramento opera ex tunc, di talchè l’inefficacia degli atti di alienazione successivi al sequestro si estenderebbe ai creditori intervenuti: da tale effetto retroattivo sarebbe dovuto conseguire che, a seguito della conversione del sequestro conservativo in pignoramento, l’ipoteca iscritta dalla Cassa di Risparmio di Livorno, poi Tiepolo Finance 2, sarebbe stata inopponibile al creditore sequestrante, mentre il giudice a quo aveva erroneamente ritenuto operante il vincolo soltanto nei limiti delle somme oggetto di condanna alle spese.

1.1.- Col secondo motivo di ricorso si denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli stessi articoli di cui al primo motivo, con l’aggiunta dell’art. 669 novies cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, con riferimento alla parte della motivazione con la quale il Tribunale ha affermato che sarebbe stato onere del Banco di Napoli (ora Intesa San Paolo) dare corso agli adempimenti previsti dall’art. 156 disp. att. cod. proc. civ., per i decreti ingiuntivi esecutivi contro i debitori. Osserva la ricorrente che la conversione sarebbe seguita alla sentenza di condanna ai sensi dell’art. 686 cod. proc. civ. e pertanto, avendo riconosciuto nel caso di specie esistente ed efficace tale sentenza, tanto da avere ammesso la conversione del sequestro in pignoramento, il giudice di merito avrebbe errato nel ritenerne un’efficacia "limitata": così decidendo, il Tribunale di Livorno avrebbe violato le norme che regolano l’efficacia dei provvedimenti cautelari, in generale (art. 669 novies cod. proc. civ.), ovvero quelle che regolano l’efficacia dei sequestri, in particolare (artt. 675 e 684 cod. proc. civ.); nessuna delle ipotesi di inefficacia previste da tali norme si sarebbe verificata nel caso di specie, quindi il sequestro conservativo non avrebbe perso efficacia; in particolare, la sentenza conclusiva del giudizio di merito non avrebbe affermato l’inesistenza del diritto a cautela del quale il sequestro era stato concesso, ma avrebbe preso atto, invece, che il Banco di Napoli aveva ottenuto i decreti ingiuntivi oramai divenuti definitivi e quindi era certamente creditore.

1.2.- Col terzo motivo di ricorso è dedotta nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 512 e 617 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, nella parte in cui avrebbe affermato che il Banco di Napoli non concorreva per la soddisfazione dei crediti derivanti dai due decreti ingiuntivi, perchè, invece, tale circostanza sarebbe stata pacifica ed incontestata tra le parti ed anzi sarebbe stata data per presupposta anche dal provvedimento reso ai sensi dell’art. 512 cod. proc. civ., essendo contestato soltanto l’ambito di operatività del sequestro.

Poichè il provvedimento ex art. 512 cod. proc. civ., che aveva ritenuto che il Banco di Napoli concorresse anche per la somma portata dai decreti ingiuntivi non era stato, per tale statuizione, oggetto di opposizione agli atti, esso non avrebbe potuto essere riformato dal Tribunale.

1.3.- Col quarto motivo di ricorso è dedotta nullità della sentenza per violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 183 cod. proc. civ., per non avere il Tribunale di Livorno invitato le parti a dedurre sulla questione, da ritenersi nuova, concernente la richiesta del Banco di Napoli di partecipare alla distribuzione del ricavato per i crediti oggetto dei decreti ingiuntivi.

2.- Rilevano, ai fini del presente ricorso, i seguenti fatti, non contestati:

– il Banco di Napoli s.p.a. (poi Intesa SanPaolo s.p.a.) ottenne in data 22 aprile 1998 un decreto autorizzativo del sequestro conservativo sui beni immobili di proprietà di B.L., P.M., R.G. e Ri.Gi. fino alla concorrenza di L. due miliardi;

– il sequestro venne trascritto in data 23 aprile 1998 (con rettifica in data 24 aprile 1998) e confermato con ordinanza del 30 maggio 1998; il giudizio di merito iniziò con citazione dell’11 giugno 1998;

nelle more, e precisamente nelle date del 23 aprile e del 24 aprile 1998, il Banco di Napoli ottenne, nei confronti degli stessi debitori e per gli stessi crediti, due decreti ingiuntivi immediatamente esecutivi; i due decreti non furono opposti;

