Cass. civ. Sez. V, Sent., 28-06-2012, n. 10820 Tassa occupazione suolo pubblico

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 23/27/07, depositata il 20.2.2007, la CTR del Lazio, giudicando sulle contrapposte impugnazioni proposte dalla MG Adverting S.r.l. e dal Comune di Roma, avverso diversi avvisi d’accertamento relativi alla TOSAP per l’anno 1997, ha accolto l’appello del Comune e rigettato quello della Società, considerando che: 1) gli impianti relativi ai c.d. "striscioni" pubblicitari non erano esclusi dalla tassazione, ma disciplinati dal D.Lgs. n. 597 del 1993, artt. 38 e 42; 2) trattandosi di cartelloni pubblicitari non assentiti da provvedimenti concessori, non erano applicabili i benefici di cui alla Delib. CC Roma n. 86 del 1999; 3) la tassa andava determinata in riferimento alla superficie occupata risultante dalla proiezione dell’impianto, ai sensi dell’art. 42, comma 4 e della Delib. CC Roma n. 220 del 1994; 4) il tempo dell’occupazione andava determinato a decorrere dalla data del verbale di accertamento; 5) il disconoscimento della proprietà degli impianti, l’erronea determinazione dell’imposta ed il pagamento dell’imposta stessa erano state genericamente dedotte dalla contribuente e non erano state provate; 6) la contribuente non aveva depositato le sentenze passate in giudicato, asseritamente a lei favorevoli, limitandosi ad indicarle genericamente.

La Società MG Adverting S.r.l. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, in base a dieci motivi. Il Comune di Roma ha resistito con controricorso. Depositata la relazione ex art. 380 bis c.p.c., la causa è stata rinviata a nuovo ruolo, su istanza congiunta delle parti, per la definizione della conciliazione giudiziale. La Società ha, infine, depositato memoria ex art. 378 c.p.c., con allegata documentazione.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente, va rilevata l’inammissibilità del deposito dei documenti allegati alla memoria: non solo, infatti, non risultano osservate le forme prescritte dall’art. 372 c.p.c., comma 2 (ed il Comune non è intervenuto in udienza, cfr., in proposito, Cass. SU n. 450 del 2000, n. 529 del 2003; n. 14657del 2009), ma i documenti non valgono, neppure in tesi, a dimostrare la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso per l’intervenuto perfezionamento della procedura di definizione agevolata, trattandosi delle domande di definizione della lite pendente e di alcuni versamenti, sui quali l’Ufficio non ha tuttavia deliberato, come riferisce la stessa ricorrente; nè tale carenza può esser supplita in questa sede, dovendo la veridicità dei dati in esse assunti e la correttezza dei versamenti effettuati esser valutate, in base alla Delib. CC Roma n. 31 del 2009, art. 7, dai "competenti Uffici dell’Amministrazione Comunale" e dovendo il buon esito della procedura constare, giusta il disposto del precedente art. 5, da un atto di rinuncia alla prosecuzione del giudizio, debitamente sottoscritto dalla controparte, per accettazione della richiesta di compensazione delle spese, e, cioè, mediante la presentazione di un atto proveniente dalle parti a ciò legittimate.

2. Col primo motivo, la ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 11 e 12, deducendo che il dirigente del Servizio Affissioni e Pubblicità del Comune non aveva nè il potere di rappresentare l’ente locale; nè di proporre l’appello. A conclusione, la ricorrente sottopone il seguente quesito: "E’ inammissibile per carenza di potere del dirigente del Comune di Roma del Servizio Affissioni e Pubblicità nel rappresentare l’ente locale la costituzione in giudizio e la proposizione dell’appello per conto del Comune a nome e firma di detto dirigente?". 2.1. Il motivo è inammissibile. La sentenza non tratta affatto della questione della legittimazione processuale del dirigente, sicchè la ricorrente avrebbe dovuto o sostenere di averla sollevata a tempo debito, e dunque denunciare l’omessa pronuncia del giudice di merito, riproducendo, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, le parti rilevanti degli atti processuali relativi alla questione stessa, oppure riconoscere che il motivo è nuovo. Insomma, o per difetto di autosufficienza o per novità, il motivo è comunque inammissibile.

