Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-10-2011) 12-12-2011, n. 45959

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Napoli ha confermato la dichiarazione di colpevolezza di D.F.R. in ordine al reato di cui alla L. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, a lui ascritto per avere effettuato un’attività di gestione di rifiuti pericolosi, costituiti da batterie al piombo esauste, in assenza della prescritta autorizzazione.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali l’appellante aveva dedotto, tra l’altro, che il fatto poteva essere inquadrato nell’ipotesi dell’abbandono occasionale di rifiuti ai sensi della L. n. 22 del 1997, art. 50 e dedotto la prescrizione del reato.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, che la denuncia per vizi di motivazione e violazione di legge.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento il ricorrente denuncia mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza.

In sintesi, si denuncia la illogicità della motivazione della sentenza per non avere inquadrato il fatto nell’ipotesi di cui alla L. n. 22 del 1997, art. 50, dell’abbandono occasionale di rifiuti, che era stata ravvisata dall’amministrazione comunale nel provvedimento con il quale era stato ingiunto all’imputato di rimuovere i rifiuti di cui alla contestazione.

Si deduce inoltre che l’attività di gestione di rifiuti richiede un’organizzazione, anche se rudimentale, di persone e di cose diretta al funzionamento della medesima e che la valutazione dei giudici di merito in ordine alla natura dell’attività posta in essere dal D. F. è esclusivamente fondata sulle dichiarazioni del fratello dell’imputato, che lo aveva denunciato e con il quale non corrono buoni rapporti.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione dell’art. 129 c.p.p. in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato.

Si deduce che il reato di cui alla contestazione è istantaneo ad effetti permanenti e che la commissione dello stesso doveva farsi risalire a circa due anni prima dell’accertamento. Il ricorso è manifestamente infondato.

La sentenza impugnata ha correttamente osservato che l’attività di gestione di rifiuti ha natura permanente quando corrisponde ad una condotta che si protrae nel tempo con una pluralità di fatti commissivi (cfr. sez. 3^, 19.12.2007 n. 6098 del 2008, Sarra e altro, RV 238828; sez. 3^, 21.10.2010 n. 40850, Gramigna e altro, RV 248706); fatti che secondo l’accertamento di merito si sono protratti fino alla data del sopraluogo effettuato dal M.llo dei C.C. in data 8.6.2005. La doglianza relativa alla mancata declaratoria di prescrizione del reato è, pertanto, fondata esclusivamente su una deduzione fattuale, peraltro generica, in contrasto con l’accertamento di merito e, perciò, inammissibile in sede di legittimità.

Quanto all’attività di gestione di rifiuti da parte del D.F. la stessa ha formato oggetto di puntuale accertamento mediante la descrizione della condotta posta in essere dall’imputato, che consisteva nel recuperare il contenuto delle batterie che poi abbandonava sul terreno intorno all’abitazione.

Detta attività rientra univocamente nell’ipotesi tipica della gestione di rifiuti pericolosi (recupero e successivo smaltimento mediante abbandono), mentre a nulla rileva la assenza di caratteristiche imprenditoriali dell’attività, trattandosi di reato che può essere commesso da "chiunque". Infine, non può formare oggetto di contestazione in sede di legittimità l’attendibilità del teste sulla cui deposizione l’accertamento è fondato e che, peraltro, trovava riscontro in quanto riferito dal verbalizzante.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606 c.p.p., u.c. con le conseguenze di legge, tra cui la preclusione per questa Corte della possibilità di rilevare resistenza di cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile ti ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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