– dopo la trascrizione del sequestro conservativo, la Cassa di Risparmio di Livorno (poi Tiepolo Finance 2 s.r.l.) i-scrisse ipoteca sui medesimi beni oggetti di sequestro;

– con sentenza resa in data 27 aprile 1999 n. 476, il Tribunale di Livorno, nel concludere il giudizio di merito instaurato dopo il sequestro, dichiarò improcedibili le domande di condanna, in quanto vi sarebbe stata una duplicazione di titoli esecutivi, avendo il Banco di Napoli ottenuto i decreti ingiuntivi oramai irrevocabili, e condannò i convenuti al pagamento delle spese di lite;

– il Banco di Napoli, ottenuta la sentenza, curò, rispetto a quest’ultima, gli adempimenti di cui all’art. 156 disp. att. cod. proc. civ. ed, introdotto il processo esecutivo, che prese il n. 240/1999 R.G. E. del Tribunale di Livorno, chiese la vendita dei beni immobili dei debitori;

– alla procedura predetta vennero riunite altre procedure espropriative immobiliari pendenti nei confronti degli stessi debitori e, dopo la vendita dei beni pignorati, venne redatto il piano di riparto in data 30 maggio 2006.

2.1.- Il giudice dell’esecuzione, investito ex art. 512 cod. proc. civ., delle contestazioni di San Paolo IMI S.p.A. (che aveva incorporato il Banco di Napoli) avverso tale progetto di distribuzione, che gli assegnava soltanto le spese del processo esecutivo e le spese liquidate con la sentenza n. 476 del 27 aprile 1999, rigettò, con ordinanza del 20 marzo 2007, le contestazioni, ritenendo che l’ipoteca della C.R.L., iscritta tra il sequestro e la conversione di questo in pignoramento, fosse inopponibile all’istituto di credito sequestrante soltanto nei limiti della somma oggetto della condanna di cui alla sentenza n. 476/99, essendo questa, per il resto, una sentenza di accertamento; pertanto, confermò l’attribuzione a San Paolo IMI s.p.a. della somma di Euro 12.940,00 ed attribuì la somma residuata dopo la soddisfazione degli altri creditori ipotecari, ammontante ad Euro 574.196,49, alla creditrice ipotecaria Tiepolo Finance 2 s.r.l..

2.2.- La sentenza impugnata ribadisce, in motivazione, la ratio decidendi fondamentale dell’ordinanza pronunciata ex art. 512 cod. proc. civ. ed aggiunge ulteriori argomenti circa il mancato adempimento delle formalità ex art. 156 disp. att. cod. proc. civ., con riguardo ai decreti ingiuntivi (cui nell’ordinanza era fatto solo un cenno) e circa il mancato intervento del Banco di Napoli nel processo esecutivo sulla base dei decreti ingiuntivi (laddove invece l’ordinanza conteneva soltanto il riferimento alla mancata iscrizione ipotecaria in forza dei decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi).

La ratio decidendi concernente la portata della sentenza conclusiva del giudizio di merito che ha fatto seguito al sequestro conservativo è fatta oggetto di censura col primo motivo di ricorso; l’ulteriore argomento esposto nella motivazione della sentenza, relativamente agli adempimenti ex art. 156 disp. att. cod. proc. civ., è fatto oggetto di censura col secondo motivo; l’argomento concernente il mancato intervento del Banco di Napoli S.p.A. nel processo esecutivo, sulla scorta dei decreti ingiuntivi, e quindi la (ritenuta) mancata richiesta di partecipazione alla distribuzione del ricavato anche per le somme portate dai decreti ingiuntivi, è fatto oggetto di censura con i restanti due motivi di ricorso.

Andranno trattati insieme, per un verso, il primo ed il secondo motivo, e, per altro verso, il terzo ed il quarto, essendo rispettivamente tra loro connessi.

3.- I primi due motivi sono infondati, sebbene la motivazione della sentenza impugnata debba essere parzialmente corretta, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., u.c..

La sentenza è conforme al diritto, e precisamente alle norme dell’art. 686 cod. proc. civ. e art. 156 disp. att. cod. proc. civ., nonchè art. 2906 c.c. e art. 2916 c.c., n. 1 – la cui violazione è perciò infondatamente denunciata col primo motivo di ricorso.

La motivazione è del tutto coerente con tali norme nella parte in cui ha ritenuto che la sentenza ottenuta a conclusione del giudizio di merito instaurato a seguito del procedimento cautelare di sequestro conservativo abbia comportato la conversione del sequestro in pignoramento nei limiti della somma oggetto di condanna.

La norma di riferimento, costituita dall’art. 686 cod. proc. civ., richiede, perchè la conversione possa determinarsi, che il creditore sequestrante ottenga "sentenza di condanna esecutiva"; in tale momento il sequestro conservativo si converte automaticamente in pignoramento (cfr. tra le tante, Cass. n. 10029/06, n. 18536/07).

Rispetto agli effetti che, a norma dell’art. 2906 cod. civ., si producono con riguardo agli atti compiuti nelle more tra il sequestro conservativo ed il pignoramento, detta conversione opera, sì, ex tunc, come rilevato dalla ricorrente, ma soltanto nei limiti del credito per il quale si è avuta la sentenza di condanna, non con riguardo all’importo, eventualmente maggiore, del credito fino al quale il sequestro è stato autorizzato.

Rileva al riguardo il Collegio che gli effetti che l’art. 2906 cod. civ., riconosce in favore del creditore sequestrante sono soltanto equiparati a quelli che lo stesso creditore otterrebbe in caso di pignoramento (e non a caso la lettera del primo comma fa riferimento alle "regole stabilite per il pignoramento" e non sic et simpliciter agli effetti di quest’ultimo); ciò, in ragione del fatto che si tratta di effetti che operano esclusivamente in favore del creditore sequestrante (cfr. Cass. n. 2302/95 che, nel richiamare i precedenti costituiti da Cass. n. 2304/68 e n. 3058/76, parla di vincolo "a porta chiusa") e – giova sottolineare – nei limiti in cui la cautela, così come accordata, abbia poi trovato riscontro nella sentenza di condanna di cui all’art. 686 cod. proc. civ..

La differenza tra gli effetti del sequestro conservativo e quelli del pignoramento è chiaramente delineata nella motivazione della sentenza, richiamata proprio dalla parte ricorrente, costituita da Cass. 5 agosto 1997 n. 7218: mentre il pignoramento (e quindi anche la conversione del sequestro conservativo in pignoramento) fa sì che il vincolo si estenda senza alcun limite, derivante dal credito in forza del quale è stato apposto, su tutti i beni pignorati, perchè esso deve andare a vantaggio non solo del creditore procedente, ma anche degli intervenuti; il sequestro conservativo non anticipa in toto tali effetti del pignoramento, ma li anticipa nei limiti in cui essi servano a soddisfare le ragioni del creditore sequestrante.

Orbene, tali ragioni non sono quelle che, in generale, debbano essere riconosciute al creditore nei confronti di un determinato debitore, ma solo quelle che abbiano trovato riconoscimento, prima, nel provvedimento di autorizzazione al sequestro conservativo e, quindi, nella sentenza di condanna, che ha chiuso il giudizio di merito seguito alla concessione della cautela: nel precedente sopra menzionato la mancata coincidenza era dovuta ad una differenza per eccesso (nel senso che la somma oggetto della condanna con sentenza era di importo maggiore di quello per il quale era stato autorizzato il sequestro); nel caso di specie, è dovuta ad una differenza per difetto (nel senso che la somma per la quale il Banco di Napoli, oggi Intesa SanPaolo s.p.a., ha ottenuto la sentenza di condanna è inferiore a quella per la quale il sequestro è stato autorizzato.

E’ vero che, nel caso di specie, la condanna è risultata inferiore non perchè si sia riconosciuto inesistente il credito per la maggior somma, ma, al contrario, perchè, i nello stesso giudizio, il Tribunale ha accertato che l’istituto di credito era effettivamente creditore degli importi per i quali era stato autorizzato il sequestro, ma per questi aveva già ottenuto una condanna irrevocabile in forza di decreti ingiuntivi non opposti; si tratta della c.d. preclusione pro-iudicato, riconosciuta al monitorio irrevocabile (cfr., da ultimo, Cass. n. 23918/10, n. 11360/10), che ha fatto sì che una (seconda) ulteriore condanna per lo stesso credito si ponesse in violazione del principio del ne bis in idem.

