T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, Sent., 12-01-2012, n. 101 Espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso iscritto al n. 4269/2003 Dell’A.R., quale proprietario in Cesa di un suolo iscritto in catasto alla particella 1539, fg 2, di are 12,72 destinato a zona urbana di espansione delle aree centrali con indice di fabbricazione di 3,15 mc/mq, impugnava, chiedendone l’annullamento, il decreto prot. n. 34/URB/SA del 21.01.2003 e gli atti ad esso connessi con cui la Provincia di Caserta approvava il piano regolatore generale del Comune di Cesa destinando l’area di sua pertinenza a spazio gioco e a spazio pubblico.

A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi di diritto:

– violazione degli arttt. 42 e 97 Cost., art. 7 e segg. della L. n. 1150 del 1942, art. 3 della L. n. 241 del 1990, della l.R. Campania n. 14 del 1982, e n. 9 del 1983, eccesso di potere per difetto di istruttoria, violazione di norme tecniche, difetto di motivazione, omesso esame di circostanze di risolutivo rilievo sviamento;

La destinazione di zona impressa all’area della ricorrente è frutto di inadeguata istruttoria e di palese violazione di norme tecniche.

La destinazione ad uso pubblico dell’area di limitata estensione oggetto di causa crea solo problemi di sicurezza e vivibilità senza alcun beneficio pubblico. Gli standards urbanistici di cui al D.M. n. 1444 del 1968 restano ampiamente soddisfatti anche conservando al ricorrente la proprietà del suolo e la sua pregressa utilizzabilità. Si finisce così per imporre un vincolo espropriativo senza indennizzo.

In considerazione dell’affidamento consolidato creato dalla precedente destinazione urbanistica si imponeva una puntuale esposizione del superiore interesse pubblico che si accredita prevalente su quello privato.

L’area del ricorrente per le caratteristiche proprie e per destinazione ed utilizzazione dei suoli circostanti è suscettibile di essere utilizzata solo a fini residenziali , trattandosi di suolo inserito in un’area urbanizzata.

Le soluzioni dello strumento urbanistico da adottare devono essere giustificate da ragioni di prevalente interesse pubblico quando vanno ad incidere su aspettative ed interessi dei privati.

Sulla base di tali ragioni concludeva per l’accoglimento del ricorso.

Il Comune di Cesa e la Provincia di Caserta si costituivano per opporsi al ricorso chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza di discussione del 14.12.2011 il ricorso veniva introitato per la decisione.

2. Il ricorso è infondato e va respinto secondo quanto di seguito argomentato.

2.1 Va innanzitutto esclusa l’accoglibilità dei motivi con cui si censura la scelta pianificatoria operata dall’amministrazione per violazione di legge , eccesso di potere, omessa motivazione, nonché per illegittima omissione di valutazione dei contrapposti interessi in gioco, con riferimento alla peculiarità del caso concreto.

In tema di approvazione dello strumento urbanistico generale la giurisprudenza è pacifica nel senso che le scelte pianificatorie operate dall’Amministrazione costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto, o abnormi illogicità, ovvero da arbitrarietà, irrazionalità o manifesta irragionevolezza, in relazione alle esigenze che si intendono concretamente soddisfare (cfr., tra le tante, da ultimo, Cons. Stato, IV, 26 maggio 2003, n. 2827; 6 maggio 2003, n. 2386; VI, 7 agosto 2003, n. 4568). Esse, inoltre, quando si concentrano nella destinazione di singole aree, non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali di ordine tecnico-discrezionale seguiti nell’impostazione del piano stesso (per tutte, cfr. Cons. Stato, IV, 25 luglio 2001, n. 4077). Le scelte discrezionali effettuate non sono sindacabili, salvo che risultino incoerenti con l’impostazione di fondo dell’intervento pianificatorio o manifestamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio (tra le tante, cfr. Cons. Stato, IV, 14 giugno 2001, n. 3146).

