T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, Sent., 12-01-2012, n. 110 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Col ricorso in epigrafe, la Centro Auto s.r.l. impugnava, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, l’ordinanza di demolizione n. 198 del 28 ottobre 1999, emessa dal dirigente del V Settore tecnico – U.O.C. Gestione del territorio – Servizio Vigilanza edilizia del Comune di Benevento, unitamente agli atti ad essa sottesi, preordinati, connessi e/o conseguenti.

Richiedeva, altresì, il risarcimento dei danni subiti per effetto dell’operato asseritamente illegittimo dell’amministrazione intimata.

2. L’abuso contestato consisteva nel frazionamento di una originaria unità immobiliare, condotta in locazione dalla Centro Auto, in una pluralità di locali commerciali, ottenuto, in assenza di concessione edilizia, mediante la realizzazione di opere interne e impianti.

L’esecuzione dei lavori controversi era stata segnalata, con nota presentata dalla ricorrente al Comune di Benevento il 28 agosto 1998 in termini di "opere interne" ex art. 26 della L. n. 47 del 1985 (ossia non modificative della destinazione d’uso, della sagoma e dei prospetti della costruzione né incrementative delle superfici e dei volumi né arrecanti pregiudizio alla statica dell’immobile).

A fronte del rilievo dell’amministrazione comunale, secondo cui gli interventi in parola postulavano il preventivo rilascio di concessione edilizia (nota del 3 settembre 1998, prot. n. 51801), la Centro Auto aveva escluso la necessità di richiedere la concessione edilizia, trattandosi, a suo dire, di "opere interne di tramezzature con vani di comunicazione in pannelli mobili di siporex" (nota del 26 ottobre 1998).

Le riserve già espresse venivano ribadite dall’ente locale intimato con nota del 2 novembre 1998, prot. n. 64791, in cui si invitava la ricorrente a "chiarire … se l’intervento proposto modifica il numero delle unità immobiliari preesistenti".

Successivamente, dall’esame documentale svolto dai tecnici comunali presso l’Ufficio Commercio era emerso che nell’unità immobiliare de qua erano stati aperti cinque distinti esercizi commerciali (denominati GE.NE.SI s.r.l., SATRADER s.r.l., ARS e MI s.r.l., ADD JOB TRADING s.r.l., Stella Adriana) (verbale n. 58 del 17 agosto 1999).

In considerazione di ciò, il Comune di Benevento, con nota del 7 settembre 1999, prot. n. 53892, aveva comunicato alla Centro Auto l’avvio del procedimento sanzionatorio ex art. 7 della L. n. 47 del 1985, definito con l’impugnata ordinanza di demolizione n. 198 del 28 ottobre 1999.

3. Avverso tale provvedimento venivano dedotte, col ricorso in epigrafe, le seguenti doglianze: violazione del comb. disp. artt. 2, 3, 7 ss. della L. n. 241 del 1990, in connessione agli artt. 4, 7, 9, 26 della L. n. 47 del 1985 e art. 2, comma 60, della L. n. 662 del 1996; eccesso di potere per contrasto con i precedenti e difetto di istruttoria.

4. Costituitasi l’amministrazione comunale intimata, eccepiva l’infondatezza del gravame esperito ex adverso, del quale richiedeva, quindi, il rigetto.

5. All’udienza pubblica del 26 ottobre 2011, la causa veniva trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

1. Col primo ordine di censure la ricorrente assume che, in difetto di istruttoria, la disposta misura demolitoria sarebbe stata fondata sulle risultanze non già di un sopralluogo fisico sull’area di intervento, bensì di un mero accertamento documentale espletato dai tecnici comunali.

Siffatto motivo di ricorso non può essere accreditato dal Collegio.

Nessuna norma impediva, infatti, che la fase istruttoria del procedimento repressivo-ripristinatorio potesse incentrarsi ed anche esaurirsi nel riscontro di circostanze univocamente denotanti, già a livello ‘cartolare’, l’avvenuto frazionamento, in assenza del necessario titolo abilitativo edilizio, di una originaria unità immobiliare in una pluralità di autonomi locali commerciali.

