T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 11-01-2012, n. 21

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

La Capitaneria di Porto di Livorno, in data 19.12.2005, ha rilasciato al ricorrente una concessione demaniale marittima avente ad oggetto uno specchio acqueo e pontile galleggiante in Porto Ercole (mq. 3.720), con durata dal 1 gennaio 2003 al 31 dicembre 2006. Con atto n. 19 del 20.12.2007 il Comune di Monte Argentario ha assentito il rinnovo della predetta concessione, per 4 anni decorrenti dal 1 gennaio 2007.

Tale provvedimento è stato impugnato dalla società Marina Management, con ricorso respinto da questo TAR (sentenza n. 397/2009).

Il Consiglio di Stato, con decisione n. 7239 del 30.9.2010, ha accolto l’appello ed ha quindi annullato la concessione n. 19 del 20.12.2007, in quanto rilasciata senza la preventiva comparazione concorrenziale.

In data 3.12.2010 il Comune ha comunicato l’avvio del procedimento per la restituzione del bene ed il ripristino dello stato dei luoghi.

E’ seguita l’ingiunzione alla rimessa in pristino, n. 14 del 28.1.2011.

Avverso tale provvedimento e gli atti connessi il ricorrente è insorto deducendo:

1) violazione dell’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009, della circolare ministeriale n. 6105 del 6.5.2010, dell’art. 16, comma 1, della L.R. n. 77 del 2009; eccesso di potere;

2) violazione dell’art. 1 della L. n. 241 del 1990 e dei principi di correttezza e buona fede; violazione del principio del legittimo affidamento; eccesso di potere;

3) violazione dell’art. 1 della L. n. 241 del 1990; violazione dei principi di correttezza e buona fede, legittimo affidamento; eccesso di potere;

4) violazione dei principi di correttezza e buona fede, legittimo affidamento; eccesso di potere.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Monte Argentario, la Capitaneria di Porto di Livorno ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Con ordinanza n. 322 del 25.3.2011 è stata accolta l’istanza cautelare.

All’udienza del 10 novembre 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

In via preliminare occorre procedere alla trattazione delle questioni in rito.

L’amministrazione ha eccepito l’inammissibilità del gravame, sull’assunto che il medesimo avrebbe dovuto essere presentato nella forma del ricorso per ottemperanza alla sopra citata sentenza n. 7239 del 30.9.2010.

L’obiezione non ha alcun pregio.

In proposito è da osservare che, secondo pacifico indirizzo giurisprudenziale, la legittimità dell’emanazione di un nuovo provvedimento sul medesimo rapporto, oggetto della sentenza passata in giudicato, può essere delibata nell’ambito del giudizio di ottemperanza soltanto se la nuova determinazione risulti palesemente elusiva della regola giuridica dettata con il giudicato, dovendosi altrimenti denunciarne la illegittimità con autonomo ricorso, nelle forme del giudizio ordinario di cognizione (Cons. Stato, sez. V, 16 settembre 2004 n. 6047; idem, 5 febbraio 2007, n. 428; idem, 12 luglio 2004 n. 5059; sez. IV, 15 ottobre 2003 n. 6334).

Nel caso che ci occupa non vi è un rifiuto di ottemperanza ma, al contrario, un provvedimento consequenziale al fatto che la parte ricorrente, per effetto della pronuncia del giudice di appello, è divenuta detentrice senza titolo degli specchi acquei; rileva pertanto un comportamento dell’Amministrazione non meramente elusivo del giudicato, ma, al contrario, teso a considerare le conseguenze dell’annullamento giudiziale sul preesistente rapporto concessorio.

E’ stata ulteriormente eccepita l’inammissibilità per omessa notifica dell’impugnativa alla società Marittima Management, parte nel giudizio culminato nella predetta sentenza di annullamento del titolo concessorio rilasciato alla attuale ricorrente.

Il rilievo non può essere accolto.

Gli atti impugnati, ancorchè conseguenti alla pronuncia del Consiglio di Stato, non fanno riferimento alla posizione differenziata di un determinato controinteressato, ma sono finalizzati ad assicurare la restituzione dell’immobile all’Ente, restituzione funzionale all’indizione di una procedura di selezione pubblica e al conseguente affidamento dell’area al miglior offerente. Non vi è quindi, nella gravata ordinanza, un diretto riferimento alla società Marittima Management, giacchè lo scopo è allontanare la precedente concessionaria in quanto divenuta mera detentrice di fatto, e porre i presupposti per assicurare l’ingresso a favore di soggetto non ancora determinato.

Il Comune ha altresì eccepito la sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere, stante l’aggiudicazione del lotto in questione alla deducente, la quale ha sottoscritto il titolo concessorio nelle more della trattazione del ricorso.

