Cass. civ. Sez. III, Sent., 28-06-2012, n. 10864 Opposizione agli atti esecutivi procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

Con ricorso in data 16 maggio 2003 G.A. si oppose all’esecuzione iniziata nei suoi confronti dall’Istituto Italiano Credito Fondiario s.p.a. (ora Italfondiario), esecuzione nella quale erano intervenute Banca Popolare di Bergamo Credito Varesino s.c.r.l.

e Monte dei Paschi di Siena s.p.a..

Per quanto qui interessa, dedusse l’opponente, con riferimento alla posizione del creditore procedente: a) l’inesistenza e/o nullità della notifica del titolo esecutivo; b) il difetto di ius postulandi del procuratore per irregolarità della procura alle liti; c) la sproporzione dell’azione esecutiva, avendo l’istituto già percepito ingenti somme in altre procedure; d) l’inesistenza del credito e con riguardo anche all’intervenuta Banca Popolare di Bergamo, l’erroneità nel calcolo degli interessi; e) infine, con specifico riferimento alla posizione di Monte dei Paschi di Siena, l’estinzione del credito.

Con sentenza del 17 settembre 2007 il giudice di merito, qualificato il mezzo azionato come opposizione agli atti esecutivi nella parte in cui era volto a far valere il difetto e/o l’irregolarità della procura alle liti, l’ha dichiarato inammissibile, in quanto proposto oltre il termine di cinque giorni dalla scoperta del vizio. Ha poi rilevato, in ordine alla mancata notifica del titolo esecutivo, che l’eccezione, in tesi rilevabile d’ufficio, era tuttavia infondata, posto che il creditore ipotecario può tout court sottoporre ad esecuzione immobili del debitore diversi da quelli sui quali è iscritta ipoteca.

Ha poi respinto le altre eccezioni, ritenute oggetto di opposizione all’esecuzione, rilevando: 1) quanto a quella volta a far valere l’inesistenza del credito di Italfondiario s.p.a., per avere l’esecutante già percepito in altra procedura esecutiva le somme dovute, l’infondatezza della contestazione, non avendo l’opponente provato l’integrale pagamento della somma dovuta; essendo, in ogni caso, pienamente legittimo il cumulo di più procedure esecutive ed essendo la questione proponibile in sede di distribuzione.

Il decidente ha infine dichiarato inammissibile l’opposizione, relativamente alla posizione di Banche Popolari Unite, già Banca Popolare di Bergamo, per non essere state formulate conclusioni nei confronti dell’opposta, neanche nelle note ex art. 183 cod. proc. civ., mentre, con riguardo al Monte dei Paschi di Siena, ha ritenuto le proposte contestazioni attinenti, ancora una volta, a profili da far valere in sede di distribuzione.

Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte G. A., formulando tre motivi e notificando l’atto all’Istituto Italiano di Credito Fondiario, a Banche Popolari Riunite s.c.a.r.l., a Banca Popolare di Bergamo s.p.a., a Monte dei Paschi di Siena.

Solo Italfondiario s.p.a. ha resistito con controricorso, mentre nessuna attività difensiva hanno svolto gli altri intimati.

Motivi della decisione

1 Con il primo motivo l’impugnante denuncia violazione degli artt. 83, 141, 479, 617 cod. proc. civ. e D.Lgs. n. 395 del 1993, art. 41.

Le critiche ripropongono, da un lato, l’eccezione di nullità della procedura per mancata notifica del titolo esecutivo, mentre, dall’altro, sono volte a contestare, come frutto di un errore in cui sarebbe incorso il giudice di merito, la ritenuta inammissibilità del ricorso per tardività. L’impugnante svolge poi articolate deduzioni in ordine alla nullità della procura rilasciata da Italfondiario sia nell’atto di precetto che in quello di pignoramento.

2.1 Le censure sono, per certi aspetti inammissibili, per altri infondate.

Anche ad ammettere che la mancata notifica del titolo esecutivo costituisca situazione invalidante suscettibile di rilievo officioso, l’omissione andava in ogni caso o denunciata dalla parte, con il mezzo di cui all’art. 617 cod. proc. civ., o sollevata d’ufficio dal giudice dell’esecuzione (non certo da quello dell’opposizione), nei limiti imposti dalla strutturazione del processo esecutivo come successione di subprocedimenti, e cioè come serie – ognuna tendenzialmente autonoma – di atti ordinati a distinti provvedimenti successivi (confr. Cass. civ. 20 aprile 2012, n. 6264; Cass. sez. un. 20 aprile 2012, n. 6264).

Invece il ricorrente si limita, in maniera assolutamente apodittica, a sostenere che la sua opposizione era tempestiva. A ciò aggiungasi che la censura, avendo ad oggetto un errore di percezione, e non di valutazione, è volta in sostanza a far valere un errore revocatorio, configurabile, ex art. 395 cod. proc. civ., n. 4, non solo laddove il vizio incida sull’apprezzamento dei fatti, ma anche laddove riguardi gli atti processuali oggetto della cognizione del giudice (confr.

Cass. civ. 2 febbraio 2012, n. 1535; Cass. civ. 25 luglio 2011, n. 16184).

2.2 Quanto poi alle deduzioni in ordine alla nullità della procura sia del precetto che del pignoramento, in disparte il rilievo che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, qualora la firma del conferente la procura alle liti, apposta in calce o a margine dell’atto con cui sta in giudizio una persona giuridica, sia leggibile, spetta alla controparte contestare, con valide e specifiche ragioni e prove, che la firma sia quella del soggetto cui compete la rappresentanza processuale (confr. Cass. civ. 11 febbraio 2009, n. 3362), i rilievi critici sono, in ogni caso, irrimediabilmente carenti sotto il profilo dell’autosufficienza.

Non è superfluo in proposito ricordare che le sezioni unite di questa Corte, pur avendo chiarito che l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, "gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda" è soddisfatto, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, mediante la produzione dello stesso, e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione, presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 cod. proc. civ., comma 3, hanno tuttavia precisato che resta ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 cod. proc. civ., n. 6, del contenuto degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonchè dei dati necessari al loro reperimento (confr. Cass. civ. 3 novembre 2011, n. 22726).

Ora, nella fattispecie, per come innanzi evidenziato, siffatto contenuto espositivo del ricorso è del tutto omesso.

3 Con il secondo mezzo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 100, 498 e 525 cod. proc. civ.. Le censure si appuntano contro la ritenuta infondatezza della eccezione di inesistenza del credito, per non avere l’opponente dimostrato di averlo integralmente soddisfatto.

Rileva l’esponente che, avendo Italfondiario limitato le sue richieste nella presente procedura alla rata 1 gennaio 1996 inclusa, era stato evidenziato in sede di opposizione che, quanto ricavato nella procedura n. 75923 del 1993 era già satisfattivo del credito azionato, di talchè, confrontando gli importi precettati con quelli incassati, emergeva che questi ultimi erano nettamente superiori ai primi.

Con riferimento alla posizione di Monte dei Paschi di Siena, evidenzia poi come, in sede di opposizione, fosse stato dedotto che l’intervenuta aveva percepito somme superiori a quelle indicate nell’atto di intervento, conseguentemente chiedendo la restituzione di quanto versato in eccedenza, di talchè erroneo e inappagante era l’assunto il giudice di merito secondo cui le relative questioni andavano fatte valere in sede di distribuzione.

4 Il motivo è inammissibile.

Valga al riguardo considerare che, in ragione della data della sentenza impugnata (successiva al 2 marzo 2006 e antecedente al 4 luglio 2009) , e in base al comb. disp. del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 27, comma 2 e L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, il ricorso deve ritenersi soggetto, quanto alla sua formulazione, alla disciplina di cui all’art. 360 cod. proc. civ., e segg., nel testo risultante dal menzionato D.Lgs. n. 40 del 2006. In base a tali norme, e segnatamente, in base all’art. 366 bis cod. proc. civ., nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5, l’illustrazione della censura va completata con la chiara indicazione del fatto controverso in relazione: al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione. (Cass., sez. un., 12 maggio 2008, n. 11652).

