T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 11-01-2012, n. 27 Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Greve in Chianti e Seator s.r.l., quale impresa attuatrice, con convenzione del 16.2.2007 hanno disciplinato la realizzazione in via della Fratellanza di opere di edilizia residenziale, costituite da 25 alloggi (di cui 17 in proprietà di Seator e 8 in proprietà del Comune) e relative urbanizzazioni.

L’art. 6 della convenzione prevede, come termine ultimo per il collaudo definitivo, il giorno 30.4.2009.

E’ seguito il rilascio del permesso di costruire n. 16 del 21.3.2007.

La società Seator ha comunicato l’inizio dei lavori in data 16.5.2007.

Il Comune ha approvato la variante in corso d’opera con il permesso n. 57/2007.

Nel settembre/ottobre 2007 il Comune ha frazionato il titolo edilizio in tre permessi (il n. 58 per le opere di urbanizzazione, il n. 59 per la realizzazione degli alloggi del Comune e il n. 60 per la costruzione dei 17 alloggi del soggetto attuatore).

Sono seguite le varianti in corso d’opera relative agli otto alloggi di proprietà comunale e, poi, le varianti riguardanti i diciassette alloggi del soggetto attuatore.

La società Tognozzi, risultante dalla trasformazione della società Seator, con lettera del 9.7.2007 ha comunicato la sospensione dei lavori a causa dell’impossibilità di reperire una discarica all’interno del territorio comunale; la ricorrente, con lettera in pari data, ha fatto presente la necessità di realizzare una cabina Enel non prevista nel progetto; nel settembre 2007 Publiacqua ha chiesto la realizzazione di un nuovo tronco fognario; nel novembre 2007 il Comune ha preso atto dei costi imprevisti per la realizzazione della cabina; Publiacqua ha presentato il progetto esecutivo dell’allacciamento alla rete pubblica dell’acquedotto dopo il 5 marzo 2009; su richiesta del Comune, la ricorrente ha presentato il progetto in variante degli alloggi comunali (ottenendo il permesso n. 42, con sospensione dei lavori dalla data della richiesta sino al rilascio del medesimo); nel gennaio 2009 il Comune ha chiesto di sostituire le caldaie murali, con conseguente modifica delle opere realizzate e interventi sulle opere esterne; in data 28.4.2009 la ricorrente ha presentato domanda di proroga dei termini di ultimazione dei lavori in ragione delle avverse condizioni atmosferiche nonché in ragione della ritardata consegna del progetto esecutivo da parte di Publiacqua.

Il Comune, con Provv. del 28 dicembre 2009, ha intimato alla deducente la consegna degli alloggi ed il pagamento delle penalità dovute in relazione alla ritardata ultimazione delle opere (che sarebbe dovuta avvenire entro il 30.4.2009).

L’interessata ha replicato precisando che il ritardo non le era imputabile.

Il Comune, con ordinanza n. 91 del 3.5.2010, ha irrogato la sanzione di Euro 63.000 (di cui Euro 21.000 per i primi 6 mesi di ritardo ed Euro 42.000 per i mesi dal novembre 2009 all’aprile 2010).

Avverso tale determinazione la ricorrente è insorta deducendo:

1) violazione dell’art. 1382 c.c.; eccesso di potere per difetto dei presupposti;

2) violazione dell’art. 1382 c.c. e dell’art. 5 della convenzione del 16.2.2007; eccesso di potere per difetto dei presupposti;

3) violazione della convenzione.

Si è costituito in giudizio il Comune di Greve in Chianti.

All’udienza del 24 novembre 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

Con la prima censura la ricorrente deduce che il ritardo nell’esecuzione dei lavori è dipeso da circostanze a lei non imputabili, costituite dall’assenza di discarica pubblica autorizzata nel territorio comunale, dalla necessità di realizzare una cabina Enel, un nuovo tratto fognario e una nuova tubazione dell’acquedotto, dal tempo occorso al Comune per sciogliere la riserva in merito alla richiesta di Publiacqua di estendere la rete dell’acquedotto, dal ritardo di quest’ultima nella presentazione del progetto esecutivo dell’allacciamento alla rete pubblica, dalla necessità di approntare modifiche agli alloggi di proprietà comunale, dalla necessità di sospendere i lavori per oltre tre mesi in attesa del permesso in variante, dal tempo occorso agli Enti erogatori dei servizi per allacciare gli alloggi alle utenze, nonché dalle avverse condizioni atmosferiche; l’istante aggiunge che la penale è stata pattuita in relazione alla costruzione degli alloggi, e non anche alle opere di urbanizzazione.

Il motivo è infondato.

L’art. 14 della convenzione stipulata dalle parti prevede il pagamento di una penale pari allo 0,50% del corrispettivo della concessione per ogni mese per i primi sei mesi di ritardo, e dell’1% per mese nel periodo successivo, salvo che il ritardo dipenda da cause di forza maggiore. Ciò in relazione all’art. 12 della convenzione stessa, secondo cui "i lavori comunque non dovranno prolungarsi oltre la data del 30 aprile 2009".

