Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-10-2011) 12-12-2011, n. 45961

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di C.L. in ordine ai reati: a) di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c);

b) di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64 e 71, a lei ascritti per avere realizzato, su un terreno di sua proprietà, un manufatto con strutture in cemento armato senza il permesso di costruire, mentre ha dichiarato non doversi procedere nei confronti della predetta imputata per il reato di cui alla violazione della normativa antisismica (capo c), perchè estinto per prescrizione, rideterminando la pena inflitta dal giudice di primo grado nella misura precisata in epigrafe.

La Corte territoriale ha rigettato il motivo di gravame con il quale l’appellante aveva censurato l’affermazione di colpevolezza, deducendo di essere estranea alla costruzione abusiva per avere concesso l’area sulla quale era stato realizzato il manufatto in comodato a tale S.L. fin dal 2001; S. che doveva ritenersi l’effettiva committente dei lavori.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputata, che la denuncia per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con un unico mezzo di annullamento la ricorrente osserva che l’affermazione di colpevolezza è stata fondata esclusivamente sulla sua qualità di proprietaria del terreno sul quale è stato realizzato l’immobile abusivo, pur essendo stato accertato che la medesima non ne aveva la disponibilità per averlo ceduto in comodato gratuito alla S. con atto registrato in data 30.1.2001. Si deduce, quindi, che l’affermazione di colpevolezza per il reato di costruzione abusiva non può essere fondata esclusivamente sulla qualità di proprietaria della imputata e che nel caso in esame non vi è alcuna prova che la C. avesse prestato il proprio consenso alla realizzazione del manufatto abusivo, essendo stata trovata sul posto la sola S. ed essendo stato provato che al momento della costruzione dell’immobile la C. si trovava a (OMISSIS) e la stessa aveva fortemente osteggiato la realizzazione del manufatto. Il ricorso è manifestamente infondato.

La sentenza di primo grado, la cui motivazione integra quella impugnata, ha puntualmente indicato una serie di elementi indiziali in base ai quali è stata affermata la colpevolezza dell’imputata, quanto meno a titolo di concorso con la predetta S..

Tali lo stretto vincolo di parentela tra le due donne, essendo la C. figlia della S., il comportamento tenuto dall’imputata dopo l’adozione dell’ingiunzione a demolire, cui non ha ottemperato. Sicchè l’affermazione di colpevolezza non è affatto fondata solo sull’accertamento dell’appartenenza dell’immobile all’imputata – appartenenza costituente anche essa un elemento indiziario rilevante -, bensì su un complesso di elementi di valutazione precisi e concordanti, idonei a supportare l’affermazione di colpevolezza dell’imputata.

Nel resto le deduzioni della ricorrente sono meramente fattuali e, quindi, inammissibili in sede di legittimità.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c., con le conseguenze di legge, tra cui la preclusione per questa Corte della possibilità di rilevare l’esistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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