La giurisprudenza di questa Corte ha peraltro chiarito che la funzione propria del quesito di diritto, da formularsi a pena di inammissibilità del motivo proposto, è di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (confr. Cass. civ. 25 marzo 2009, n. 7197). Di qui l’enucleazione, come fondamentale criterio di scrutinio della corretta formulazione del quesito stesso, della sua conferenza, rispetto alla fattispecie dedotta in giudizio, nonchè della sua rilevanza, ai fini della decisione del ricorso (confr. Cass. civ. 4 gennaio 2011).

5 Nella fattispecie il quesito articolato a sostegno degli evocati errores in iudicando – sostanziandosi nella seguente asserzione: il titolo esecutivo, e quindi il credito, devono sussistere fino alla definizione della procedura esecutiva, nè investe la ratio decidendi della sentenza impugnata, nè ne propone una alternativa e di segno opposto (confr. Cass. civ. 19 febbraio 2009, n. 4044), posto che ignora del tutto lo snodo essenziale dell’iter argomentativo del decidente, il quale ha ripetutamente insistito sulla proponibilità delle sollevate questioni in sede di distribuzione.

6 Con il terzo motivo l’impugnante torna a denunciare violazione degli artt. 100, 498 e 525 cod. proc. civ.. Contesta anzitutto l’assunto secondo cui Banche Popolari Riunite costituirebbe nuovo soggetto giuridico incorporante BPB -Banca Popolare Bergamo. Aggiunge che l’intervento di Banche Popolari Riunite andava dichiarato inammissibile, non avendo l’intervenuta chiarito quale interesse avesse nel presente giudizio. Sostiene poi che, contrariamente a quanto affermato nella impugnata sentenza, l’opponente aveva concluso nei confronti della Banca Popolare di Bergamo chiedendo la riduzione del credito, mentre nelle memorie ex art. 183 cod. proc. civ., aveva evidenziato l’inutilità della decisione per intervenuta sospensione del titolo in base al quale l’Istituto era intervenuto in sede di inibitoria da parte della Corte d’appello. In tale contesto, secondo l’esponente, la declaratoria di inammissibilità e improcedibilità della proposta opposizione nei confronti di BPB, sull’erroneo presupposto della insussistenza di conclusioni, si presterebbe ad essere apprezzata sul piano della ingiusta condanna dell’opponente al pagamento delle spese processuali.

7 Anche tale motivo deve ritenersi inammissibile per assoluta inidoneità del quesito formulato a chiusura dell’esposizione delle censure.

E invero esso, sostanziandosi nell’affermazione secondo cui la condanna alle spese di lite è legata al principio della soccombenza (art. 92 cod. proc. civ.), nel caso di opposizione alla procedura esecutiva l’intervenuta sospensione dell’esecutorietà del titolo di un creditore intervenuto integra un giusto motivo di compensazione delle spese, così come la mancanza di conclusioni (per carenza di interesse), nei confronti di alcuni dei creditori partecipanti alla procedura esecutiva, non ha alcuna attinenza con le argomentate ragioni della decisione ed è incongruo ed eccentrico rispetto alle stesse argomentazioni svolte nel mezzo.

A ciò aggiungasi che le critiche sono gravemente carenti sotto il profilo dell’autosufficienza, nella parte in cui introducono questioni, come l’avvenuta sospensione del titolo in base al quale l’Istituto era intervenuto, in alcun modo trattate nella sentenza impugnata e quindi nuove.

In definitiva il ricorso deve essere integralmente rigettato.

L’impugnante rifonderà alla controparte le spese nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 5.200,00 (di cui Euro 5.000,00 per onorar), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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