T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 12-01-2012, n. 290

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

I ricorrenti, premessa la loro qualità di ufficiali e sottufficiali dell’Esercito, Aeronautica o Marina e dell’Arma dei Carabinieri, espongono che in base all’art. 10 della L. n. 231 del 1990 sono obbligati ad un orario di servizio di trentasei ore settimanali. La medesima disposizione prevede, altresì, che in aggiunta alle trentasei ore, il personale militare "è tenuto a prestare ulteriori due ore settimanali obbligatorie retribuite ai sensi dell’art. 5, c. 1 del D.P.R. 10/4/1987, n. 150".

All’atto della cessazione dal servizio, l’amministrazione ha negato ad essi il computo del compenso relativo alle due ore settimanali di servizio nella indennità di buonuscita respingendo le relative istanza in tal senso avanzate. Da cui, l’odierno ricorso mediante il quale si deduce un unico, articolato motivo di gravame per violazione dell’art. 38, D.P.R. n. 1032 del 1973; degli artt. 9 e 10, L. n. 231 del 1990; dell’art. 5, D.P.R. n. 157 del 1987; dell’art. 2041 cod. civ.; degli artt. 36 e 97 Costituzione nonché eccesso di potere.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero della Difesa e del Tesoro nonché l’INPDAP, quest’ultima depositando controdeduzioni con le quali, oltre a resistere al gravame, eccepisce la prescrizione quinquennale dei diritti di credito nei confronti dei ricorrenti D.L.A., P.D., P.F. e F.C. risalendo i rispettivi atti di cessazione dal servizio in epoca anteriore al quinquennio che precede la notifica del ricorso giurisdizionale.

Consta in atti il deposito di nuova istanza di fissazione udienza a firma congiunta del difensore e dei ricorrenti Ciccozzi e Miolo (che si sono onerati di presentare detta istanza successivamente alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 104 del 2010 ed entro i sei mesi successivi).

All’udienza del 16 novembre 2011, il difensore dei ricorrenti ha dichiarato la persistenza dell’interesse anche dei restanti ricorrenti, e comunque di tutti, alla coltivazione del ricorso.

Alla stessa udienza, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Si può prescindere dall’esame della eccezione di prescrizione del diritto di credito attesa l’infondatezza del ricorso.

I ricorrenti muovono dalla premessa in diritto che gli emolumenti da essi percepiti a titolo di corrispettivo per il servizio prestato ai sensi dell’art. 10 della L. n. 231 del 1990 devono essere computati nel calcolo della indennità di buonuscita, atteso il carattere di emolumento fisso e continuativo del compenso in questione.

Il Collegio reputa infondata la pretesa creditoria.

In proposito sembra opportuno preliminarmente rammentare che una ricostruzione dell’istituto è stata a suo tempo effettuata dalla Commissione speciale per il pubblico impiego del Consiglio di Stato (parere n. 402 del 23 maggio 1993) che ha chiarito come l’obbligo imposto al personale militare, di prestare due ore settimanali di attività oltre all’orario normale, si pone in correlazione con l’esigenza organizzativa dell’ordinamento militare di conciliare la riduzione dell’orario settimanale delle prestazioni del personale con l’esigenza delle turnazioni specifiche del servizio, conferendosi alla prestazione eccedente la connotazione di attività aggiuntiva rispetto a quella ordinaria, come espressamente stabilito dal citato articolo 63, terzo comma, della L. n. 121 del 1981.

Ciò posto, il Collegio ritiene condivisibile la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 28 ottobre 2003, n. 6671; Sez. VI, 17 febbraio 2003, n. 842; T.A.R. Toscana, Sez. I, 6 giugno 2005, n. 2718) secondo cui il compenso delle ore aggiuntive per il detto lavoro straordinario deve essere escluso dal computo della indennità di buonuscita dovute ai militari in servizio, non ostando a tale conclusione la obbligatorietà (propria di ogni prestazione straordinaria richiesta al personale militare), né la predeterminazione per legge dell’entità del compenso, atteso che tali elementi non hanno altro ruolo che quello di una preventiva autorizzazione alla fruizione, da parte dell’Amministrazione militare, di due ore settimanali di attività straordinaria per le categorie contemplate dalla norma (in termini, C.d.s. sez. IV, 6 marzo 2006, n. 110).

La predeterminazione dell’entità del compenso non significa – come chiarito dal massimo consesso di giustizia amministrativa – la fissità dello stesso, in quanto deve rimanere fermo il criterio generale per la determinazione della misura in concreto dovuta, a seconda che la prestazione avvenga in orario diurno, notturno o in giornata festiva.

Sempre la giurisprudenza amministrativa ha anche escluso sospetti di illegittimità costituzionale della norma in commento (con riferimento agli articoli 36 e 97 della Costituzione) ove si consideri che alla natura straordinaria della prestazione corrisponde la straordinarietà del criterio di determinazione del compenso, il cui ammontare risulta largamente remunerativo del sacrificio imposto, a parità di prestazioni del medesimo tipo eventualmente rese nell’orario ordinario.

Più in particolare, ai fini della non computabilità degli emolumenti in questione nella indennità di buonuscita è stato chiarito che l’elenco delle voci retributive da includere nella base contributiva per l’indennità in parola, ai sensi dell’articolo 38 del testo unico 29 dicembre 1973, n. 1032, ha carattere tassativo, come evidenziato dalla giurisprudenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di stato (cfr. decisione 17 settembre 1996, n. 19).

Va soggiunto, per completezza, che se questo era il quadro normativo relativo al periodo antecedente alla data del 31 dicembre 1995, nel periodo successivo, ovvero da tale data, in base all’articolo 37, comma 4, del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395, è stata incrementata l’indennità mensile professionale dell’importo inerente al compenso per prestazione di lavoro straordinario obbligatorio e le prestazioni medesime non sono più compensate a parte, in quanto conglobate nell’indennità mensile pensionabile.

La sopravvenienza di tale norma innovativa riconferma la inapplicabilità di disposizioni analoghe alla norma stessa per le situazioni pregresse.

I ricorrenti hanno chiesto, in via subordinata, la condanna dell’intimata amministrazione al pagamento dell’indennizzo a titolo di ingiustificato arricchimento (art. 2041 cod.civ.).

Anche questa pretesa è infondata.

E’ in configurabile, nella fattispecie, l’azione di indebito arricchimento prevista dall’art. 2041, cod.. civ. perché l’actio de in rem verso postula, quale indefettibile presupposto, un’effettiva diminuzione patrimoniale sofferta in conseguenza dei fatti dedotti a sostegno della pretesa mentre nel caso in esame i lavoratori non hanno sopportato alcun depauperamento che li legittimi all’esercizio dell’azione di arricchimento.

In conclusione, il ricorso va respinto siccome infondata la pretesa avanzata dai ricorrenti.

Nel peculiare andamento del processo ed alla luce delle questioni dedotte in gravame, tenuto anche conto delle oscillazioni della giurisprudenza all’epoca della proposizione del ricorso, il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti costituite le spese di giudizio.

Nulla si dispone nei confronti dell’ENPAS non costituitosi in giudizio

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Spese compensate tra le parti costituite.

Nulla spese nei confronti dell’ENPAS..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giancarlo Luttazi, Presidente FF

Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere

Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *