Cass. civ. Sez. III, Sent., 28-06-2012, n. 10869 Provvedimenti impugnabili per Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso ex art. 612 cod. proc. civ., R.F., decorso inutilmente il termine assegnato con l’atto di precetto per l’adempimento, chiese che fossero determinate le modalità dell’esecuzione delle sentenze del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in data 4 ottobre 2001, e della Corte d’appello di Messina, in data 18 luglio 2005, sentenze che avevano condannato T. G. e M.G. a regolarizzare le recinzioni di un immobile di loro proprietà, costruendo lungo i confini ovest e sud dello stesso, e ai limiti del restante terreno dell’istante, un muro di cinta dell’altezza di metri tre dal piano di campagna.

Nominato un ausiliario autorizzato, tra l’altro, ad attivarsi per ottenere i provvedimenti amministrativi eventualmente necessari per l’esecuzione delle opere in oggetto, il Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, con provvedimento del 2 luglio 2008, ha dichiarato l’ineseguibilità del giudicato. Ha rilevato in proposito che il Comune aveva espresso parere negativo in ordine alla realizzazione del progetto, redatto dal c.t.u., avente ad oggetto la costruzione di un muro di tre metri, non consentendo il regolamento edilizio il superamento dell’altezza di due metri, segnatamente evidenziando l’impossibilità per il giudice di sostituirsi all’amministrazione in valutazioni inerenti al governo del territorio.

Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte R. F., formulando tre motivi e notificando l’atto a T. G. e a M.G..

Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1 Con il primo motivo l’impugnante denuncia violazione degli artt. 24 e 113 della Cost., in relazione all’art. 2931 cod. civ.. Sostiene che il giudice di merito avrebbe violato il giudicato, negandone l’efficacia in ragione del mero parere di un organo consultivo, senza neppure attendere il provvedimento di rigetto dell’organo preposto al rilascio dell’autorizzazione amministrativa.

2 Con il secondo mezzo lamenta violazione della L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, All. E, per non avere il Tribunale disapplicato l’atto amministrativo illegittimo. Deduce che era stato specificamente raccomandato all’ausiliario di evidenziare all’autorità amministrativa l’esistenza del giudicato, e ciò tanto più che la sentenza della Corte d’appello di Messina aveva specificamente statuito in ordine alla inidoneità della normativa regolamentare a invalidare un obbligo contrattualmente assunto.

3 Con il terzo motivo si prospettano vizi motivazionali in relazione all’affermazione del giudice di merito, secondo cui l’autorità giudiziaria non può sostituirsi a quella amministrativa nelle valutazioni relative al governo del territorio.

4 Il ricorso è inammissibile.

Occorre muovere dalla considerazione che nell’esecuzione forzata per obblighi di fare e di non fare, la tutela giudiziale inizia con l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione designa, ex art. 612 cod. proc. civ., comma 2, l’ufficiale giudiziario che dovrà provvedere al compimento delle operazioni materiali destinate a conformare la realtà fattuale al comando da portare a compimento.

In questa forma di procedura coattiva, mentre il titolo indica il risultato che deve essere raggiunto, l’ordinanza stabilisce le modalità con cui esso deve essere raggiunto. Si tratta di provvedimento che detta le regole dello svolgimento del processo esecutivo e che, non attinendo al diritto della parte di procedere all’esecuzione, ma al quomodo dell’esecuzione, è impugnabile con opposizione agli atti esecutivi, oltre che revocabile o modificabile ad opera dello stesso giudice che lo ha emesso ai sensi dell’art. 487 cod. proc. civ., se non abbia avuto ancora attuazione (confr. Cass. civ. 5 giugno 2007, n. 13071; Cass. civ. 1 febbraio 2000, n. 1071;

Cass. civ. 27 agosto 1999, n. 9012).

5 Sotto altro, concorrente profilo, va poi ricordato che, al fine di stabilire se un provvedimento abbia natura di ordinanza o di sentenza, e sia, quindi, soggetto ai mezzi di impugnazione previsti per le sentenze, occorre aver riguardo non già alla sua forma esteriore e alla qualificazione attribuitagli dal giudice che lo ha emesso, ma agli effetti giuridici che è destinato a produrre. In sostanza il provvedimento non ha il carattere della decisorietà e della definitività quando la pronuncia spieghi i suoi effetti solo sul piano processuale, operando all’interno del processo, con la conseguenza che, in tal caso, esso non è suscettibile di impugnazione innanzi al giudice di grado superiore (confr.: Cass. civ. 3agosto 2001, n. 10731).

A ciò aggiungasi che, perchè un provvedimento possa avere attitudine di giudicato, ex art. 2929 cod. civ. e art. 324 cod. proc. civ., deve provenire da un giudice che, avuto riguardo alla fase processuale in cui esso è stato emanato, abbia la potestas di decidere in via definitiva su diritti o status in contestazione, sicchè il relativo provvedimento, ancorchè non adottato secondo le forme previste, abbia comunque quell’attitudine (cofr. in motivazione Cass. civ. 24 ottobre 2011, n. 2203).

6 Venendo al caso di specie, il provvedimento oggetto del ricorso ha chiuso il procedimento esecutivo proposto dal R., ex art. 612 cod. proc. civ., e segg., dichiarando l’ineseguibilità del giudicato, per impossibilità di esecuzione materiale.

Lungi dal determinare le modalità dell’esecuzione, il giudice ha dunque posto termine al processo, senza che ricorresse una causa tipica di estinzione.

Ora, questa Corte ha a più riprese affermato che il provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione dichiari l’estinzione del processo esecutivo per cause diverse da quelle tipiche (quali, la rinuncia agli atti del processo ex art. 629 cod. proc. civ., l’inattività delle parti ex art. 630 cod. proc. civ., la loro mancata comparizione a due udienze successive ex art. 631 cod. proc. civ., e le cause espressamente previste dalla legge, anche speciale), avendo contenuto di pronuncia di improseguibilità dell’azione esecutiva e natura sostanziale di atto del processo esecutivo, è impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., che è il rimedio proprio previsto per tali atti (così Cass. n. 3276/08, nonchè Cass. ord. n. 30201/08).

A maggior ragione, allora, il mezzo dell’opposizione agli atti esecutivi è l’unico configurabile in un’ipotesi in cui non sia stata dichiarata l’estinzione del processo esecutivo, ma ne sia stata affermata in sostanza l’improcedibililità, con un provvedimento che è atto del processo esecutivo perchè adottato dal giudice dell’esecuzione nello svolgimento di quel processo, senza essere preceduto da alcun incidente di natura cognitiva (confr. Cass. civ. 3 maggio 2011, n. 9676).

7 La cartina di tornasole della piena applicabilità di tali principi al caso di specie è costituita proprio dai profili dell’insufficiente approccio del decidente denunciati nei motivi di ricorso, quali l’adozione del provvedimento di ineseguibilità del giudicato prima della pronuncia dell’organo preposto al rilascio dell’autorizzazione e l’omesso esame delle affermazioni contenute nella sentenza della Corte d’appello di Messina in punto di inapplicabilità alla fattispecie della normativa regolamentare:

questioni nuove, in quanto non trattate nel provvedimento impugnato, e che bene avrebbero potuto e dovuto essere fatte valere in sede di opposizione.

8 Ne deriva che il ricorso va dichiarato inammissibile in applicazione del seguente principio di diritto: con riferimento al processo di esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare ai sensi dell’art. 612 cod. proc. civ., e segg., il provvedimento che, sul presupposto dell’ineseguibilità del giudicato, ponga fine al processo esecutivo, è impugnabile con l’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., essendo questo il rimedio contro i provvedimenti con i quali il giudice dell’esecuzione, a ragione o a torto, addivenga ad una chiusura anticipata del processo esecutivo sul presupposto che non sussistesse ab origine o sia venuta meno una condizione dell’azione esecutiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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