Tale situazione processuale tuttavia non rende la sentenza che ha chiuso il giudizio di merito conforme al tipo previsto dall’art. 686 cod. proc. civ., relativamente agli importi di cui alla condanna in sede monitoria. Per poter servire alla conversione, la sentenza richiesta dalla norma deve essere una "sentenza di condanna esecutiva": essa – nella vicenda processuale iniziata con la concessione e la trascrizione del decreto di sequestro conservativo- si pone come titolo esecutivo sopravvenuto che consente la conversione di quel sequestro in pignoramento e che legittima il creditore all’azione esecutiva, previo il compimento degli adempimenti di cui all’art. 156 disp. att. cod. proc. civ.. Orbene, in tanto il creditore sequestrante è facultato ad a agire in executivis, in forza delle norme richiamate, in quanto a fondamento di tale azione possa porre quel titolo esecutivo che l’art. 686 cod. proc. civ., individua nella sentenza di condanna esecutiva. Nè rileva che il credito accertato come esistente in favore del sequestrante sia di importo maggiore rispetto a quello oggetto di condanna, poichè, per la differenza, la sentenza non è valido titolo esecutivo idoneo a convertire il sequestro in pignoramento; la situazione è analoga a quella del creditore che, pur avendo ottenuto un accertamento -anche giudiziale- del proprio credito non possa tuttavia vantare un titolo esecutivo ex art. 474 cod. proc. civ., in forza del quale soltanto gli è consentito di agire in via esecutiva.

3.1.- Nè rileva che, nel caso di specie, il Banco di Napoli avesse degli altri titoli esecutivi e che questi fossero dei decreti ingiuntivi ottenuti per gli stessi crediti per i quali era stato autorizzato il sequestro.

Su questo punto la motivazione della sentenza impugnata va corretta poichè i decreti ingiuntivi, in quanto tali, non avrebbero potuto consentire la conversione del sequestro in pignoramento nemmeno se, rispetto ad essi, fossero state compiute le formalità dell’art. 156 disp. att. cod. proc. civ..

I decreti ingiuntivi costituivano, a loro volta, dei titoli esecutivi rientranti pacificamente nel catalogo dell’art. 474 cod. proc. civ., che avrebbero consentito, oltre all’iscrizione dell’ipoteca giudiziale, l’avvio di un’autonoma azione esecutiva ovvero -come si dirà, trattando degli altri due motivi di ricorso- l’intervento nel processo esecutivo avviato con la conversione del sequestro in pignoramento.

Tuttavia, gli effetti di tale conversione, quali risultanti dal combinato dell’art. 2906 cod. civ., comma 1 e art. 2916 cod. civ., n. 1, si sarebbero avuti, e si sono di fatto avuti, soltanto con riguardo all’importo del credito per il quale la sentenza ex art. 686 cod. proc. civ., ha pronunciato la condanna.

3.2.- In ragione della differenza tra effetti del pignoramento ed effetti della conversione del sequestro in pignoramento di cui si è detto sopra, nella distribuzione non si sarebbe potuto tenere conto, e di fatto non si è tenuto conto, dell’ipoteca iscritta nelle more tra il sequestro ed il pignoramento soltanto nei limiti in cui il primo si è convertito in pignoramento in favore del creditore sequestrante; laddove invece se l’ipoteca fosse stata iscritta dopo la conversione essa sarebbe stata improduttiva di effetti nei confronti del creditore procedente e dei creditori intervenuti (cfr.

Cass. n. 7218/97), quindi tamquam non esset a tutti gli effetti della distribuzione.

4.- Quanto all’ulteriore argomento che la ricorrente ha fatto valere col secondo motivo di ricorso, per il quale il sequestro conservativo nel caso di specie non avrebbe perso efficacia, poichè non ricorrerebbe nessuna delle ipotesi previste per l’inefficacia del sequestro ovvero per l’inefficacia del provvedimento cautelare ex art. 669 novies cod. proc. civ., esso è, per un verso, infondato, per altro verso non pertinente.

