Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-10-2011) 12-12-2011, n. 45953

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 31.03.2011 la Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Novara 15.01.2010, riconosciute le circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alle aggravanti e alla recidiva, ha rideterminato in otto anni di reclusione la pena inflitta nel giudizio di primo grado a B.G. quale colpevole dei delitti di cui agli art. 572, 585, 576 e 605 c.p. (maltrattamenti, lesioni personali, sequestro di persona in danno della convivente D.M.) e art. 609 bis c.p., per avere costretto la predetta, dopo averla privata della libertà personale trasportandola in un bosco, a subire, a seguito di minacce gravi, plurimi rapporti sessuali (in una località ignota in un giorno compreso tra l'(OMISSIS)).

La corte territoriale, rilevato che, ex art. 526 c.p.p., non potevano essere utilizzate prove (i documenti allegati all’atto d’appello) diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento (prove che erano, comunque, irrilevanti ai fini della decisione stante la sicura possibilità di decidere allo stato degli atti) confermava l’affermazione di responsabilità ritenendo credibile la persona offesa le cui dichiarazioni erano intrinsecamente attendibili per coerenza, precisione, persistenza e riscontrate da apporti esterni ed escludeva che il ridimensionamento delle accuse di violenza sessuale, per inadeguatezza dei riferimenti fattuali, potessero inficiare la credibilità della persona offesa.

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando mancanza e illogicità della motivazione sulla negata rinnovazione dibattimentale e sulla conferma dell’affermazione di responsabilità per il reato di violenza sessuale di cui al capo 4 dell’imputazione.

Prima della denuncia nei suoi confronti per episodi di violenza sessuale, effettuata al PM in data 28.11.2007, la D. aveva proposto contro di lui sette denunce-querele senza accennare agli abusi e il 23.10.2007, richiesta dal PM, aveva escluso di essere stata violentata dal convivente.

Andavano, quindi, acquisite agli atti le denunce e le dichiarazioni della D. che, per l’inerzia del precedente difensore, non erano state prodotte nel giudizio di primo grado.

L’acquisizione era assolutamente necessaria per dimostrare l’inattendibilità della persona offesa conseguente dalla tardiva dilatazione del tema accusatorio.

Inoltre, la credibilità della D. era fortemente incrinata:

– dal fatto che su oltre trenta episodi di violenza sessuale contestati egli era stato condannato per un solo episodio sebbene l’accusa non fosse sorretta da alcun riscontro esterno;

– dall’avere la D. indicato in maniera contraddittoria il tempus commissi delicti, specificato in un giorno compreso tra l'(OMISSIS). Essa, infatti, in dibattimento aveva collocato il fatto nell’anno (OMISSIS) quando era stata ferita al naso dal B.. Era, inoltre, inverosimile che egli avesse potuto agire mentre era agli arresti domiciliari (dal 15.11.2006 a casa della sorella e dal 12.1.2007 in casa della D.), senza contare che era impensabile che la coppia avesse trascorso serenamente le vacanze natalizie in Sicilia presso i parenti del B. dopo l’episodio di violenza.

Ne conseguiva o 1) l’intervenuta condanna per un fatto diverso (quanto al tempus) da quello contestato ovvero 2) l’inattendibilità della D. perchè è illogico ritenere che, dopo la brutale violenza subita, ella avesse seguito il convivente a (OMISSIS) per trascorrervi le vacanze natalizie e, successivamente, lo avesse ospitato in casa mentre era agli arresti domiciliari.

Asseriva, ancora il ricorrente che i riscontri obiettivi segnalati in sentenza non erano tali perchè la teste L.R. aveva riferito della violenza consumata nel bosco dopo un anno dai fatti in coincidenza dell’ultima denuncia dell’amica, mentre il teste M. V. era stato molto circospetto nell’ammettere di avere ricevuto la confidenza della donna.

Col secondo motivo di gravame B. reiterava l’eccezione di nullità della sentenza per difetto di correlazione, quanto al tempus commissi delicti, tra accusa e sentenza.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Il ricorso, che non investe l’affermazione di responsabilità del delitto di cui all’art. 572 c.p., deve essere dichiarato inammissibile perchè articola censure di ordine meramente fattuale, improponibili in sede di legittimità.

L’imputato, infatti, enuncia una diversa ricostruzione dei fatti segnalando alcuni elementi che sono stati congruamente valutati dai giudici di merito i quali hanno adottato una decisione che non presenta alcuna lacuna motivazionale nè cadute logiche specie sull’accordata attendibilità alle dichiarazioni della persona offesa sia sotto il profilo della coerenza interna sia sui riscontri accertati.