Si sottraggono ai principi di cui sopra, come da Corte Cost. n. 179/1999, solo le particolari situazioni che abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiono meritevoli di specifiche considerazioni, quali l’esistenza di una convenzione di lottizzazione o di una sentenza dichiarativa dell’obbligo di stipulare la convenzione urbanistica, un giudicato di annullamento di diniego di concessione, la decadenza di un vincolo preordinato all’espropriazione (per tutte, cfr. Cons. Stato, IV, 6 maggio 2003, n. 2386; 15 maggio 2003, n. 2827; V, 23 maggio 2000, n. 2982)".

A ben vedere, nessuna di tali situazioni ricorre nella specie dal momento che parte ricorrente ha posto a sostegno della invocata aspettativa la sola destinazione impressa all’area sulla base del previgente strumento urbanistico non rientrante di per sé tra le aspettative giuridicamente qualificate di cui sopra.

2.2 Sotto tale profilo la doglianza non risulta meritevole di giuridico rilievo dal momento che la comparazione tra la destinazione urbanistica dell’area previgente alla modifica del PRG e quella impressa da quest’ultimo, pacificamente, non può fondare alcun vizio di illegittimità.

L’esercizio dello "jus variandi" in sede pianificatoria include il potere di mutare discrezionalmente il regime giuridico-urbanistico dell’area, nel senso di cambiare la sua "vocazione" in senso giuridico.

Argomentando diversamente, ossia sostenendo che la nuova destinazione debba trovare motivazione nella vocazione giuridica precedentemente individuata, indurrebbe a negare il fondamento stesso del potere conformativo che trova espressione nella potestà pianificatoria.(cfr Cons. Stato sez. IV, 16.02.2011, n. 1015).

2.3 Nemmeno può ritenersi sussistente il denunciato contrasto con lo stesso art. 42 della Costituzione invocato dalla difesa di parte ricorrente, dal momento che la norma in questione, prima di statuire che la proprietà privata può essere sottoposta ad esproprio, sancisce il principio della funzione sociale di detta proprietà e dunque ammette che, senza ricorrere alla procedura di esproprio, essa possa essere urbanisticamente conformata, per fini di interesse generale, nell’esercizio degli ampi poteri che la legislazione urbanistica attribuisce agli enti locali.

Per quanto concerne poi il profilo circa la mancata previsione di indennizzabilità dei vincoli asseritamente espropriativi imposti con il piano regolatore impugnato, in disparte la estrema genericità della censura, è da considerare che parte ricorrente non ha nemmeno comprovato la natura effettivamente ablatoria del vincolo medesimo.

Come noto, lo schema ablatorio-espropriativo con le connesse garanzie costituzionali anche in termini di indennizzo riguarda solo i vincoli suscettibili di essere attuati tramite procedura espropriativa ad iniziativa pubblica. Dette garanzie non includono altresì i vincoli che, pur importando una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, e non comportino necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica e quindi siano attuabili anche dal soggetto privato e senza necessità di previa ablazione del bene (cfr C.d.S. sez. IV, 22.06.2011. n. 3797). Si è difatti affermato che: "le destinazioni a parco urbano, a parcheggio e a viabilità non comportano automaticamente l’ablazione dei suoli ed ammettono, anzi, chiaramente la realizzazione, anche da parte di privati in regime di economia di mercato, delle relative attrezzature destinate all’uso pubblico, per escludere che l’imposizione dei relativi vincoli necessitasse della contestuale previsione dell’indennizzo e di una puntuale motivazione sulle ragioni assunte a base della loro reiterazione (cfr., C.d.S. sez. IV 10.07.2007 n. 5059, in fattispecie analoga, C.d.S., sez. IV, 28 febbraio 2995, n.693).

Ciò premesso, sulla base della sola indicazione di destinazione riportata in ricorso, ed in assenza della precisazione da parte della stessa parte ricorrente delle modalità con cui la normativa tecnica di attuazione dello strumento urbanistico impugnato consentiva di realizzare la destinazione medesima non è possibile stabilire a quale categoria sia ascrivibile il vincolo oggetto di contestazione.

Pertanto, anche sotto tale profilo il ricorso è da respingere.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali nei confronti delle parti costituite nella misura di complessive Euro 4.000,00 da suddividersi per metà in favore del Comune e per metà in favore della Provincia di Caserta.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Alessandro Pagano, Consigliere

Renata Emma Ianigro, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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