Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 07-12-2011) 13-12-2011, n. 46254

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sull’appello proposto, per quel che qui interessa, da C. G. avverso la sentenza del Tribunale di Catania in data 9.8.2009 che lo aveva dichiarato colpevole del reato di cui agli artt. 110 e 624 c.p., art. 625 c.p., n. 7, per concorso in furto di Kg. 300 di arance in danno di tal S.V., con introduzione del di lui fondo e strappando molteplici rami alle piante, è concessegli, le attenuanti generiche, equivalenti alla contestata aggravante lo aveva condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 200,00 di multa, la Corte di Appello di Catania, con sentenza in data 24.9.2010, confermava il giudizio di 1^ grado, ribadendo la comprovata responsabilità dell’imputato nei cui confronti, per i negativi precedenti penali, non andava accolta la richiesta difensiva di sostituzione della pena con quella della libertà vigilata.

Avverso detta sentenza il C. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame a mezzo del proprio difensore: erronea applicazione della legge penale con riferimento alla richiesta attenuante di cui all’art. 62 c.p., comma 4, immotivatamente ritenuta insussistente per asserita esclusione di tenuità del danno, nonostante il valore delle cose sottratte al momento del fatto e, in ogni caso, pur in difetto di elementi di riscontro al riguardo, detta attenuante andava concessa con parametri di riferimento in bonam partem, senza che in merito risultasse motivata una risposta ancorchè negativa da parte dell’impugnata sentenza. Il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi addotti. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma equitativamente determinata un Euro Mille alla cassa delle ammende.

Ed invero, contrariamente all’assunto difensivo proposto con il ricorso in esame, la Corte territoriale catanese si è fatta motivato e corretto carico di rappresentare, ancorchè in termini di essenzialità, le ragioni ostative al riconoscimento dell’invocata attenuante.

Fermo restando che, con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 62 c.p., n. 4, è necessario fare riferimento al valore intrinseco oggettivo ed economico della cosa secondo l’id quoad plaerumque accidit in un determinato contesto storico-temporale, non sfugge che il legislatore ha esplicitamente richiamato, nella cennata norma, l’aggettivizzazione "speciale" riferita al danno patrimoniale nei delitti contro il patrimonio ovvero nei delitti" determinati da motivi del lucro, riferendo al conseguimento del lucro lo stesso carattere di "speciale tenuità" ma collegandolo al fatto che anche l’evento dannoso o pericoloso sia di analogo carattere (cfr.,tra le altre, Cass. pen. Sez. 4, 30-4-2004 n. 20303,Benedetti;Rv.228580).

Ciò posto, nella specie, come risulta, peraltro, dallo stesso tenore del capo di imputazione, l’agente del reato contestato, per conseguire l’impossessamento di Kg.300 di arance, introducendosi abusivamente nell’agrumeto della p.o., ha strappato numerosi rami (si badi non solo foglie) agli alberi portatori dei frutti, di guisa che, per determinare se si è in presenza di un danno di "speciale tenuità" dal punto di vista oggettivo è intuibilmente necessario considerare il valore complessivo del pregiudizio arrecato con l’azione criminosa e quindi altre al valore della cosa sottratta, già di per sè, oggettivamente affatto di speciale tenuità in rapporto anche alla quantità non trascurabile delle arance, anche gli effetti negativi economicamente apprezzabili" in pregiudizio delle piante, stante le modalità dell’azione di impossessamento dei frutti con riflessi conseguenti di danno complessivo alla p.o..

Di tanto l’impugnata sentenza ha tenuto conto nel negare l’invocata attenuante, con la conferma della decisione di 1^ grado che ha espressamente richiamato le modalità di impossessamento innanzi cerniate e debitamente contestate (cfr. fol. 2 sentenza del Tribunale monocratico di Catania).

In ogni caso, prescrizione non deducibile ex art. 157 c.p., ss., stante mesi 5 e gg. di sospensione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille, in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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