T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 11-01-2012, n. 19 Giudicato amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente è titolare dagli anni ’80 di una concessione demaniale marittima relativa ad uno specchio acqueo di mq. 3270, all’interno del porto di Porto Ercole, avente per scopo l’installazione ed il mantenimento di un pontile galleggiante per l’ormeggio. Tale concessione è stata rinnovata con licenza quadriennale n. 25 del 1.12.2004 (avente effetto dal 1.1.2003 al 31.12.2006) e, da ultimo, con licenza n. 17 del 20.12.2007, in scadenza il giorno 31.12.2010.

Quest’ultima è stata impugnata con ricorso n. 363 del 2008, respinto da questo TAR con sentenza n. 342/2009.

In data 30.9.2008 e 28.9.2009 la ricorrente ha presentato domanda di rinnovo della predetta concessione.

Successivamente il Consiglio di Stato, con sentenza n. 7239 del 30.9.2010, ha accolto l’appello proposto avverso la predetta pronuncia del TAR.

Il Comune di Monte Argentario, con Provv. del 28 gennaio 2011, nel richiamare la decisione del giudice di appello ed il conseguente annullamento della concessione n. 17 del 20.12.2007, ha ordinato alla ricorrente di ripristinare l’originario stato dell’area demaniale marittima.

Avverso tale determinazione l’istante è insorta deducendo:

1) falsa ed erronea applicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 7239/2010; carenza e falsità dei presupposti; eccesso di potere, travisamento, sproporzione; violazione del principio di ragionevolezza, proporzionalità e conservazione degli atti; mancanza di interesse pubblico e violazione del legittimo affidamento;

2) erronea applicazione degli artt. 54 e 1161 c.n.; carenza e falsità dei presupposti; eccesso di potere; travisamento dei fatti; sproporzione; violazione del principio di ragionevolezza;

3) violazione dell’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009 e dell’art. 16, comma 2, della L.R. n. 77 del 2009; disparità; violazione del principio di leale collaborazione;

4) violazione dell’art. 2 della L. n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di istruttoria e contraddittorietà; violazione del principio del giusto procedimento; illogicità;

5) violazione dell’art. 1 della L. n. 241 del 1990, del principio di conservazione degli atti ed economicità; disparità di trattamento.

Si è costituito in giudizio il Comune di Monte Argentario.

Con ordinanza n. 320 del 24.3.2011 è stata accolta l’istanza cautelare.

All’udienza del 10 novembre 2011 la causa è stata posta in decisione.

Motivi della decisione

In via preliminare occorre procedere alla trattazione delle questioni in rito.

L’amministrazione ha eccepito l’inammissibilità del gravame, sull’assunto che il medesimo avrebbe dovuto essere presentato nella forma del ricorso per ottemperanza alla sopra citata sentenza n. 7239/2010.

L’obiezione non ha alcun pregio.

In proposito è da osservare che, secondo pacifico indirizzo giurisprudenziale, la legittimità dell’emanazione di un nuovo provvedimento sul medesimo rapporto, oggetto della sentenza passata in giudicato, può essere delibata nell’ambito del giudizio di ottemperanza soltanto se la nuova determinazione risulti palesemente elusiva della regola giuridica dettata con il giudicato, dovendosi altrimenti denunciarne la illegittimità con autonomo ricorso, nelle forme del giudizio ordinario di cognizione (Cons. Stato, sez. V, 16 settembre 2004 n. 6047; idem, 5 febbraio 2007, n. 428; idem, 12 luglio 2004 n. 5059; sez. IV, 15 ottobre 2003 n. 6334).

Nel caso che ci occupa non vi è un rifiuto di ottemperanza ma, al contrario, un provvedimento consequenziale al fatto che la ricorrente, per effetto della pronuncia del giudice di appello, è, allo stato, una detentrice senza titolo degli specchi acquei; rileva pertanto un comportamento dell’Amministrazione non meramente elusivo del giudicato, ma, al contrario, teso a considerare le conseguenze dell’annullamento giudiziale sul preesistente rapporto concessorio.

