T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 12-01-2012, n. 281 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società Smmart Post presentava il 23-3-2009 domanda di qualificazione per l’iscrizione all’albo dei fornitori dell’ ARIN, Azienda risorse idriche di Napoli S.p.a.. Partecipava altresì, in data 30-11-2009, alla gara per l’affidamento del servizio stampa, imbustamento e spedizione dei solleciti di pagamento indetta dall’ARIN.

In entrambe le procedure dichiarava di non aver riportato condanne di cui all’art 38 lettera c) del D.Lgs. n. 163 del 2006. A seguito dell’espletamento della procedura della gara per l’affidamento del servizio stampa, imbustamento e spedizione dei solleciti di pagamento risultava aggiudicataria provvisoria. Pertanto veniva sottoposta a verifica dei requisiti, dalla quale emergevano nel certificato del casellario tre decreti penali, di cui due per reati depenalizzati, ma anche una sentenza della Corte d’appello di Palermo per il delitto di ricettazione. Pertanto l’Arin annullava l’aggiudicazione provvisoria, negava l’iscrizione all’albo dei fornitori e trasmetteva le relative comunicazioni all’Autorità di Vigilanza, la quale a seguito di procedimento in contraddittorio con la società, disponeva l’annotazione nel casellario informatico e la sanzione pecuniaria pari a mille Euro, in relazione alla sussistenza delle false dichiarazioni.

Avverso tali provvedimenti è stato proposto il presente ricorso per i seguenti motivi:

violazione e falsa applicazione dell’ art. 38 lettera del D.Lgs. n. 163 del 12 aprile 2006;

eccesso di potere per difetto dei presupposti;illogicità, irragionevolezza, difetto di istruttoria e di motivazione.

Alla camera di consiglio del 15-7-2011 è stata respinta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.

All’udienza del 7-12-2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

I provvedimenti impugnati sono basati sull’esistenza di vari precedenti penali a carico del legale rappresentante della società Smmart Post, non dichiarati sia nella domanda presentata per la iscrizione all’albo dei fornitori sia in sede di domanda di partecipazione alla gara per il servizio relativo ai solleciti di pagamento resa qualche mese dopo.

Inoltre, a prescindere dalla rilevanza dalla falsa dichiarazione, della quale, peraltro, non si può dubitare nel caso di specie, considerando anche la reiterazione della medesima, ritiene il Collegio legittimo il provvedimento dell’Autorità che ha considerato dovuta tale dichiarazione in presenza di un reato, in particolare quello di ricettazione di cui alla sentenza di condanna della Corte d’Appello di Palermo, chiaramente incidente sulla moralità professionale.

L’art 38 del D.Lgs. n. 163 del 2006 prevede che non possano partecipare alle gare coloro nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale.

Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, le valutazioni in ordine alla gravità delle condanne riportate dai concorrenti e alla loro incidenza sulla moralità professionale spettano alla stazione appaltante e non al concorrente medesimo, il quale è pertanto tenuto a indicare tutte le condanne riportate, non potendo operare a monte alcun filtro e omettendo la dichiarazione di alcune di esse sulla base di una selezione compiuta secondo criteri personali.

L’omissione, o la non veridicità, della dichiarazione in ordine al possesso dei requisiti necessari per la partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti pubblici, e specificamente di non trovarsi nella causa di esclusione prevista dall’art. 38 D.Lgs. n. 163, come prescritto dal disciplinare nella fattispecie in esame, rileva infatti, non solo in quanto non consente alla stazione appaltante una completa valutazione dell’affidabilità del concorrente, ma anche, e soprattutto, in quanto interrompe il nesso fiduciario che necessariamente deve presiedere ai rapporti tra p.a. e soggetto aggiudicatario del contratto posto in gara (Consiglio Stato , sez. VI, 03 febbraio 2011 , n. 782).

La mancata dichiarazione dell’esistenza di condanne penali costituisce una circostanza che assume valore autonomo idonea ad incidere sulla moralità professionale del soggetto a prescindere da ogni valutazione circa la rilevanza del reato non dichiarato; rimane esclusa invero la possibilità che sia la stessa concorrente a sindacare l’incidenza effettiva del reato compiuto sulla propria moralità professionale, incombendo su di essa l’onere di dichiarare alla stazione appaltante tutte le condanne subite dai suoi legali rappresentanti (Consiglio Stato , sez. III, 11 febbraio 2010 , n. 485).