3. Col secondo motivo, la ricorrente denuncia vizio di motivazione e violazione falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, per non esser stata depositata, presso la CTP, la ricevuta di presentazione del gravame, formulando il seguente quesito: "E’ inammissibile l’appello proposto dal Comune avverso la sentenza di primo grado per omessa allegazione della ricevuta di presentazione dell’atto di appello alla Commissione Tributaria Provinciale emittente la sentenza gravata?". 3.1. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, non avendo la ricorrente specificato, in seno al ricorso, che l’appello non era stato notificato a mezzo dell’Ufficiale giudiziario, id est il presupposto dell’adempimento asseritamente pretermesso. Al riguardo, va precisato che il potere – dovere della Corte di Cassazione di procedere all’esame diretto degli atti di causa quando sia denunciato, come nella specie, un error in procedendo, presuppone, comunque, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il "fatto processuale" di cui richiede il riesame e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Cass. n. 1170 del 2004). E ciò, in ossequio al principio di autosufficienza, secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere tutti gli elementi atti a consentire una cognizione chiara e completa sia dei fatti di causa che delle vicende processuali, senza che sia necessario accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (Cass. n. 2831 del 2009).

4. Col terzo motivo, la ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione e/o falsa applicazione delle norme di cui alla Delib. CC n. 86 del 1999, della L. n. 127 del 1997, art. 17 e della L. n. 448 del 1998, art. 31, avendo il Comune disposto, a decorrere dal 1994, data di entrata in vigore della COSAP, l’esonero dalla TOSAP in favore di tutti gli operatori, a prescindere dall’esistenza di un titolo concessorio. Siffatto accertamento, prosegue la ricorrente, era, peraltro, contenuto nella sentenza 205/57/00, resa inter partes dalla CTP di Roma e passata in giudicato. La ricorrente formula, in conclusione, i seguenti quesiti: a) "Le disposizioni del DCC 86/99 che hanno recepito la L. n. 127 del 1997, art. 17 e della L. n. 448 del 1998, art. 31, abrogando la TOSAP con decorrenza dal 1994 rende la pretesa comunale di pagamento TOSAP per il 1997 nulla e illegittima? b) La violazione del giudicato esterno formatosi sull’intervenuta abrogazione della TOSAP con decorrenza dal 1994 ad opera della DCC 86/99 ed alla sua applicazione ad identica fattispecie ossia impianti pubblicitari definiti non regolari dal Comune rende nulla e illegittima la sentenza gravata che afferma, al contrario, l’inapplicabilità alla fattispecie della delibera regolamentare?" 5. Con il motivo sette bis (secondo dei due motivi numerati sub 7), la ricorrente lamenta, nuovamente, il vizio di motivazione in cui è incorsa la CTR nel non uniformarsi all’accertamento contenuto nella citata sentenza n. 205 del 2000 della CTP di Roma, che era stata allegata "alla memoria illustrativa di secondo grado". 6. I motivi, che vanno congiuntamente esaminati, per la parziale identità delle questioni sollevate, vanno rigettati.

6.1. Al quesito sub 4,b) -oggetto pure del motivo 7 bis- va data risposta negativa: l’invocato giudicato -i cui passi rilevanti, ai fini qui in esame, sono stati trascritti nel ricorso- ha, bensì, ritenuto sussistente l’esonero dal tributo per effetto della Delib.