E’ stata ulteriormente eccepita l’inammissibilità per omessa notifica dell’impugnativa alla società Marittima Management, parte nel giudizio culminato nella predetta sentenza di annullamento del titolo concessorio rilasciato alla attuale ricorrente.

Il rilievo non può essere accolto.

L’atto impugnato, ancorchè conseguente alla pronuncia del Consiglio di Stato, non fa riferimento alla posizione differenziata di un determinato controinteressato, ma è finalizzato ad assicurare la restituzione dell’immobile all’Ente, restituzione funzionale a rendere possibili una procedura di selezione pubblica e il conseguente affidamento dell’area al miglior offerente. Non vi è quindi, nella gravata ordinanza, un diretto riferimento alla società Marittima Management, giacchè lo scopo è allontanare la precedente concessionaria in quanto divenuta mera detentrice di fatto, e porre i presupposti per assicurare l’ingresso a favore di soggetto non ancora determinato.

Il Comune ha altresì eccepito la sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere, stante l’aggiudicazione del lotto in questione avvenuta, a favore della deducente, nelle more della trattazione del ricorso; secondo il Comune, infatti, anche se non fosse rilasciata la concessione demaniale alla ricorrente-aggiudicataria (la quale non ha ancora fornito tutta la occorrente documentazione), l’ordine di sgombero dovrebbe essere riadottato sulla base di presupposti diversi da quelli attuali.

L’eccezione non ha alcun pregio.

L’integrale accoglimento del ricorso comporterebbe il riconoscimento dei presupposti per ottenere il rinnovo sino al 2015, mentre la sopravvenuta aggiudicazione consente il rilascio di concessione destinata a durare solo 10 mesi. In ogni caso, l’interesse al ricorso in epigrafe troverebbe comunque giustificazione in relazione alla domanda di risarcimento del danno.

Entrando nel merito della trattazione del gravame si osserva quanto appresso.

Con la prima censura la ricorrente deduce che il Comune, in base alla sentenza del Consiglio di Stato n. 7239/2010, avrebbe dovuto riesaminare il provvedimento annullato salvaguardando l’interesse pubblico al mantenimento dei servizi dedicati al turismo nautico; aggiunge che ad esito di tale pronuncia non occorreva rinnovare la procedura concessoria impugnata, emendata dai vizi di omessa pubblicazione, giacchè la concessione sarebbe comunque venuta a scadenza nel dicembre 2010; la deducente conclude la censura evidenziando che l’amministrazione avrebbe dovuto applicare la proroga di diritto riconosciuta dal D.L. n. 194 del 2009 e dalla L.R. n. 77 del 2010.

Il motivo non può essere accolto.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 7239 del 30.9.2010, ha annullato la concessione demaniale rilasciata alla ricorrente il 20.12.2007, in quanto la stessa non è stata preceduta da una procedura di rinnovo debitamente pubblicizzata.

Tale pronuncia, secondo i principi generali in tema di annullamento, ha determinato la caducazione del titolo con effetto ex tunc, retroagendo sino al rilascio dello stesso. Ne deriva che la posizione della ricorrente è divenuta quella propria dell’occupante abusivo.

In ossequio all’effetto conformativo, il Comune ha scelto di procedere all’assegnazione dell’area sulla base di procedura di selezione pubblica (come risulta dal bando di gara, approvato con deliberazione della giunta comunale del 31.3.2011, costituente il documento n. 7 depositato in giudizio dal Comune), mettendo tutti gli operatori interessati in condizione di parteciparvi. In tal modo l’Ente ha compiutamente valorizzato i principi di trasparenza e non discriminazione considerati dal giudice di appello.

Orbene, propedeutica a tale scelta è stata l’adozione dell’impugnata ordinanza, idonea ad assicurare il libero accesso alla zona in questione al soggetto cui sarà intestata la concessione ad esito di nuovo procedimento e, ancor prima, idonea a porre fine alla detenzione senza titolo, rispetto alla quale, per la valenza retroattiva dell’annullamento giudiziale e il conseguente venir meno ab origine del titolo demaniale, trova applicazione l’art. 54 del codice della navigazione.

