T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 11-01-2012, n. 24

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In data 11.2.1998 la signora Signori T., dante causa dei ricorrenti, ed i signori L.S. e C.M., sottoscrivevano atto di assenso con il quale riconoscevano il reciproco diritto di sopraelevare sulla linea di confine dei rispettivi fabbricati.

Il Comune di Gavorrano, in data 27.6.2005, ha rilasciato ai ricorrenti il permesso di costruire n. 4250 per lavori di ristrutturazione consistenti nella demolizione e ricostruzione con caratteristiche diverse da quelle originarie; il progetto prevede infatti non più uno ma tre piani fuori terra, con edificazione di una parte in aderenza al fabbricato dei controinteressati.

Il Comune, accortosi che due piccole porzioni del realizzando manufatto fuoriuscivano dalla sagoma dell’edificio di proprietà dei controinteressati e ritenuto che l’atto di assenso non consentisse sopraelevazioni non allineate alla sagoma dell’altrui proprietà, ha ingiunto, con ordinanza n. B/95 dell’8.11.2005 notificata lo stesso giorno, la sospensione immediata dei lavori di cui al predetto titolo edilizio.

Avverso tale atto i ricorrenti sono insorti deducendo:

1) eccesso di potere per mancanza dei presupposti di fatto e di diritto;

2) eccesso di potere per carente istruttoria ed assenza di motivazione; violazione del giusto procedimento;

3) violazione ed errata applicazione dell’art. 61 del regolamento edilizio;

4) violazione ed errata applicazione degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. n. 241 del 1990;

5) violazione, errata e mancata applicazione della L.R. n. 1 del 2005 e del D.Lgs. n. 378 del 2001.

Nelle more del giudizio, con Provv. del 31 gennaio 2011, il Comune ha revocato la predetta ordinanza e ingiunto di "non eseguire i lavori relativi alla realizzazione delle due porzioni di fabbricato…che fuoriescono dalla sagoma dell’attuale edificio di proprietà dei signori C.-L. e che si trovano ad una distanza inferiore ai 5 metri dal confine di proprietà prescritti, prima di avere prodotto all’amministrazione comunale di Gavorrano l’atto di assenso del confinante".

La sopraggiunta determinazione è stata impugnata con motivi aggiunti depositati in giudizio il 9.3.2006, incentrati sulle seguenti censure:

1) eccesso di potere per mancanza dei presupposti di fatto e di diritto;

2) eccesso di potere per manifesta illogicità;

3) eccesso di potere per carente istruttoria e motivazione; perplessità; illogicità e contraddittorietà della motivazione; violazione del giusto procedimento;

4) violazione ed errata applicazione dell’art. 61 del regolamento edilizio;

5) violazione ed errata applicazione degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. n. 241 del 1990;

6) violazione, errata e mancata applicazione della L.R. n. 1 del 2005 e del D.Lgs. n. 378 del 2001;

7) eccesso di potere per emissione di provvedimento abnorme, non previsto dall’ordinamento.

Con ordinanza n. 530 del 22.6.2006 è stata respinta l’istanza cautelare.

Nelle more del giudizio i ricorrenti hanno citato innanzi al Tribunale di Grosseto i signori L. e C., onde sentir dichiarare il diritto a sopraelevare l’immobile come da progetto approvato dal Comune (e dunque anche fuori sagoma rispetto all’edificio di quest’ultimi).

Il Tribunale di Grosseto, con sentenza n. 561 del 2010, ha accolto la domanda ed accertato che con l’atto di assenso sottoscritto in data 11.2.1998 è stata autorizzata qualunque sopraelevazione, con il solo vincolo del rispetto dell’altezza massima ammessa dal regolamento edilizio.

E’ seguita la determinazione datata 31.1.2011, con la quale l’Ente, preso atto della decisione del Tribunale, ha stabilito che i lavori di cui al permesso di costruire n. 4250 del 27.6.2005 potevano essere ripresi.

Tale provvedimento è stato impugnato dai ricorrenti con ulteriore atto di motivi aggiunti, incentrati sulle seguenti doglianze:

violazione dell’art. 97 della Costituzione; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 21 octies e 21 nonies della L. n. 241 del 1990; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 83 L.R. n. 1 del 2005 e dell’art. 11 del L. n. 241 del 1990, eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria e di motivazione, violazione di norme e principi in tema di esercizio del potere di autotutela.