Consiglio Comunale n. 86 del 1999, ma nell’ambito di una controversia in cui veniva in rilievo una pubblicità effettuata mediante autorizzazione, la n. 3391, dell’apposito Servizio Comunale (così a pag. 17 del ricorso). Nel caso in esame, invece, come si legge nell’impugnata sentenza, si dibatte di cartelli pubblicitari esposti sine titulo, e per tale ragione la CTR ha, appunto, ritenuto inapplicabile la Delib. Consiglio Comunale n. 86 del 1999: la diversità dei presupposti di fatto dei due giudizi esclude, insomma, che la soluzione delle questioni di diritto, adottata per quel caso, possa spiegare efficacia nel presente giudizio, in quanto l’art. 2909 c.c. presuppone, al contrario, l’identità degli elementi costitutivi dei due giudizi. 6.2. La censura compendiata con il quesito formulato al punto 4.a) è, del pari, infondata. Questa Corte ha condivisibilmente affermato (Cass. n. 27000 del 2007; n. 18145 del 2009) che la L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 63, nel prevedere che "il consiglio comunale può determinare le agevolazioni, sino alla completa esenzione del pagamento della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, per le superfici e gli spazi gravati da canoni concessori non ricognitori", dispone non solo che i Comuni non possono ridurre la tassa o disporre l’esenzione dalla tassa per quei contribuenti che occupino spazi pubblici gravati da canoni ricognitori, ma, anche, che l’agevolazione può essere attribuita solo per aree gravate da canone concessorio, con la conseguenza che gli operatori, che hanno installato impianti pubblicitari su aree pubbliche senza alcun titolo, non sono destinatati nè della norma agevolativa, nè, per l’effetto, dei provvedimenti che siano stati adottati dai Comuni per la sua attuazione.

7. Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta vizio di motivazione e violazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 42 e 44, sottoponendo alla Corte il seguente quesito: "E’ illegittima la richiesta della TOSAP commisurata dal Comune in mq. 18 ossia conteggiata sulla complessiva superficie espositiva dell’impianto pubblicitario anzichè, ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 42 e 44, in relazione alla superficie di suolo occupata ossia in mq. 1?" 7.1. Il motivo è inammissibile. La ricorrente non precisa quali elementi probatori documenterebbero che la proiezione dell’impianto è inferiore rispetto a quella considerata negli atti impositivi, nè quando sarebbe avvenuta la relativa produzione. Poichè tutto ciò non è stato specificato, il motivo viola il principio di autosufficienza del ricorso, secondo quanto sopra rilevato al punto 3.1. 7.2. Il dedotto vizio di motivazione non è corredato del momento di sintesi, in violazione dell’art. 366-bis c.p.c..

8. Col quinto motivo, deducendo difetto e contraddittorietà della motivazione, nonchè violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 8 e 44, la ricorrente lamenta che è stato richiesto il pagamento della tassa dalla data di elevazione del verbale alla fine dell’anno solare, in assenza di attività d’accertamento ed in violazione del principio della riserva di legge.

In conclusione, si sottopone il seguente quesito: "E’ illegittima la richiesta della TOSAP temporanea conteggiata in carenza di accertamento circa la permanenza dell’occupazione al 31.12.1997".

8.1. Il motivo è inammissibile, perchè generico e privo dell’indicazione, sia nel corpo del motivo, che nel quesito che lo conclude, delle date dell’accertamento e dell’impianto, restando, così, preclusa alla Corte la possibilità di stabilire se il conteggio della durata dell’occupazione sia, o meno, illegittimo.

9. Col sesto motivo, deducendo vizio di motivazione e violazione del giudicato esterno, la ricorrente lamenta che la CTR non ha tenuto conto delle somme versate, di cui aveva prodotto la relativa documentazione, depositata "in atti fin dal primo grado", formulando il seguente quesito: "L’omessa motivazione pronuncia sull’eccezione di pagamento, comprovata documentalmente dalla ricorrente, rende illegittima la sentenza gravata?". 9.1. Anche questo motivo è inammissibile. La CTR ha affermato che l’intervenuto "pagamento delle somme a titolo di TOSAP per il 1997" non era suffragato "da alcuna prova", ed a fronte di tale accertamento, la ricorrente non specifica affatto quali documenti non sarebbero stati, erroneamente, valutati dal giudice del merito, nè, ancora, ne riproduce il contenuto, come avrebbe dovuto in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, e per consentire alla Corte di valutare la decisività della prova non esaminata, tenuto conto che il vizio di motivazione per omesso esame di prove può comportare la cassazione della sentenza solo nel caso in cui abbia determinato l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e, quindi, solo quando la prova non valutata (o non ammessa) sia idonea a dimostrare circostanze tali da privare di fondamento la ratio decidendi (Cass. n. 11457 del 2007). 9.2. Il riferimento, contenuto nella rubrica del motivo, alla contraddittorietà con un precedente giudicato non risulta, poi, sviluppato nel corpo del motivo stesso nè nel quesito.