La presentazione di istanze di rinnovo, riferibili sostanzialmente a rapporto concessorio ormai esaurito da tempo (l’eliminazione del titolo rilasciato nel 2007 fa sì che l’ultima licenza -da tempo scaduta- risalga al 1 dicembre 2004), non vincola il Comune, essendo perfettamente in linea con i principi comunitari in materia di scelta del contraente la decisione di mettere in competizione in una gara pubblica, su un piano di parità, il precedente concessionario con tutti gli altri potenziali concessionari e, prima ancora, avviare il procedimento di restituzione del bene onde evitare il rischio che, al momento dell’affidamento al nuovo concessionario, l’immobile da assegnare sia ancora nella disponibilità di un soggetto privo di qualsivoglia titolo (non potendo avere funzione legittimante la concessione annullata dal giudice d’appello).

In ogni caso la ricorrente, a seguito della caducazione giurisdizionale del titolo concessorio a lei intestato, non ha una posizione differenziata rispetto agli altri potenziali aspiranti al medesimo titolo demaniale (Cons. Stato, VI, 2.5.2011, n. 2562): a fronte della sua posizione di detentrice in via di fatto, l’adozione dell’impugnato provvedimento costituisce espressione di potestà amministrativa vincolata ex art. 54 del codice della navigazione.

L’ingiunzione di sgombero, quale atto a immediata tutela della proprietà pubblica, ha come unico presupposto, condizionante la sua legittimità, l’accertata abusività dell’occupazione del bene demaniale, senza che rilevi la presentazione di istanze da parte del destinatario dell’ingiunzione o lo stato soggettivo di buona fede del medesimo (Cons. Stato, VI, 16.10.2008, n. 5025; TAR Lazio, Roma, II, 30.8.2010, n. 31953; TAR Toscana, I, 11.7.2000, n. 1622).

Il riferimento all’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009, il quale prevede in via eccezionale la proroga sino al 31.12.2015 delle concessioni (con finalità turistico-ricreative) in essere alla data della sua entrata in vigore, non ha alcun pregio, in quanto a tale data la ricorrente non poteva ritenersi intestataria della concessione rilasciata nel 2007, stante il suo annullamento giudiziale.

Con la seconda doglianza la ricorrente afferma di essere di fatto la legittima concessionaria e che gli artt. 54 e 1161 del codice della navigazione, richiamati nell’atto impugnato, non trovano ingresso nel caso di cessazione di concessione demaniale.

Il rilievo è infondato.

Il presupposto della contestata ordinanza è costituito dal fatto che l’annullamento giudiziale del titolo concessorio rende assimilabile la posizione della ricorrente a quella di un occupante abusivo.

Ciò in quanto il predetto annullamento ha fatto venire meno (con effetto retroattivo) il titolo che legittimava l’interessata ad utilizzare l’area, la quale quindi deve essere restituita all’amministrazione concedente (cioè al Comune di Monte Argentario).

Trova pertanto applicazione, nel caso in esame, l’art. 54 del codice della navigazione.

Nessun rilievo possono assumere gli artt. 47 e 48 del codice della navigazione, richiamati nel ricorso, e nemmeno l’art. 42, riguardanti la revoca e la decadenza, in quanto detti istituti presuppongono un valido rapporto concessorio (che, per effetto della sentenza di annullamento del Consiglio di Stato, non sussiste in capo alla ricorrente) ed operano al verificarsi degli inadempimenti o delle circostanze sopravvenute tipizzate dal legislatore, alle quali è estraneo il caso di specie.

Il terzo motivo è incentrato sulla violazione dell’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009, convertito nella L. n. 25 del 2010, nonché sulla violazione dell’art. 16, commi 1 e 2, della L.R. n. 77 del 2009 e sulla disparità di trattamento; la ricorrente rivendica il diritto a vedersi riconosciuta la proroga sino al dicembre 2015 e aggiunge che la sentenza del Consiglio di Stato è intervenuta dopo il riconoscimento per legge della proroga.

La doglianza è infondata.