Si è costituito in giudizio il Comune di Gavorrano.

All’udienza del 24 novembre 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

In via preliminare si osserva che il provvedimento impugnato col ricorso introduttivo è stato revocato dal Comune con ordinanza n. B/98 del 19.12.2005: mentre il primo dispone la sospensione di tutti lavori assentiti col permesso di costruire, la seconda limita l’ordine di non esecuzione alle porzioni di fabbricato che fuoriescono dalla sagoma dell’edificio dei controinteressati.

La sopraggiunta determinazione produce una situazione nuova, sostitutiva di quella esistente al momento della proposizione del ricorso, talchè nessuna utilità potrebbe derivare alla parte ricorrente dall’accoglimento dell’impugnativa principale (TAR Lombardia, Brescia, I, 3.3.2011, n. 373), trasferendosi in toto sull’ordinanza sopravvenuta l’interesse a ricorrere.

Quanto ai motivi aggiunti, depositati in giudizio in data 9.3.2006, proposti avverso l’ordinanza del 19.12.2005, valgono le seguenti considerazioni.

Nessun interesse attuale sussiste in capo ai ricorrenti quanto alla domanda di annullamento, giacchè all’impugnata ingiunzione a sospendere i lavori localizzati nella porzione che fuoriesce dalla sagoma dell’edificio confinante è subentrato l’assenso comunale alla prosecuzione dei lavori stessi, oggetto del secondo ricorso per motivi aggiunti. Trattasi di determinazione favorevole ai deducenti, i quali, per effetto del ripensamento dell’Ente, non potrebbero più ricavare alcun vantaggio dall’annullamento richiesto, visto che l’interesse a riprendere i lavori, sotteso alla domanda caducatoria, è stato già soddisfatto con la sopravvenuta determinazione comunale.

Occorre tuttavia esaminare i predetti motivi aggiunti in relazione alla domanda risarcitoria.

Quanto all’illegittimità dell’atto impugnato, la quale costituisce uno degli elementi costitutivi della responsabilità dell’amministrazione, il Collegio ritiene fondata la prima censura aggiunta, con la quale i ricorrenti deducono che la scrittura privata sottoscritta dai controinteressati ammette la sopraelevazione senza condizioni, e quindi anche la sopraelevazione accompagnata dalla fuoriuscita di una porzione immobiliare rispetto alla sagoma del contiguo edificio.

Invero il predetto atto di assenso esprime l’accettazione preventiva delle parti circa l’innalzamento, sulla linea di confine, del rispettivo edificio, in deroga ai limiti di distanza previsti dal regolamento edilizio. Nessuna precisazione è contenuta in relazione all’ammissibilità di un disallineamento rispetto alla sagoma dell’immobile di proprietà dei signori L. e C..

Il riferimento alla possibilità di costruire sulla linea di confine in deroga al relativo limite di distanza imposto dal regolamento edilizio, senza nessun’altra specificazione, nella sua genericità induce a propendere per l’ammissibilità della fuoriuscita dalla sagoma contestata dal Comune.

Appare invece non condivisibile la censura incentrata sull’irritualità dell’impugnata ordinanza, la quale, secondo i deducenti, non troverebbe alcun fondamento normativo e colliderebbe con il principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi.

Ad avviso del Collegio l’ordinanza in questione trova il proprio presupposto normativo nell’art. 21 quater della L. n. 241 del 1990; il quale ammette la sospensione di efficacia dei provvedimenti amministrativi per gravi ragioni e per il tempo strettamente necessario.

Nel caso di specie l’interpretazione data dal Comune della scrittura privata è idonea a configurare presupposto giustificativo della sospensione, la quale inoltre non è stata disposta a tempo indeterminato, ma fino all’acquisizione del consenso integrativo del confinante, cosicchè appare soddisfatta la duplice condizione prevista dal citato art. 21 quater. Il profilo di illegittimità non sta quindi nell’atipicità del contestato provvedimento, ma nella non corretta interpretazione del contenuto dell’atto di assenso all’edificazione sul confine.