10. Col settimo motivo, la ricorrente deduce "difetto e contraddittorietà di motivazione", per avere la sentenza impugnata ritenuto non provata la propria carenza di legittimazione passiva in relazione alle richieste di pagamento relative ai c.d. striscioni. La ricorrente sostiene, al riguardo, che, con sentenza n. 97/35/01, passata in giudicato, era stata accertata la non debenza dell’imposta di pubblicità per tali striscioni, in relazione al medesimo anno, con conseguente dovere, da parte della CTR, di uniformarsi al giudicato. A conclusione, la Società formula il seguente quesito:

"L’omessa motivazione e pronuncia sull’eccezione di carenza di legittimazione passiva in ordine al tributo richiesto a fronte della presunta installazione degli striscioni rendono illegittima la sentenza gravata?" 10.1. Il motivo è inammissibile. Il quesito -con cui si deduce un’omessa motivazione ed un’omessa pronuncia- non è, infatti, coerente col tenore del motivo, che lamenta l’erronea valutazione del compendio probatorio e la violazione del giudicato.

Il profilo della contraddittorietà della motivazione non è, poi, in alcun modo esplicitato, e non supera la soglia dell’ammissibilità.

10.2. Ad abundantiam, va rilevato che l’invocato giudicato non può spiegare efficacia in questo giudizio perchè relativo, secondo i dati trascritti nel ricorso, a diverso rapporto tributario (trattandosi di avvisi d’accertamento a titolo d’imposta di pubblicità, per di più riferiti a "striscioni" esposti in modo abusivo; nelle "vie o piazze indicate nei singoli atti" oggetto di quella impugnazione).

11. Con l’ottavo motivo, la ricorrente deduce vizio di motivazione, per non avere la sentenza pronunciato in merito alle censure relative "all’erroneità dell’applicazione delle soprattasse comminate per omessa denuncia pari al 100% dell’imposta accertata e la sanzione per omesso versamento, pari al 20% della somma accertata", nonostante avesse provveduto "come documentato in atti" a presentare la dichiarazione e ad effettuare, tempestivamente, il versamento. 11.1.

Anche questo motivo è inammissibile. Posto che con esso si deduce un’omessa pronuncia, e cioè un difetto di attività del giudice di secondo grado, il vizio avrebbe dovuto esser fatto valere dal ricorrente attraverso la specifica deduzione del relativo "error in procedendo" e della violazione dell’art. 112 c.p.c. (cfr. Cass. n. 11844 del 2006; n. 24856 del 2006; n. 12952 del 2007, ord. n. 11142 del 2011) e non con la denuncia del vizio di motivazione, in quanto siffatta censura presuppone che il giudice del merito abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza senza giustificare o non giustificando adeguatamente la decisione al riguardo resa. 11.2 Inoltre, il motivo non è corredato da quesito di sorta, con ulteriore profilo d’inammissibilità.

12. Con il nono motivo, la ricorrente deduce vizio di motivazione nonchè violazione dell’art. 2697 c.c., affermando che il Comune, quale attore sostanziale, aveva l’onere di indicare i presupposti sui quali fondava la propria pretesa tributaria, mentre si era limitato a recepire acriticamente quanto risultante nel verbale di accertamento redatto dalla Polizia Municipale, senza tener conto delle censure, da lei formulate in sede amministrativa. In conclusione la ricorrente formula il seguente quesito: "L’omessa valutazione della mancata dimostrazione da parte del Comune del fondamento della propria pretesa rende la sentenza gravata illegittima?". 12.1. Il motivo è inammissibile: poichè la sentenza non tratta affatto della questione, valgono qui le considerazioni svolte al punto 2.1.;

dovendo, peraltro, rilevarsi l’inidoneità del quesito formulato, in sè criptico, ad illustrare la dedotta violazione di legge, e la mancata esposizione del momento di sintesi, in relazione al vizio motivazionale dedotto.

Il ricorso va, in conclusione rigettato. La Corte ravvisa giusti motivi, in considerazione della natura della lite e della peculiarità della fattispecie, per compensare, tra le parti, le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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