L’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009 prevede la proroga per le sole concessioni in essere alla data della sua entrata in vigore; in senso analogo si pone l’art. 16, comma 1, della L.R. n. 77 del 23 dicembre 2009.

Orbene, per effetto della pronuncia del Consiglio di Stato n. 7239/2010, la concessione n. 17 del 20.12.2007, intestata alla ricorrente, è venuta meno con effetto ex tunc, con la conseguenza che, alla data di entrata in vigore delle predetti normative, nessun rapporto concessorio intercorreva tra la ricorrente stessa e il Comune: l’ultima valida concessione intestata alla ricorrente resta la n. 25 del 1 dicembre 2004 (scaduta il 31.12.2006). Ne discende che manca un presupposto fondamentale di applicazione della rivendicata proroga automatica.

Né potrebbe soccorrere l’art. 16, comma 2, della L.R. n. 77 del 2009, dichiarato incostituzionale con sentenza n.340 del 26.11.2010.

Inoltre, ad ulteriore dimostrazione dell’infondatezza della censura dedotta, si osserva quanto segue.

A prescindere dall’orientamento secondo cui l’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009 sarebbe incompatibile con i principi comunitari in tema di libera concorrenza (TAR Sardegna, ord, I, 27/10/2010, n, 473), il Collegio ritiene che la proroga prevista da tale norma, riguardando le concessioni a finalità turistico ricreativa, non si attaglia al caso di specie.

Invero, da un lato la suddetta norma prevede la proroga come strumento contingente valevole nelle more della riforma legislativa della disciplina del rilascio delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative, dall’altro secondo il combinato disposto dell’art. 13 della L. n. 172 del 2003 e dell’art. 1 del D.L. n. 400 del 1993, convertito nella L. n. 494 del 1993, le concessioni demaniali marittime a finalità turistico ricreativa hanno ad oggetto la gestione di stabilimenti balneari, gli esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio, il noleggio di imbarcazioni e natanti, la gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive, gli esercizi commerciali e i servizi di conduzione di strutture abitative.

Pertanto risulta che la concessione di cui era intestataria la ricorrente, avente ad oggetto specchi acquei allo scopo di mantenere un punto di ormeggio per unità da diporto costituito da pontile galleggiante con relativa catenaria, una passerella e linee elettriche, non rientra in nessuna delle tipologie ascritte alla categoria delle concessioni a scopo turistico ricreativo, alle quali soltanto si applica la disciplina eccezionale sancita dall’art. 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009, convertito nella L. n. 25 del 2010. Alla luce dell’elenco approvato dal legislatore, non rileva la concreta vocazione turistica della zona o del porto interessato dalla concessione, ma solo la sussistenza di una delle predette tipologie tipizzate a livello legislativo.

Per la stessa ragione non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie nemmeno il rinnovo automatico previsto dall’art. 1, comma 2, del D.L. n. 400 del 1993 (come sostituito dall’art. 10 della L. n. 88 del 2001), riferito in via eccezionale solo alle sopra elencate concessioni a scopo turistico ricreativo (come statuito dalla norma interpretativa di cui al citato art. 13 della L. n. 172 del 2003).

Privo di pregio è il riferimento alla legislazione regionale. Invero, anche l’art. 16 della L.R. n. 77 del 23 dicembre 2009 (nella parte sopravvissuta alla declaratoria di incostituzionalità) ammette la proroga sino al 2015 per le sole concessioni con finalità turistico ricreative.

Quanto alla più recente normativa, l’art. 31 del D.Lgs. n. 79 del 23 maggio 2011 non definisce le concessioni demaniali marittime, né disciplina il regime di affidamento delle stesse, ma si limita a semplificare il regime autorizzatorio della realizzazione delle strutture dedicate alla nautica da diporto, in quanto ritenute rispondenti all’interesse pubblico turistico ricreativo, mentre l’art. 3, comma 8, lett. b, del D.L. n. 70 del 13 maggio 2011, nel perseguire l’obiettivo di razionalizzare il rilascio delle concessioni marittime nei porti e approdi turistici, non fornisce alcun supporto alla censura dedotta, giacchè esso si limita a demandare la definizione dei criteri di affidamento all’intesa tra Stato e Regioni.