In particolare, l’art. 7, comma 2, della L. n. 47 del 1985, applicato nella specie, si limita a prevedere che "il sindaco, accertata l’esecuzione di opere in assenza di concessione, in totale difformità dalla medesima ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi del successivo art. 8, ingiunge la demolizione".

D’altronde, considerata la natura dell’abuso contestato, quest’ultimo poteva agevolmente emergere dall’esame della documentazione esistente presso gli uffici comunali, costituita dalle planimetrie ritraenti le linee divisorie dell’originaria unità immobiliare trasformata in una pluralità di autonomi locali commerciali.

Ed è, infine, appena il caso di soggiungere – a riprova della sufficienza e adeguatezza dell’istruttoria condotta dall’amministrazione resistente – che il sopralluogo fisico effettuato dai tecnici comunali il 5 settembre 2000 ha confermato le risultanze della precedente verifica ‘cartolare’, ossia l’avvenuta suddivisione dell’unità immobiliare condotta in locazione dalla Centro Auto in una pluralità di locali commerciali, muniti di propri impianti tecnologici, funzionalmente autonomi, "ovviamente non comunicanti tra loro, sebbene esistano porte nei tramezzi i cui vani sono occupati da masserizie, spogliatoi prova-abiti, se non addirittura chiusi con pannelli di compensato o altro" (cfr. verbale del 5 settembre 2000, prot. n. 858, ed allegata documentazione grafica e fotografica).

2. Privo di pregio è l’ulteriore profilo di doglianza, incentrato sull’assunta carenza di motivazione dell’ordinanza di demolizione n. 198 del 28 ottobre 1999, quanto all’indicazione delle norme violate e delle opere contestate.

Ed invero, l’ingiunta misura repressivo-ripristinatoria è da ritenersi sorretta da adeguata e autosufficiente motivazione, allorquando – come, appunto, nel caso in esame, e a dispetto di quanto asserito da parte ricorrente – sia rinvenibile l’individuazione della fattispecie normativa (opere eseguite in assenza di concessione edilizia: art. 7 della L. n. 47 del 1985) e la compiuta descrizione degli abusi riscontrati (frazionamento di una originaria unità immobiliare in una pluralità di locali commerciali strutturalmente e funzionalmente autonomi: cfr. retro, in narrativa, sub n. 2) (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 30 maggio 2006, n. 3283; sez. VI, 25 agosto 2006, n. 4996; sez. IV, 14 maggio 2007, n. 2441; sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2705; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 24 gennaio 2008, n. 367; sez. VI, 9 gennaio 2008, n. 49; sez. IV, 24 gennaio 2008, n. 57; sez. VIII, 15 maggio 2008, n. 4556; sez. III, 05 giugno 2008, n. 5255; sez. IV, 8 luglio 2008, n. 7798; sez. VI, 14 luglio 2008, n. 8761; sez. IV, 4 agosto 2008, n. 9720; sez. II, 7 ottobre 2008, n. 13456; sez. IV, 29 settembre 2008, n. 11820 sez. VI, 27 ottobre 2008, n. 18243; sez. III, 4 novembre 2008, n. 19257; sez. IV, 28 novembre 2008, n. 20564; 2 dicembre 2008, n. 20794; sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 21346; 23 febbraio 2009, n. 1032; 25 febbraio 2009, n. 1100; sez. IV, 6 marzo 2009, n. 1304; 24 marzo 2009, n. 1597; 18 giugno 2009, n. 3368; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 18 gennaio 2008, n. 57; 19 febbraio 2009, n. 1318; 9 marzo 2009, n. 1768; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 13 marzo 2008, n. 475; TAR Lazio, Roma, sez. II, 5 settembre 2008, n. 8117; 6 marzo 2009, n. 2358; TAR Liguria, Genova, sez. I, 21 aprile 2009, n. 781).