L’eccezione non è condivisibile.

L’integrale accoglimento del ricorso comporterebbe il riconoscimento dei presupposti per ottenere il rinnovo sino al 2015, mentre la sopravvenuta concessione è destinata a durare solo 10 mesi.

Entrando nel merito della trattazione del gravame si osserva quanto appresso.

Con la prima censura la parte ricorrente deduce che il Comune avrebbe dovuto riconoscerle il rinnovo automatico previsto dall’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009 e dall’art. 16, comma 1, della L.R. n. 77 del 2009, e che, nonostante l’annullamento giudiziale della concessione n. 19/2007, il rapporto concessorio si è protratto fino ad oggi.

Il motivo non può essere accolto.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7239 del 30.9.2010, ha annullato la concessione demaniale rilasciata al ricorrente il 20.12.2007, in quanto la stessa non è stata preceduta da una procedura di rinnovo debitamente pubblicizzata.

Tale pronuncia, secondo i principi generali in tema di annullamento, ha determinato la caducazione del titolo con effetto ex tunc, retroagendo sino al rilascio dello stesso. Ne deriva che la posizione della ricorrente è divenuta quella propria dell’occupante abusivo.

In ossequio all’effetto conformativo, il Comune ha scelto di procedere all’assegnazione dell’area sulla base di procedura di selezione pubblica (come risulta dal bando di gara, approvato con deliberazione della giunta comunale del 31.3.2011, costituente il documento n. 7 depositato in giudizio dal Comune), mettendo tutti gli operatori interessati in condizione di parteciparvi. In tal modo l’Ente ha compiutamente valorizzato i principi di trasparenza e non discriminazione considerati dal giudice di appello.

Propedeutica a tale scelta è stata l’adozione dell’impugnata ordinanza, idonea ad assicurare il libero accesso alla zona in questione al soggetto cui sarà intestata la concessione ad esito di nuovo procedimento e, ancor prima, idonea a porre fine alla detenzione senza titolo, rispetto alla quale, per la valenza retroattiva dell’annullamento giudiziale e il conseguente venir meno ab origine del titolo demaniale, trova applicazione l’art. 54 del codice della navigazione.

Orbene, il riferimento all’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009 (così come all’art. 16 della L.R. n. 77 del 2009), il quale prevede in via eccezionale la proroga sino al 31.12.2015 delle concessioni (con finalità turistico-ricreative) in essere alla data della sua entrata in vigore, non ha alcun pregio, in quanto a tale data la ricorrente non poteva ritenersi intestataria della concessione rilasciata nel 2007, stante il suo annullamento giudiziale.

L’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009 prevede la proroga per le sole concessioni in essere alla data della sua entrata in vigore; in senso analogo si pone l’art. 16, comma 1, della L.R. n. 77 del 23 dicembre 2009.

In conclusione, manca un presupposto fondamentale di applicazione della rivendicata proroga automatica.

Né potrebbe soccorrere l’art. 16, comma 2, della L.R. n. 77 del 2009, dichiarato incostituzionale con sentenza n.340 del 26.11.2010.

Inoltre, ad ulteriore dimostrazione dell’infondatezza della censura dedotta, si osserva quanto segue.

A prescindere dall’orientamento secondo cui l’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009 sarebbe incompatibile con i principi comunitari in tema di libera concorrenza (TAR Sardegna, ord, I, 27/10/2010, n, 473), il Collegio ritiene che la proroga prevista da tale norma, riguardando le concessioni a finalità turistico ricreativa, non si attaglia al caso di specie.

Invero, da un lato la suddetta norma prevede la proroga come strumento contingente valevole nelle more della riforma legislativa della disciplina del rilascio delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative, dall’altro secondo il combinato disposto dell’art. 13 della L. n. 172 del 2003 e dell’art. 1 del D.L. n. 400 del 1993, convertito nella L. n. 494 del 1993, le concessioni demaniali marittime a finalità turistico ricreativa hanno ad oggetto la gestione di stabilimenti balneari, gli esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio, il noleggio di imbarcazioni e natanti, la gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive, gli esercizi commerciali e i servizi di conduzione di strutture abitative.

Pertanto risulta che la concessione di cui era intestataria la parte ricorrente, avente ad oggetto uno specchio acqueo ed un pontile galleggiante, non rientra in nessuna delle tipologie ascritte alla categoria delle concessioni a scopo turistico ricreativo, alle quali soltanto si applica la disciplina eccezionale sancita dall’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009, convertito nella L. n. 25 del 2010. Alla luce dell’elenco approvato dal legislatore, non rileva la concreta vocazione turistica della zona o del porto interessato dalla concessione, ma solo la sussistenza di una delle predette tipologie tipizzate a livello legislativo.

