T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 12-01-2012, n. 286

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato in data 27 ottobre 2000 e depositato il successivo 18 novembre la dott.ssa Vera Cupi Lleshi ha impugnato il diniego di riconoscimento del diploma di specializzazione in pediatria, conseguito in Albania, opposto con provvedimento n. 0036039 del 14 agosto 2008.

Espone, in fatto, che il diniego è motivato in ragione di un asserito divario formativo sostanziale tra la formazione specialistica seguita in Albania e quella prevista dagli ordinamenti didattici italiani per il conseguimento della stessa specializzazione. Diversi sono, in particolare: a) la durata del corso; b) i contenuti della formazione; c) le modalità di conseguimento del titolo professionale; d) il mancato svolgimento dell’attività professionale successivamente al conseguimento del diploma di specializzazione. Tale ultima circostanza, comprovando la mancanza del necessario aggiornamento richiesto al medico specialistica, è stata ritenuta dall’Amministrazione idonea, da sola, a giustificare il diniego di riconoscimento.

2. Avverso i predetti provvedimenti la ricorrente è insorta deducendo:

a) Eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti posti a fondamento della decisione.

Le motivazioni poste a base del diniego sono erronee, come è dimostrato da ampia documentazione.

b) Eccesso di potere per errata valutazione dei fatti posti a fondamento della mancata concessione di una misura compensativa.

In via gradata, alla ricorrente avrebbe dovuto essere accordata una misura compensativa.

3. Si è costituito in giudizio il Ministero della salute, che ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, del ricorso.

4. Con memorie depositate alla vigilia dell’udienza di discussione le parti costituite hanno ribadito le rispettive tesi difensive.

5. All’udienza del 10 gennaio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1. Come esposto in narrativa, è impugnato il provvedimento con il quale l’intimato Ministero del lavoro, della salute e delle politiche comunitarie ha negato alla ricorrente, cittadina albanese ma dal 2002 residente in Italia, il riconoscimento del diploma di specializzazione in pediatria dalla stessa conseguito in Albania, presso l’Università degli studi di Tirana.

Quattro sono le ragioni addotte dall’intimato Ministero a supporto del suddetto diniego, e cioè la profonda diversità fra il rigoroso ordinamento universitario nazionale e quello albanese per quanto riguarda: a) la durata del corso di specializzazione; b) i contenuti della formazione; c) le modalità di conseguimento del titolo professionale; d) l’attività professionale svolta successivamente al conseguimento del diploma di specializzazione.

Ha chiarito il Ministero che secondo l’ordinamento universitario nazionale lo specializzando in pediatria deve partecipare ad almeno 7500 ore di attività formativa. Il 70% di tale monte orario complessivo, pari a circa 5250 ore, deve essere riservato ad attività professionalizzanti. Invece per la ricorrente, per ottenere nel paese natio la specializzazione in pediatria, è stato sufficiente seguire un corso della durata complessiva di 1500 ore, cioè solo un quinto di quello prescritto per ottenere lo stesso diploma in Italia.

Ad avviso della ricorrente le conclusioni cui è pervenuto il Ministero, con specifico riferimento alla durata dell’attività di formazione e professionalizzante svolta, sono viziate da un errore di fondo, e cioè aver valutato solo le ore di lezione che secondo il programma di specializzazione albanese devono essere svolte in presenza del singolo professore di ruolo (1500 ore, appunto). Non sono state invece prese in considerazione le attività formative volte al conseguimento di specifiche attività didattiche e pratiche che completano il percorso didattico istituzionale, per 6175 ore, alle quali dovrebbero aggiungersi 2304 ore di guardia medica, per un totale di 8479 ore, ben maggiore, dunque, delle 7500 ore richieste per il riconoscimento dei titoli.

Rileva il Collegio in via preliminare che – secondo quanto affermato dal Ministero e non smentito dalla ricorrente nei suoi scritti difensivi (essa ha infatti presentato solo la domanda di riconoscimento del titolo, ma non anche l’allegato E con le relative certificazioni) – la documentazione dalla quale si dovrebbe evincere lo svolgimento di un totale di 8479 ore di percorso didattico e di attività di guardia medica è stata versata in atti solo in sede giudiziaria, a riprova dell’illegittimità dell’impugnato provvedimento ministeriale.

Tale circostanza sarebbe già di per sé dirimente per il Collegio per respingere la prima censura dedotta con il primo motivo di ricorso, atteso che la conclusione cui è pervenuto il Ministero in ordine allo svolgimento di un monte ore di attività didattica (1500) di gran lunga inferiore a quella minima richiesta (7500) non poteva che formarsi sulla documentazione che l’istante aveva prodotto a supporto della propria richiesta, ed è in relazione a questa che ne va verificata la legittimità.

Non potrebbe, in altri termini, questo Collegio dichiarare illegittimo l’omesso riconoscimento del titolo per non avere il Ministero tenuto conto dell’attività risultante da documenti che, all’atto della determinazione adottata, non erano in suo possesso.

Peraltro, seppure si potesse prescindere da questo profilo, la censura sarebbe in ogni caso da disattendere perché la documentazione versata in atti unitamente all’atto introduttivo del giudizio o è estremamente generica o è relativa ad un periodo successivo alla data (3 ottobre 2006) di presentazione della domanda di riconoscimento del diploma di specializzazione; inoltre quella prodotta con il deposito del 25 novembre 2011 si riferisce al 2010 (relativamente, peraltro, ad un periodo indeterminato) e al 2011 (senza specificare, quest’ultima, se le cure paliative al termine della vita sono riferite a pazienti pediatrici).

In particolare poi, alcuna valenza può assumere l’attività (sulla cui rilevanza la ricorrente insiste molto) svolta come medico presso il penitenziario San Vittore a Milano o come medico generico presso l’Ospedale San Paolo di Milano, atteso che la materia del contendere riguarda la specializzazione in "pediatria".

Risulta quindi ampiamente confermata la conclusione alla quale è pervenuta l”Amministrazione resistente, e cioè che allo stato ed in mancanza di adeguata documentazione è possibile riconoscere alla ricorrente solo un totale di 1500 ore di attività formativa, ampiamente inferiore a quello richiesto dall’ordinamento universitario nazionale.

Questa circostanza è da sola sufficiente al rigetto del ricorso atteso che, come innanzi si è detto, l’impugnato provvedimento ministeriale si fonda su quattro ragioni che sono indiscutibilmente autonome fra di loro e ciascuna è da sola sufficiente a reggerlo interamente.

2. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere respinto.

Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l’integrale compensazione fra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Italo Riggio, Presidente

Maria Luisa De Leoni, Consigliere

Giulia Ferrari, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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