Per di più, il provvedimento impugnato risulta anche legittimamente motivato ai sensi dell’art. 3, comma 3, della L. n. 241 del 1990, e cioè per relationem al verbale di sopralluogo n. 58 del 17 agosto 1999, espressamente richiamato nei suoi estremi identificativi, nonché perspicuamente riferito ai "lavori ai locali commerciali siti alla via Meomartini civ. 4 e altri".

In questo senso, è appena il caso di rammentare che l’art. 3, comma 3, cit. non impone la materiale messa a disposizione o contestuale comunicazione dell’atto richiamato, essendo sufficiente l’indicazione dello stesso, implicante la possibilità per l’interessato di esperire l’accesso (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 6 maggio 2002, n. 2400; 17 dicembre 2008, n. 6274; TAR Lombardia, Milano, sez. III, 26 gennaio 2004, n. 86; TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 18 aprile 2005, n. 541; TAR Campania, Napoli, sez. I, 9 luglio 2007, n. 6602; TAR Lazio, Roma, sez. I, 4 settembre 2008, n. 8049; TAR Piemonte, Torino, sez. II, 1 dicembre 2009, n. 3049), e dovendosi intendere, in tale prospettiva, la disponibilità contemplata dalla norma citata non già come effettiva, ma come meramente eventuale, ossia subordinata ad apposita iniziativa dell’interessato ex artt. 22 ss. della L. n. 241 del 1990 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 dicembre 1998, n. 1866), alla cui sfera di conoscibilità risulta, comunque, attratta l’integrale motivazione per relationem del provvedimento, tramite, appunto, l’espressa menzione degli estremi dell’atto richiamato (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. V, 6 marzo 2007, n. 1386).

3. Inconferente è, infine, l’assunto secondo cui gli interventi contestati non sarebbero stati sanzionabili ai sensi dell’art. 7 della L. n. 47 del 1985, in conseguenza della pretesa abrogazione tacita del successivo art. 26, ad opera del comb. disp. artt. 19 della L. n. 241 del 1990, come sostituito dall’art. 2, comma 10, della L. n. 537 del 1993, e art. 2, comma 60, n. 7, della L. n. 662 del 1996.

3.1. Al riguardo, giova preliminarmente ricostruire l’evoluzione della disciplina delle opere interne agli edifici.

Innanzitutto, il citato art. 26 della L. n. 47 del 1985 stabilisce, al comma 1, che "non sono soggette a concessione né ad autorizzazione le opere interne alle costruzioni che … non comportino … aumento … del numero delle unità immobiliari".

Successivamente, l’art. 2, comma 10, della L. n. 537 del 1993, nel modificare l’art. 19 della L. n. 241 del 1990, ha così generalizzato l’istituto di semplificazione e di liberalizzazione della d.i.a.: "in tutti i casi in cui l’esercizio di un’attività privata sia subordinato ad autorizzazione, licenza, abilitazione, nulla-osta, permesso o altro atto di consenso comunque denominato, ad esclusione delle concessioni edilizie e delle autorizzazioni rilasciate ai sensi delle L. 1 giugno 1939, n. 1089, L. 29 giugno 1939, n. 1497, e del D.L. 27 giugno 1985, n. 312, conv. in L. 8 agosto 1985, n. 431, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l’esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo per il rilascio degli atti stessi, l’atto di consenso si intende sostituito da una denuncia di inizio di attività da parte dell’interessato alla pubblica amministrazione competente, attestante l’esistenza dei presupposti e dei requisiti di legge, eventualmente accompagnata dall’autocertificazione dell’esperimento di prove a ciò destinate, ove previste … in tali casi, spetta all’amministrazione competente, entro e non oltre sessanta giorni dalla denuncia, verificare d’ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e disporre, se del caso, con provvedimento motivato da notificare all’interessato entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell’attività e la rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro il termine prefissatogli dall’amministrazione stessa".

L’art. 2, comma 60, n. 7, della L. n. 662 del 1996, nel sostituire il testo dell’art. 4, comma 7, lett. e, del D.L. n. 398 del 1993, conv. in L. n. 493 del 1993, ha, poi, annoverato tra gli interventi subordinati a mera d.i.a. ex art. 19 della L. n. 241 del 1990 le "opere interne di singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell’immobile".