Per la stessa ragione non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie nemmeno il rinnovo automatico previsto dall’art. 1, comma 2, del D.L. n. 400 del 1993 (come sostituito dall’art. 10 della L. n. 88 del 2001), riferito in via eccezionale solo alle sopra elencate concessioni a scopo turistico ricreativo (come statuito dalla norma interpretativa di cui al citato art. 13 della L. n. 172 del 2003).

Privo di pregio è il riferimento alla legislazione regionale. Invero, anche l’art. 16 della L.R. n. 77 del 23 dicembre 2009 (nella parte sopravvissuta alla declaratoria di incostituzionalità) ammette la proroga sino al 2015 per le sole concessioni con finalità turistico ricreativa.

Con la seconda doglianza il ricorrente lamenta la mancata valutazione degli interessi in gioco e dell’affidamento ingenerato nel ricorrente dalla pregressa condotta del Comune, il quale adesso ignora gli investimenti effettuati dal Circolo Nautico nell’area in questione e la detenzione dell’area stessa da lungo tempo.

Il rilievo è infondato.

Il presupposto della contestata ordinanza è costituito dal fatto che l’annullamento giudiziale del titolo concessorio rende assimilabile la posizione della ricorrente a quella di un occupante abusivo.

Ciò in quanto il predetto annullamento ha fatto venire meno (con effetto retroattivo) il titolo che legittimava l’interessato ad utilizzare l’area, la quale quindi deve essere restituita all’amministrazione concedente (cioè al Comune di Monte Argentario).

L’ingiunzione di sgombero, quale atto a immediata tutela della proprietà pubblica, ha come unico presupposto, condizionante la sua legittimità, l’accertata abusività dell’occupazione del bene demaniale, senza che rilevi la presentazione di istanze da parte del destinatario dell’ingiunzione o lo stato soggettivo di buona fede del medesimo (Cons. Stato, VI, 16.10.2008, n. 5025; TAR Lazio, Roma, II, 30.8.2010, n. 31953; TAR Toscana, I, 11.7.2000, n. 1622).

Con il terzo motivo la parte deducente lamenta che il Comune ha posto a carico del Circolo Nautico e della Vela le conseguenze derivanti dal proprio illegittimo operato, ha ignorato gli investimenti effettuati e i canoni versati dal concessionario.

Il rilievo non è condivisibile.

Valgono le considerazioni espresse nella trattazione delle precedenti censure.

Con il quarto motivo l’istante evidenzia che il Comune è privo di strumenti urbanistici idonei ad identificare le porzioni da porre in gara, mancando un piano regolatore portuale; aggiunge che è incomprensibile quale sia l’interesse ad ottenere l’immediata restituzione del bene.

Il rilievo è infondato.

La sentenza in questione ha statuito l’illegittimità del rinnovo concessorio per mancata pubblicizzazione della relativa procedura, pubblicizzazione che avrebbe potuto consentire ad eventuali terzi interessati la possibilità di presentare una propria proposta.

Appare in linea con i principi di trasparenza e non discriminazione su cui ha fatto leva il giudicato la scelta di sgomberare gli specchi acquei in questione, liberandoli dalla presenza della ricorrente (divenuta un mero detentore di fatto) onde rendere possibile l’ingresso ad un nuovo concessionario, fermo restando l’obbligo di addivenire alla sua individuazione mediante gara pubblica, aperta anche alla ricorrente, rispettosa di quei principi.

La parte ricorrente, a seguito della caducazione giurisdizionale del titolo concessorio a lei intestato, non ha una posizione differenziata rispetto agli altri possibili aspiranti al medesimo titolo demaniale (Cons. Stato, VI, 2.5.2011, n. 2562): a fronte della sua posizione di detentrice in via di fatto, l’adozione dell’impugnato provvedimento costituisce espressione di potestà amministrativa vincolata.

La validità del gravato provvedimento non può essere inficiata dalla mancanza del piano regolatore portuale, in quanto l’ordine di sgombero è a tutela diretta della proprietà pubblica, ed assume come unico, necessario presupposto la persistenza dell’occupazione abusiva.

In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono determinate in Euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, che la ricorrente dovrà corrispondere al Comune di Monte Argentario. Le spese di giudizio sono invece denegate per l’amministrazione statale, stante il difetto sostanziale di attività defensionale.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna il ricorrente a corrispondere al Comune la somma di Euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, a titolo di spese di giudizio inclusive di onorari difensivi. Spese denegate per l’amministrazione statale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente

Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore

Silvio Lomazzi, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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