E’ infondato perchè il dibattito dottrinale e giurisprudenziale concernente la permanenza di efficacia del provvedimento cautelare malgrado l’intervento di una decisione di rigetto in rito della domanda nel giudizio di merito (cui si riferisce anche il precedente di Cass. n. 17778/07, citato dalla ricorrente; parzialmente diversa è invece la fattispecie dell’estinzione, contemplata dal precedente Cass. n. 26834/08, pure citato in memoria), riguarda la previsione dell’art. 669 novies cod. proc. civ., che, al comma 3, fa riferimento alla "sentenza anche non passata in giudicato": pertanto, si discute – ed i precedenti citati l’hanno escluso – se possa rilevare nel senso dell’inefficacia del provvedimento cautelare la sentenza in rito "non passata in giudicato". Nel caso di specie, a quanto è dato riscontrare dagli atti, la sentenza del 27 aprile 1999 n. 476 è passata in giudicato, sicchè non vi è dubbio che sia definitivamente preclusa una decisione di merito di condanna per l’intero importo del credito nel limite entro il quale il sequestro conservativo era stato autorizzato.

E comunque si tratta di argomento non pertinente, perchè, nel caso di specie, non di efficacia od inefficacia del provvedimento cautelare di sequestro si dibatte, ma dell’idoneità della sentenza che ha concluso il giudizio di merito a determinare la conversione del sequestro conservativo in pignoramento. La norma di riferimento non può che essere quella dell’art. 686 cod. proc. civ., come sopra interpretata.

I primi due motivi di ricorso vanno perciò rigettati.

5.- I motivi terzo e quarto sono inammissibili. Anche, infatti, a voler ritenere che la sentenza impugnata abbia ex officio – e/o addirittura in contrasto con quanto affermato con l’ordinanza ex art. 512 cod. proc. civ., sul punto non fatta oggetto di opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. – affermato che, rispetto ai crediti portati dai decreti ingiuntivi, il Banco di Napoli non avrebbe spiegato alcun intervento nella procedura esecutiva nè avrebbe chiesto di partecipare alla distribuzione del ricavato neppure in via chirografaria, si tratta di affermazione del tutto irrilevante ai fini della decisione sull’opposizione avverso il progetto di distribuzione del 30 maggio 2006.

Non risulta infatti che l’opponente avesse contestato il progetto di distribuzione per la mancata distribuzione di somme in suo favore in forza di un intervento e , per di più, in via chirografaria.

Quindi, già sotto questo profilo, i motivi risultano entrambi inammissibili, non essendo evincibile dalla relativa illustrazione quale sia l’interesse all’impugnazione della sentenza riguardo ad affermazioni prive di rilevanza decisoria sull’opposizione.

Giova peraltro aggiungere che, nel caso di specie, si deve altresì escludere l’interesse del Banco di Napoli non solo all’impugnazione, ma anche all’opposizione avverso il progetto di distribuzione, pur a voler ammettere che avesse effettuato un intervento nella procedura esecutiva in forza dei decreti ingiuntivi non opposti, e, quindi, pur se, riconoscendo tale intervento, si dovesse concludere in senso contrario a quanto affermato dal giudice a quo.

Risulta dagli atti di parte, ma anche dalla sentenza, che le somme ricavate dalla vendita e quindi oggetto di distribuzione consentirono, detratte le spese in prededuzione, di soddisfare esclusivamente i creditori ipotecari, e per di più, di soddisfare l’ultimo di tali creditori, vale a dire l’odierna resistente Tiepolo Finance 2 s.r.l., soltanto parzialmente (essendo stata ammessa al riparto per Euro 1.326.078,09 e soddisfatta nei limiti della somma di Euro 574.196,49, oltre interessi).

Ne segue che, anche a voler ritenere che vi fosse un intervento del Banco di Napoli (oggi Intesa SanPaolo S.p.A.) non assistito da garanzia ipotecaria, questo sarebbe rimasto comunque insoddisfatto e sarebbe mancato ab origine l’interesse a contestare il progetto di distribuzione per il solo fatto che non avesse tenuto conto di tale intervento.

6.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, tenuto conto che il valore della controversia è commisurato all’importo di Euro 574.196,49, la cui distribuzione è stata contestata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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