3.2. Ora, diversamente da quanto inferito da parte ricorrente, né il silenzio dell’art. 2, comma 60, n. 7, della L. n. 662 del 1996 circa i frazionamenti immobiliari e i connessi incrementi delle unità abitative né la variazione dell’originaria espressione "opere interne alle costruzioni" in "opere interne di singole unità immobiliari" possono dirsi, di per sé, indicativi di un passaggio dal regime autorizzatorio a quello semplificato-liberalizzato, che avrebbe richiesto maggiore impegno esplicativo da parte del legislatore.

L’art. 2, comma 60, n. 7, della L. n. 662 del 1996 si è, infatti, limitato ad attrarre l’attività edilizia libera di cui all’art. 26 della L. n. 47 del 1985, connotata dalla natura vincolata dei relativi accertamenti, alla sfera applicativa della d.i.a. (introdotta dall’art. 2, comma 10, della L. n. 537 del 1993), ma non ha inteso anche implicitamente dilatarne i contenuti tipologici a discapito della sfera applicativa della concessione edilizia. Non può, in particolare, aver sottratto a quest’ultima quegli interventi di ristrutturazione che, attraverso il frazionamento di una singola unità in distinte unità abitative, autonomamente utilizzabili, inducano alla trasformazione di un originario organismo edilizio e che, pur senza ampliare superfici e volumi, comportino un aumento del carico urbanistico, richiedendo, così, la corresponsione di un contributo per oneri di urbanizzazione proporzionato ai benefici derivanti alla realizzata suddivisione immobiliare (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 29 aprile 2004, n. 2611; TAR Marche, Ancona, 3 giugno 2003, n. 466; TAR Lazio, Roma, sez. II, 4 gennaio 2006, n. 36; TAR Trentino Alto Adige, Trento, 12 maggio 2006, n. 160). Ciò è tanto vero che, successivamente, il legislatore ha, da un lato, ribadito l’assoggettamento al permesso di costruire degli "interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari" (art. 10, comma 1, lett. c, del D.P.R. n. 380 del 2001) ed ha, d’altro lato, previsto, in via espressa, per tali opere, il regime abilitativo alternativo della c.d. super d.i.a., gravata dall’obbligo di pagamento del contributo di costruzione, proprio del permesso di costruire (art. 22, comma 3, lett. a, del D.P.R. n. 380 del 2001).

Peraltro, anche la cennata variazione lessicale (da "opere interne alle costruzioni" ad "opere interne di singole unità immobiliari"), addotta dalla Centro Auto a sostegno dell’asserita estensione implicita della sfera applicativa della d.i.a. alle suddivisioni immobiliari, milita, in realtà, in senso opposto a un simile assunto: l’art. 2, comma 60, n. 7, della L. n. 662 del 1996, nel menzionare le "singole unità immobiliari" entro cui sono consentite "opere interne" assentibili mediante d.i.a., risulta, infatti, aver stabilito il limite morfologico-strutturale oltre il quale l’intervento non può più reputarsi circoscritto all”interno’ della ‘singola unità immobiliare’, ma si sostanzia in una trasformazione edilizia incidente sul carico urbanistico.

3.3. Alla stregua di quanto sopra, deve ritenersi che correttamente il Comune di Benevento abbia sanzionato con la misura repressivo-ripristinatoria le opere contestate, consistite nella suddivisione strutturale e funzionale di una singola unità immobiliare in una pluralità di locali commerciali.

4. In conclusione, stante la ravvisata infondatezza delle censure proposte, il ricorso in epigrafe deve essere respinto, unitamente alla connessa domanda risarcitoria.

5. Quanto alle spese di lite, esse devono seguire la soccombenza e, quindi, essere poste a carico della parte ricorrente.

Dette spese vanno liquidate in complessivi Euro 1.500,00 in favore dell’amministrazione resistente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe e la connessa domanda di risarcimento dei danni.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 1.500,00 in favore del Comune di Benevento.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 26 ottobre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Alessandro Pagano, Consigliere

Olindo Di Popolo, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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