L’illegittimità dell’atto amministrativo, tuttavia, è solo uno degli elementi costitutivi dell’illecito individuati nell’art. 2043 c.c.; altro elemento costitutivo è costituito dalla colpa, la quale non è ravvisabile nella sola inosservanza o erronea applicazione di norme giuridiche o negoziali, occorrendo comunque errori interpretativi dell’amministrazione non scusabili, dovendosi fare riferimento, ai fini della valutazione della scusabilità, al giurista di medio livello, sicchè l’erronea interpretazione è incolpevole a fronte di disposizioni di non univoco significato (Cons. Stato, VI, 19.11.2003, n. 7473; TAR Molise, Campobasso, I, 18.7.2007, n. 628).

Orbene, nel caso di specie l’atto di assenso delle parti fa riferimento all’ammessa sopraelevazione sulla linea di confine, ma nulla precisa su come si debba sviluppare in altezza l’edificazione; da un lato l’ampio riferimento al "diritto di sopraelevare…sulla linea di confine" previsto a favore dei signori L. e C. e "lo stesso reciproco diritto" spettante ai ricorrenti depongono a favore della tesi secondo cui è possibile per quest’ultimi costruire sul confine senza che sia necessario l’allineamento alla sagoma dell’edificio dei primi; dall’altro il riferimento, pure contenuto nell’atto di assenso, alla concessione edilizia rilasciata ai signori L. e C. per la sopraelevazione del loro edificio potrebbe indurre a ritenere che la condizione di reciprocità prevista nell’atto medesimo (condizione insita nell’espressione "stesso reciproco diritto") consenta ai ricorrenti di sopraelevare, in deroga alle distanze previste dal regolamento edilizio, entro il limite della nuova altezza e sagoma dell’edificio dei controinteressati.

Sintomatica dell’incerta formulazione della scrittura privata, sulla quale si incentra la controversia in esame, è la discordanza tra la pronuncia cautelare di questo Collegio, che ha ritenuto il ricorso privo del requisito del fumus boni iuris, e la sentenza di accoglimento del Tribunale di Grosseto.

La domanda risarcitoria va pertanto respinta.

Quanto ai secondi motivi aggiunti, il Collegio osserva quanto segue.

L’impugnato Provv. del 31 gennaio 2011, consentendo ai ricorrenti di riprendere i lavori, non ha alcun effetto pregiudizievole, ma comporta il venir meno della lesività della precedente ordinanza, a vantaggio dei ricorrenti. Quest’ultimi, in virtù della sopraggiunta determinazione, sono rimessi nella situazione precedente all’adozione degli atti impugnati col ricorso introduttivo e con i primi motivi aggiunti.

Pertanto, non sussiste in capo ai deducenti alcun interesse a chiedere l’annullamento dell’atto in questione.

Nemmeno può ritenersi sussistente l’interesse a censurare la motivazione del medesimo: il fatto che il Comune non riconosca l’erroneità della propria interpretazione e che, nel consentire la ripresa dei lavori, non annulli la pregressa, contestata ordinanza, è irrilevante, in quanto comunque l’atto del 31.1.2011 soddisfa l’interesse dei ricorrenti a continuare l’attività edilizia.

Invero l’interesse a contestare la motivazione di un atto che è concretamente vantaggioso nei suoi effetti può sussistere soltanto ove essa incida sulle qualità soggettive, sul prestigio o sulla rappresentazione delle capacità del destinatario, il quale in tale ipotesi (estranea al caso di specie) potrebbe addurre a giustificazione dell’impugnativa la lesione dell’interesse morale.

In conclusione, il ricorso introduttivo va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, i primi motivi aggiunti vanno dichiarati improcedibili quanto alla domanda di annullamento e respinti quanto alla domanda di risarcimento dei danni, mentre il secondo atto di motivi aggiunti deve essere dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, nelle domande di annullamento e risarcitoria.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio, compresi gli onorari difensivi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, dispone quanto segue:

-dichiara improcedibile il ricorso introduttivo;

-dichiara i primi motivi aggiunti improcedibili quanto alla domanda di annullamento e li respinge quanto alla domanda risarcitoria;

-dichiara inammissibili i secondi motivi aggiunti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente

Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore

Silvio Lomazzi, Primo Referendario

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