Con il quarto motivo la deducente lamenta che il Comune ha omesso di considerare le domande di rinnovo da lei presentate il 30.9.2008, il 28.9.2009 e il 29.9.2010; aggiunge che non può ritenersi satisfattivo dell’obbligo di provvedere il preavviso di rigetto, ex art. 10 bis della L. n. 241 del 1990, notificato il 21.1.2011.

Il rilievo non è condivisibile.

Le predette domande sono state travolte o superate dalla sopraggiunta sentenza del Consiglio di Stato, la quale ha fatto venir meno con effetto ex tunc il titolo concessorio oggetto delle domande medesime. Inoltre, come sopra osservato dal Collegio, l’ingiunzione di sgombero, quale atto a immediata tutela della proprietà pubblica, ha come unico presupposto, condizionante la sua legittimità, l’accertata abusività dell’occupazione del bene demaniale, senza che rilevi la presentazione di istanze da parte del destinatario dell’ingiunzione o lo stato soggettivo di buona fede del medesimo (Cons. Stato, VI, 16.10.2008, n. 5025; TAR Lazio, Roma, II, 30.8.2010, n. 31953; TAR Toscana, I, 11.7.2000, n. 1622).

Con il quinto motivo l’istante evidenzia che la domanda di rinnovo presentata il 26.9.2006 costituisce il primo atto non travolto dalla predetta pronuncia, con la conseguenza che il Comune avrebbe dovuto rinnovare il procedimento avviato con detta domanda, con applicazione della proroga di diritto ex D.L. n. 194 del 2009 o, in alternativa, del rinnovo automatico ex art. 10 della L. n. 88 del 2001; aggiunge che, qualora si ritenessero insanabili gli effetti della sentenza di annullamento, gli stessi dovrebbero estendersi, nel rispetto dei principi di non contraddittorietà, imparzialità e uguaglianza, ai titoli concessori rilasciati su tutto il territorio comunale.

La censura è infondata.

Valgono le considerazioni espresse nella trattazione del precedente motivo.

In ogni caso, la sentenza in questione ha statuito l’illegittimità del rinnovo concessorio per mancata pubblicizzazione della relativa procedura, pubblicizzazione che avrebbe potuto consentire ad eventuali terzi interessati la possibilità di presentare una propria proposta.

Appare in linea con i principi di trasparenza e non discriminazione su cui ha fatto leva il giudicato la scelta di sgomberare gli specchi acquei in questione, liberandoli dalla presenza della ricorrente (divenuta un mero detentore di fatto), in quanto funzionale a rendere possibile l’ingresso ad un nuovo concessionario, fermo restando l’obbligo di addivenire alla sua individuazione mediante gara pubblica, aperta anche alla ricorrente, rispettosa di quei principi.

Il riferimento, espresso dalla ricorrente, al D.L. n. 194 del 2009 ed all’art. 10 della L. n. 88 del 2001 (il quale ha modificato il comma 2 dell’art. 1 del D.L. n. 400 del 1993) non è condivisibile, alla luce delle considerazioni espresse nella trattazione del terzo motivo.

Privo di pregio è il riferimento al vizio di disparità di trattamento, enunciato senza precisare quali siano le situazioni in relazione alle quali rileverebbe la violazione del principio di uguaglianza; in ogni caso va sottolineata la particolarità della fattispecie in esame, contraddistinta dal venir meno del titolo demaniale per effetto di caducazione giudiziale.

In conclusione, il ricorso va respinto sia nella domanda di annullamento, sia in quella risarcitoria.

Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono determinate in Euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, da porre a carico della ricorrente.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge nelle domande di annullamento e di risarcimento del danno.

Condanna la ricorrente a corrispondere al Comune di Monte Argentario la somma di Euro 3.000 (tremila) oltre IVA e CPA, a titolo di spese di giudizio inclusive di onorari difensivi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 10 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Angela Radesi, Presidente

Gianluca Bellucci, Consigliere, Estensore

Silvio Lomazzi, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *