Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 15-11-2011) 12-12-2011, n. 45940 Detenzione abusiva e omessa denuncia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. B.G., per il tramite dei suoi difensori, impugna per cassazione l’ordinanza deliberata l’11 marzo 2011 dal Tribunale di Reggio Calabria, costituito ex art. 309 cod. proc. pen., che ha confermato quella emessa dal Gip del tribunale di Locri il 22 febbraio 2011, nella parte in cui aveva disposto nei confronti del predetto indagato la misura coercitiva degli arresti domiciliari in relazione alle imputazioni provvisorie di detenzione illegale di munizioni ed armi anche con matricola abrasa e per ciò clandestine e di ricettazione.

2. Nel ricorso, mentre non si contesta specificamente il fatto storico posto a base del presente procedimento, e cioè il ritrovamento – nel corso di una perquisizione disposta dal Commissariato di Pubblica Sicurezza di Condofuri nell’abitazione del B. sita in (OMISSIS), nella quale la moglie dell’indagato deteneva delle armi regolarmente denunciate – anche:

(a) di due presse e attrezzi vari impiegati per caricare proiettili, due "confezioni in plastica" contenenti polvere da sparo per un peso di circa kg. 1,5, materiale rinvenuto in un appartamento non abitato del secondo piano dell’edificio;

(b) di due kit per la pulizia rispettivamente di fucili e pistole, di due caricatori, di cartucce varie, di una "canna per fucile sovrapposto", il tutto collocato all’interno di una baracca adibita a deposito di attrezzi ed officina per la manutenzione di ciclomotori, il cui ingresso era chiuso con un lucchetto le cui chiavi erano nella disponibilità dell’indagato, che aveva assistito alla perquisizione unitamente al figlio F., trovandosi l’altro figlio L., studente universitario, a (OMISSIS), in visita a dei parenti ivi residenti;

(c) di quattro pistole semiautomatiche con matricola abrasa, corredate dei rispettivi caricatori, alcuni dei quali corredati di cartacee; un silenziatore; una cartuccera; e numerose cartucce (171), risposte all’interno di due contenitori artigianali, realizzati con tubi in plastica arancioni, comunemente utilizzati per la canalizzazione delle acque reflue, collocati all’interno di un canile, posto a pochi metri di distanza (una decina) dall’abitazione, con annessa legnaia adibita a ricovero di attrezzi ed a deposito del mangime dei cani (un rotweller e due pit Bull) di proprietà della famiglia ed al cui accudimento provvedevano, a turno, sia l’indagato, sia i figli;

si deduce, invero, la illegittimità dell’ordinanza dei giudici del riesame per violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla ritenuta sussistenza di gravità indiziaria relativamente ad un effettivo concorso dell’indagato nella detenzione illegale e ricettazione delle medesime, condotte da attribuirsi invece, in via esclusiva, al figlio dell’indagato, L., il quale, pur non risiedendo stabilmente con i genitori da anni, aveva del resto confessato la propria esclusiva responsabilità in merito ai fatti contestati.

Ed invero, doverosamente precisato che i giudici del riesame, valorizzando il dato fattuale della piena disponibilità da parte del B. del locali dove le armi e gli altri oggetti sono stati rinvenuti, hanno ritenuto altamente probabile la responsabilità dell’indagato in ordine alla contestata detenzione, ritenendo tale dato indicativo, non solo di una "disponibilità comune" ma anche di una volontà dell’indagato di possedere armi ed attrezzi in concorso con il figlio P. e, quanto meno, di consentire allo stesso la custodia in quei luoghi, agevolando così sia materialmente che moralmente (per il rafforzamento del proposito criminoso) la condotta del predetto, ritenendo, in particolare, non credibile che l’indagato non fosse a conoscenza della presenza delle armi e munizioni e dell’ulteriore materiale sequestrato in un luogo da lui frequentato quotidianamente, da parte del ricorrente si denuncia l’insufficienza ed illogicità di tale apparato motivazionale, evidenziando, anche attraverso numerosi riferimenti giurisprudenziali, che per la sussistenza di una ipotesi punibile di co-detenzione non è sufficiente la mera conoscenza della presenza delle armi, idonea a configurare una mera ipotesi di connivenza, occorrendo, invece, anche la dimostrazione di una effettiva volontà dell’agente di fornire un contributo, di ordine materiale o anche solo psicologico, alla persona che materialmente deteneva le armi – nel caso in esame, il figlio P. – che si dilettava a ricaricare illegalmente cartucce;

contributo di fatto insussistente ed illegittimamente desunto dal ritrovamento delle armi, abilmente occultate in luoghi che in realtà non si appartenevano all’indagato e che lo stesso frequentava solo saltuariamente.

Motivi della decisione

1. L’impugnazione proposta nell’interesse di B.G. è basata su motivi infondati e va quindi rigettata.

2.1 L’iter argomentativo dell’ordinanza impugnata appare infatti esente da vizi, quanto alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato relativamente ai delitti a lui contastati, fondandosi esso su di una compiuta e logica analisi critica degli elementi indiziari e sulla loro coordinazione in un organico quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, in quanto conducenti, con un elevato grado di probabilità, rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità dell’indagato in ordine agli specifici fatti delittuosi a lui contestato, dovendo qui evidenziarsi, in particolare, con riferimento alla dedotta non riconducibilità all’imputato dei luoghi in cui le armi furono rinvenute ed al loro occultamento con modalità tali da impedirne la rilevazione, per un verso, che nel provvedimento impugnato si segnala che fu proprio l’indagato, in sede di perquisizione, ad affermare che l’appartamento sito al secondo piano era nella sua piena disponibilità e destinato alla custodia delle munizioni legalmente detenute dalla moglie; di utilizzare la baracca adiacente alla casa per riporvi attrezzi di lavoro relativi alla propria omonima ditta e di possederne le chiavi;

dall’altro, che parte delle munizioni e dei caricatori, secondo quanto precisato nel verbale di perquisizione, si trovavano in palese evidenza, nel senso che "bastava rimuovere il mangime per cani per notare il predetto materiale" così come anche i tubi contenenti le armi, le munizioni ed il silenziatore, erano in palese evidenza all’interno della legnaia.

2.2 Infondate risultano, infine, anche le deduzioni difensive dirette a escludere la responsabilità dell’indagato a titolo di concorso nella detenzione delle armi, da riferirsi esclusivamente alla condotta del figlio, come dallo stesso riconosciuto. Se è pur vero infatti che ai fini della configurabiiità di penale responsabilità, a titolo di concorso, in ordine al reato di detenzione illegale di un’arma, è necessaria la coscienza e la volontà di contribuire con il proprio operato alla perpetrazione dell’illecito, occorre tuttavia considerare che i giudici del riesame, oltre a svolgere considerazioni critiche sulla effettiva attendibilità della confessione di B.P. a ragione del dato fattuale che costui, studente universitario, ormai da tempo non viveva più con i genitori per ragioni di studio, hanno altresì rimarcato anche l’ulteriore dato che il materiale sequestrato era nella piena disponibilità dell’indagato, con ciò implicitamente uniformandosi, pur senza enunciarlo espressamente: a) risalente mi condivisibile insegnamento di questa Corte, secondo cui ai fini della configurabilità del concorso in detenzione o porto illegale di armi, è necessario che ciascuno dei compartecipi abbia la disponibilità materiale dell’arma, trovi, cioè in una situazione di fatto tale per cui possa, comunque, in qualsiasi momento, disporne (in tal senso Sez. 1, Sentenza n. 4494 del 29/09/1987, dep. 12/04/1988, Rv. 178089, imp. Cappuccio).

3. L’ordinanza, logicamente motivata, resiste quindi, nel suo complesso, a tutte le censure sviluppate in ricorso, che va quindi rigettato, con tutte le conseguenze di legge.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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