Orbene, il soggetto attuatore è tenuto ad un’obbligazione di risultato, e non di mezzi, ovvero è tenuto al conseguimento del risultato cui la convenzione è preordinata; pertanto il Comune, per ottenere la penale pattuita, può limitarsi ad allegare l’esistenza del ritardo nella consegna dell’opera finita, mentre sarà il debitore a dover dimostrare che l’inadempienza cui accede la clausola penale è stata determinata da sopravvenuta impossibilità della prestazione dipendente da causa a lui non imputabile (Cass., I, 3.3.2006, n. 4724). Il soggetto attuatore deve quindi comprovare non solo l’esistenza di un evento eccezionale e imprevedibile (come ad esempio le avverse condizioni atmosferiche) ma anche il nesso causale tra lo stesso e la non tempestiva consegna al Comune dell’opera finita.

Così, ad esempio, le avverse condizioni atmosferiche potrebbero incidere su alcuni lavori esterni, ma non anche su lavori interni ai realizzandi edifici, con la conseguenza che l’impresa dovrà specificare e documentare su quale avanzamento dei lavori l’evento eccezionale abbia inciso: non basta cioè addurre l’esistenza di circostanze sopravvenute imprevedibili suscettibili di rallentare l’attuazione del progetto, ma occorre dare contezza della loro rilevanza, in concreto, ai fini della giustificazione del ritardo.

Ciò in special modo allorquando, come nel caso di specie, essendo ampie e molteplici le opere da realizzare, il sopravvenire di una circostanza impeditiva di alcuni lavori non appare tale da precludere l’avanzamento di altri.

In particolare, la dedotta assenza di una discarica pubblica autorizzata dal Comune, cui conferire i materiali di scavo, era facilmente accertabile già prima della firma della convenzione; non si tratta infatti di evento sopravvenuto di cui l’interessata non ha potuto tenere conto quando si è impegnata ad osservare la scadenza del 30 aprile 2009.

Quanto alla non prevista necessità di realizzare una cabina Enel e di potenziare la rete di distribuzione dell’acqua, rileva la missiva datata 9.7.2007, con la quale la ricorrente ne dà notizia al Comune senza nulla specificare in ordine al ritardo derivante da tale inconveniente (documento n. 11 depositato in giudizio dalla ricorrente); nemmeno dalla documentazione prodotta o dalle argomentazioni dedotte risulta come, in concreto, l’imprevista necessità abbia avuto ripercussioni sull’avanzamento dei lavori, giacchè non tutte le opere sono rese ineseguibili dall’imprevisto in questione. Peraltro nell’appalto pubblico, come in quello privato, rientra tra gli obblighi di diligenza dell’appaltatore esercitare il controllo sulla validità tecnica e la completezza del progetto approvato dal committente, in quanto il risultato promesso, che contraddistingue l’obbligazione dell’impresa, dipende dalla corretta progettazione, oltre che dall’esecuzione dell’opera (Tribunale Napoli, VI, 21.4.2009; Tribunale Piacenza, 23.2.2010, n. 108).

Il ritardo con cui Publiacqua ha predisposto il progetto esecutivo riferito alla realizzazione di un tratto di acquedotto non può incidere sull’andamento dei lavori di costruzione degli alloggi (i quali sono stati eseguiti nelle more della presentazione del progetto stesso), ma semmai sulla possibilità di consegnare gli stessi muniti dell’allaccio ai servizi di rete, indispensabile ai fini dell’abitabilità (si vedano i documenti n. 11 e 14 depositati in giudizio dalla deducente).

In ogni caso, da verbale di ispezione della Procura della Repubblica del 22.6.2010 (documento n. 24 depositato in giudizio), risulta che dopo oltre un anno dalla scadenza del 30.4.2009 le pavimentazioni interne degli appartamenti erano realizzate solo in parte, mancavano le pavimentazioni esterne delle resedi, mentre, quanto alle opere di urbanizzazione, mancavano i corpi illuminanti, il tappeto di usura dei marciapiedi, tre pozzetti e una caditoia, mentre il muro di contenimento lato Carabinieri non era ancora ultimato.

Pertanto almeno una parte delle opere mancanti non risulta certamente condizionata dagli eventi sopravvenuti denunciati dalla ricorrente.

Le stesse considerazioni sopra esposte valgono per le evidenziate avversità atmosferiche e per il permesso in variante del 28.5.2008 relativo agli otto alloggi di proprietà comunale, facente seguito alla nota della società istante del 16.1.2008 (documenti n. 8 e 15 depositati in giudizio).

Quanto alla parte della censura con la quale la ricorrente deduce che la penale non può riguardare le opere di urbanizzazione, valgono le seguenti considerazioni.

L’art. 14 della convenzione non fa specifico ed esclusivo riferimento alla costruzione degli alloggi, ma, in senso più ampio, prevede la penale per "il ritardo nell’ultimazione dei lavori", lavori che includono le opere di urbanizzazione ai sensi dell’art. 9 della convenzione stessa. Inoltre il citato art. 14, nella prima frase, sanziona espressamente l’inosservanza dei termini della convenzione, i quali comprendono anche la scadenza prestabilita per l’ultimazione delle urbanizzazioni, coincidente con il termine finale stabilito per la costruzione degli alloggi (art. 9, primo comma, ultimo periodo, della convenzione).

Con il secondo motivo l’esponente deduce che la quantificazione della penale è erronea (in quanto l’art. 5 della convenzione stabilisce che il valore dell’area da cedere alla società attuatrice è pari al 27,16% del valore dell’intero complesso edilizio, valutabile in Euro 1.750.000) e comunque eccessiva, e chiede pertanto che questo TAR la riduca, ai sensi dell’art. 1384 c.c., sulla base di valutazione equitativa.

Il rilievo non può essere accolto.

La penale, ai sensi dell’art. 14 della convenzione, deve essere calcolata applicando una percentuale al corrispettivo della concessione, mentre la relazione tecnica allegata alla convenzione medesima indica il valore dell’area da cedere nella misura di Euro 1.050.000 ed il costo di costruzione, a carico dell’impresa attuatrice, dell’edificio di proprietà comunale nella misura di Euro 700.000.

La somma di tali importi (pari ad Euro 1.750.000), secondo la replica del Comune contenuta nella memoria difensiva depositata in giudizio il 24.10.2011, rappresenta il 27,16% del valore complessivo dell’intero complesso edilizio, con la conseguenza che sbaglierebbe la ricorrente nell’applicare tale percentuale al totale di Euro 1.750.000.

In effetti il Collegio rileva che, stando alla citata relazione tecnica, la superficie considerata ai fini della valutazione dell’area da cedere all’impresa e del costo di costruzione dell’edificio ivi ricadente è pari al 27,15% della superficie totale edificabile, cosicchè il citato importo di Euro 1.750.000 rappresenta quel valore percentuale in Euro, e non la base di calcolo su cui calcolare la percentuale stessa. La non chiara formulazione dell’art. 5 della convenzione, quindi, è nel senso di indicare in Euro 1.750.000 il risultato dell’applicazione della percentuale del 27,16% al valore complessivo dell’intero complesso edilizio.

La possibile interpretazione alternativa a tale lettura è data dal rinvenire il corrispettivo, costituente la base di calcolo delle penali, nel valore dell’area da cedere all’impresa, pari ad Euro 1.050.000.

Pertanto, la scelta del Comune di considerare come corrispettivo della convenzione la somma di Euro 700.000 (corrispondente al costo di costruzione dell’edificio di proprietà comunale) appare la più favorevole possibile per la ricorrente.

Con la terza doglianza la ricorrente afferma che il Comune avrebbe dovuto concederle di scomputare dagli oneri di urbanizzazione i costi sostenuti per realizzare opere di urbanizzazione non previste in convenzione (nuova cabina Enel, variazione di cavidotti e potenziamento della linea di Publiacqua).

L’assunto non è condivisibile.

La possibilità di scomputo è ammessa dall’ordinamento in via eccezionale, nei soli limiti consentiti dalla controparte pubblica, non esistendo un diritto allo scomputo per opere di urbanizzazione direttamente realizzate dal titolare del permesso di costruire (TAR Toscana, III, 14/9/2004, n.3782).

Invero l’assenso allo scomputo costituisce oggetto di valutazione discrezionale dell’amministrazione, e, corrispondentemente, la pretesa del privato è condizionata dalla preventiva approvazione del progetto delle opere a scomputo (Cons. Stato, IV, 28.7.2005, n. 4015; TAR Campania, Napoli, VIII, 7.7.2010, n. 16606).

Nel caso di specie la convenzione consente di detrarre il costo delle opere di urbanizzazione solo sulla base di preventiva approvazione del progetto e dei prezzi da parte del Comune, il quale non ha preventivamente assentito l’esecuzione a scomputo di interventi originariamente non previsti, talchè la realizzazione della cabina Enel, la variazione di cavidotti e la sostituzione della tubazione dell’acquedotto non possono costituire valido motivo per ridurre l’importo degli oneri di urbanizzazione dovuti.

Il riconoscimento di una parte dei costi sostenuti dalla ricorrente è quindi precluso dall’art. 16, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001.

In conclusione, il ricorso va respinto in tutte le domande proposte.

Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono determinate in Euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, da porre a carico della ricorrente.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge in tutte le domande proposte.

Condanna la ricorrente a corrispondere al Comune di Greve in Chianti la somma di Euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, a titolo di spese di giudizio comprendenti gli onorari difensivi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente

Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore

Silvio Lomazzi, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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