Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 21-06-2011) 09-12-2011, n. 45903

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza 29/10/2009, confermava la decisione 2/2/1999 del Tribunale di Modena, che aveva condannato B.O. a pena ritenuta di giustizia in relazione al reato di calunnia, perchè, con scritto anonimo indirizzato – tra l’altro – ai Carabinieri e all’Autorità Giudiziaria (a quest’ultima pervenuto in data 10/9/1994), aveva incolpato, pur sapendolo innocente, Ba.Da., assessore ai lavori pubblici del Comune di Pavullo, di essersi reso responsabile del reato di abuso d’ufficio, realizzato mediante l’autoassegnazione di incarichi di progettazione per conto del Comune, con conseguenti vantaggi professionali.

2. Ha proposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, l’imputato, deducendo la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza di merito in relazione alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato:

concreti sospetti in ordine alla scarsa trasparenza del comportamento tenuto dall’assessore Ba. rivenivano dal fatto che il medesimo, pur essendosi formalmente dissociato dallo studio professionale "F.B." del quale faceva parte, aveva continuato sostanzialmente ad operare, sia pure in maniera occulta, per tale associazione di professionisti e a partecipare alla ripartizione dei relativi utili; sospetti d’inquinamento emergevano anche in relazione all’assegnazione di un incarico professionale all’ing. F., socio dello studio "F.B.", considerato che la procedura di assegnazione appariva, nel suo espletamento, chiaramente pilotata.

3. Il ricorso è fondato.

Osserva la Corte che la stessa ricostruzione in fatto operata dai giudici di merito non consente di ravvisare nella condotta tenuta dall’imputato l’elemento soggettivo del reato contestato.

La denunzia pacificamente sporta, sia pure con scritto anonimo, dal B. riferisce fatti oggettivamente veri, che per le loro connotazioni legittimavano sospetti di scarsa trasparenza dell’operato del Ba., quale assessore ai lavori pubblici del Comune di Pavullo. Il predetto, infatti, quale contitolare dello studio professionale "F.B", già incaricato della progettazione di opere per conto del Comune di Pavullo e della cura di pratiche edilizie per conto di privati, si era dissociato, solo formalmente, da detto studio, ma aveva continuato, in realtà, a utilizzane la struttura, a prestare regolarmente in essa la propria opera professionale e a partecipare ai relativi utili; allo studio professionale "F.B." erano stati conferiti, nel periodo in cui il Ba. svolgeva le funzioni di assessore, nuovi incarichi di progettazione per conto del Comune; altro incarico per l’importo di L. 25 milioni era stato conferito, all’esito di una gara che appariva "pilotata" (invito rivolto ad altri due soli professionisti, di fatto disinteressati ad assumere l’incarico), all’ing. F., contitolare dello stesso studio.

Non merita certamente censura la conclusione alla quale perviene la sentenza di merito in ordine alla infondatezza dell’accusa di abuso d’ufficio mossa dall’imputato nei confronti del Ba., considerato che il corrispondente percorso argomentativo, strettamente ancorato alle emergenze processuali, da conto, in maniera adeguata e logica, delle ragioni che giustificano tale conclusione. La materialità del delitto di calunnia, pertanto, non può essere posta in dubbio.

La motivazione della sentenza in verifica, invece, è censurabile, perchè contraddittoria e non in linea col dettato della norma di cui all’art. 368 c.p., nella parte in cui ravvisa nella condotta contestata all’imputato anche l’elemento soggettivo della calunnia.

Le circostanze di fatto innanzi evidenziate e certamente indicative, almeno in apparenza, di una confusione dei ruoli rivestiti dal Ba., quello di assessore ai lavori pubblici e quello di libero professionista del settore che col Comune intratteneva rapporti, avevano sicuramente legittimato nell’imputato, che aveva direttamente constatata la fittizia uscita dallo studio tecnico "F.B." del Ba., il concreto sospetto della strumentalizzazione del pubblico ufficio dal predetto ricoperto" al fine di arrecare vantaggio alla propria attività professionale, che, dopo la nomina ad assessore, non aveva avuto effettiva soluzione di continuità.

Componenti essenziali dell’elemento soggettivo del delitto di calunnia sono la volontà di accusare taluno e la scienza dell’innocenza dell’incolpato. Questi due elementi vanno tenuti concettualmente distinti, nel senso che a integrare l’illecito in esame non è sufficiente l’accusa – infondata – ad un soggetto di essersi reso responsabile di un fatto penalmente rilevante, ma è necessario che tale accusa sia qualificata anche dalla consapevolezza della innocenza dell’incolpato. L’individuazione di tale consapevolezza da parte del denunziante non può che essere desunta da concrete circostanze di fatto, dalle quali, con processo logico deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva dell’agente.

Nel caso in esame, tale processo logico deduttivo induce a ritenere che il B., per quanto innanzi esposto, aveva maturato il convincimento soggettivo, sia pure erroneo, della colpevolezza della persona accusata.

4. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, perchè il fatto non costituisce reato.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perchè il fatto non costituisce reato.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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