In particolare, i predetti hanno accertato che la persona offesa, convivente dell’imputato, dal quale era maltrattata, "nell’ (OMISSIS)" (così come contestato) è stata trasportata dal B. in una località a lei ignota e ivi sottoposta a tre rapporti sessuali sotto la minaccia di una bottiglia rotta puntata verso il collo ed è stata privata della libertà oltre il tempo occorso per consumare gli abusi.

La narrazione del fatto è stata ritenuta lineare, coerente, dettagliata, perfettamente inserita nel sistema di vita vessatorio imposta alla vittima, sicchè corretta è la conferma dell’affermazione di responsabilità stante anche la sussistenza di riscontri costituiti dalle deposizioni di due testi cui la donna confidò il fatto.

Muovendo da tali dati probatori palesemente inconsistente sono tutti rilievi difensivi basati di giudizi d’inverosimiglianza e sulla distorsione delle acquisizioni processuali stante che:

– la tardiva denuncia delle violenze sessuali era perfettamente compatibile col regime di brutale sopraffazione imposto alla donna indottasi alle nuove rivelazioni, celate all’evidenza per timore, per l’incalzare delle sofferenze a lei inferte;

– l’attendibilità delle dichiarazioni d’accusa si limita alle sole parti che siano state oggetto di positiva verifica, sicchè non può inferirsi dalla provata inattendibilità di un singolo elemento la sua automatica comunicabilità all’intero racconto perchè ogni parte di questo deve essere oggetto di verifica. Pertanto l’irrilevanza probatoria si limita alle parti non comprovate, con esclusione di reciproche interferenze totalizzanti. Ne consegue l’incensurabilità della decisione impugnata, che, contrariamente al dedotto, ha escluso gli altri abusi sessuali, non già per l’insussistenza del fatto, ma per l’inadeguatezza dei riferimenti fattuali, sicchè non è intaccata l’attendibilità della persona offesa alla stregua di un ragionamento logico e coerente basato su concreti dati di fatto e sui riscontri in precedenza specificati;

– la rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello ha carattere eccezionale vigendo la presunzione che l’indagine probatoria abbia raggiunto la sua completezza nel dibattimento già svoltosi. La rinnovazione va disposta quando il Giudice ritenga, nell’ambito della sua discrezionalità, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti ( art. 603 c.p.p., comma 1).

Dovendo la motivazione della sentenza di merito trattare solo le prove controverse e decisive, è decisiva la prova che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza perchè ne intacca la sua struttura portante. Pertanto, il riferimento a specifici incombenti probatori nel motivo di ricorso assume rilevanza solo se dimostri che il giudice abbia trascurato di disporli pur essendo decisivi ai fini del giudizio, nel senso che se fossero stati espletati avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata. Diverso è il caso previsto dal citato art. 603 c.p.p., comma 2, che dispone che "se le nuove prove sono sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall’art. 495 c.p.p., comma 1", norma che richiama l’art. 190 c.p.p., comma 1, e l’art. 190 bis c.p.p. relativi, rispettivamente, al diritto alla prova e ai requisiti della prova nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell’art. 51 c.p., comma 3 bis. In conseguenza di tale doppio richiamo, deve ritenersi che – nel caso previsto dall’art. 603 c.p.p., comma 2 – il giudice è tenuto a disporre la rinnovazione del dibattimento, ma con il limite costituito dalle ipotesi di richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti (Cassazione Sezione IH n. 8382/2008 RV. 239341). Nel caso di specie è stata richiesta l’acquisizione delle denunce e delle dichiarazioni fatte dalla persona offesa a sostegno dell’asserita tardività dell’ultima denuncia, sicchè la Corte ha correttamente motivato nel disattendere la richiesta risolvendosi l’incombente richiesto in un’inutile acquisizione processuale inidonea, per la sua manifesta superfluità alla stregua di quanto ritenuto in precedenza sul punto, a superare il ricostruito quadro probatorio;

– la corte territoriale ha puntualizzato che il fatto sanzionato è stato commesso nella data indicata nell’imputazione come confermato dalla persona offesa in dibattimento all’udienza del 24.11.2009 (cfr. f. 30 del verbale d’udienza) ritenendo insussistente la dedotta mutatio libelli.

In conclusione, non è ravvisabile il dedotto vizio di motivazione poichè questo sussiste, secondo la giurisprudenza pacifica di questa Corte, allorquando l’iter argomentativo che ha condotto alla decisione si dimostri incompleto, avulso dalle risultanze di causa, privo del necessario rigore, non già quando il giudice ha valutato gli elementi probatori in difformità alla ricostruzione dei fatti proposta dalla parte, alla quale non è consentito trasformare in maniera surrettizia il controllo di legittimità sul provvedimento impugnato in un giudizio di merito.

Grava sull’imputato l’onere delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende che si reputa equo stabilire in Euro 1.000.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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