La sezione ha seguito un recente orientamento sostanzialista del Consiglio di Stato, per cui si deve far riferimento alla effettiva mancanza dei requisiti. L’art. 38 comma 1, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 ricollega l’esclusione dalla gara pubblica al dato sostanziale del mancato possesso dei requisiti indicati nel bando, mentre il comma 2 non prevede analoga sanzione per l’ipotesi di mancata o non perspicua dichiarazione (Consiglio Stato , sez. V, 24 marzo 2011 , n. 1795).

Nel caso di specie, peraltro, i reati, che non sono stati dichiarati, incidono sulla moralità professionale, come espressamente valutato anche nel provvedimento dell’Autorità di Vigilanza.

Nel certificato penale del legale rappresentante della società Smmart Post, sig. Terranova, risultano, infatti, due decreti penali per emissione di assegni a vuoto, reato successivamente depenalizzato, ma comunque non espressamente dichiarato, ma anche una sentenza di condanna per il reato di ricettazione.

A prescindere dalla rilevanza del reato successivamente depenalizzato rispetto alla disciplina dell’art 38, ritiene il Collegio che il delitto di ricettazione integri la fattispecie di reato incidente sulla moralità professionale, sia per la gravità edittale dello stesso sia per le modalità concrete di commissione, che, pur non particolarmente gravi, denotano una scorrettezza nei rapporti sociali in genere e contrattuali in particolare, avendo il Terranova adoperato un componente di provenienza illecita per porre il costo delle telefonate effettuate con il proprio apparecchio di telefonia mobile a carico di altri utenti.

E’, invece, irrilevante in questa sede l’affermazione della difesa ricorrente circa la mancata conoscenza da parte del Terranova dell’avvenuta modifica del telefono con il componente di provenienza illecita, essendo passata in giudicato la condanna per il delitto di ricettazione per tale fatto.

L’art. 38 D.Lgs. n. 163 del 2006, che dispone l’esclusione dalla gara per l’affidamento di appalti pubblici del soggetto nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile, oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale va letta come presidio dell’interesse dell’Amministrazione di non contrarre obbligazioni con soggetti che non garantiscano adeguata moralità professionale; condizioni perché l’esclusione consegua alla condanna sono la gravità del reato, e il riflesso dello stesso sulla moralità professionale. La gravità del reato deve, quindi, essere valutata in relazione a quest’ultimo elemento, ed il contenuto del contratto oggetto della gara assume allora importanza fondamentale al fine di apprezzare il grado di "moralità professionale" del singolo concorrente. Di conseguenza, è irrilevante il tentativo di dimostrare la non gravità del reato sanzionato in sede penale con ammenda pari al minimo edittale (Consiglio Stato , sez. VI, 04 giugno 2010 , n. 3560).

In presenza di tali circostanze l’Autorità ha in maniera legittima irrogato le sanzioni impugnate.

Il provvedimento impugnato è anche basato sulla delibera dell’Autorità di Vigilanza n. 1 del 2010 che fa espresso riferimento ai reati contro il patrimonio, tra cui la ricettazione, come incidenti sulla moralità professionale.

Sostiene, altresì, la difesa ricorrente l’intervenuta riabilitazione del reato di ricettazione perché fatto commesso nel 1993.

Tale argomentazione non può esser condivisa.

Come è noto la giurisprudenza, anche della sezione, che ha dato rilevanza, rispetto alla condotta di false dichiarazioni, alla intervenuta riabilitazione, ha sempre fatto riferimento alla riabilitazione, in quanto oggetto di una già intervenuta pronuncia giurisdizionale. Ai sensi dell’art 179 del codice penale, infatti, la riabilitazione non è automatica, ma interviene all’esito di una indagine, concernente, tra l’altro, la buona condotta del condannato e l’avvenuto risarcimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato (Consiglio di stato, sez. V, 25 gennaio 2011 , n. 513; T.A.R. Lazio, Sez. III, 22 maggio 2009, n. 5194). Nel caso di specie, non risulta sia stata pronunciata la riabilitazione per il delitto di ricettazione.

I provvedimenti impugnati devono dunque ritenersi legittimi.

Il ricorso è quindi infondato e deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Bruno Amoroso, Presidente

Domenico Lundini, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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