Cass. civ. Sez. V, Sent., 28-06-2012, n. 10804 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione sulla base di un motivo, illustrato con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte che ne ha accolto solo parzialmente l’appello, in ordine al regolamento delle spese, confermando nel resto la decisione di primo grado, nel giudizio introdotto dalla srl Johnson Controls Seating Cap con l’impugnazione dell’atto di contestazione ed irrogazione di sanzione per violazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 6, comma 8, costituita dall’omessa regolarizzazione di acquisti con fattura infedele per operazioni imponibili. L’ufficio contestava infatti che la srl Prema S.S.A. aveva effettuato alcune cessioni alla contribuente qualificandole "non imponibili all’imposta ai sensi del D.L. n. 331 del 1993, art. 41", laddove si era in presenza di acquisti intracomunitari, avendo cedente e cessionaria entrambi residenza in Italia.

Il giudice d’appello ha, tra l’altro, ritenuto che la contribuente non potesse essere chiamata, come cessionaria, a rispondere dell’omesso versamento dell’IVA su fatture di acquisto di beni o servizi, recanti una esplicita dichiarazione di non debenza dell’imposta, per un’erronea qualificazione dell’operazione, da parte del cedente, come non imponibile ai sensi del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 41, come convertito nella L. 29 ottobre 1993, n. 427.

La società contribuente resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con l’unico motivo l’amministrazione ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 6, comma 8, del D.L. n. 331 del 1993, art. 41 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, sostiene che, pacifico essendo che non si era, nella specie, in presenza di acquisti intracomunitari, il difetto di regolarizzazione non sarebbe caduto su un elemento di merito dell’operazione, e meno ancora sulla sua qualificazione giuridica in un senso anzichè in un altro, bensì sul rapporto tributario corrente fra i due soggetti, essendo evidente che la qualificazione in termini di operazione intracomunitaria o meno non atterrebbe all’operazione dedotta nella fattura, bensì a dati soggettivi del cedente e del cessionario.

La società contribuente eccepisce col controricorso l’inammissibilità dell’unico motivo di ricorso dell’amministrazione stante la formazione del giudicato interno su un capo autonomo della sentenza di primo grado, concernente la ritenuta inesistenza della notifica dell’atto di contestazione della sanzione.

Tale rilievo è fondato, atteso che, come si evince dalla sentenza impugnata, la contribuente aveva impugnato l’atto di contestazione per "1) inesistenza della notifica; 2) inesistenza della violazione contestata come riferito al D.P.R. n. 633 del 1973, art. 21; 3) travisamento del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 41, comma 5, lett. b";

che la Commissione provinciale "accoglieva il ricorso relativamente al primo ed al terzo motivo" e l’Ufficio appellava la decisione tanto "circa la nullità della notifica…" che "per quanto attiene al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 8…";

che la Commissione regionale riteneva che "l’appello risulta infondato nel merito e solo parzialmente accoglibile in punto spese", si soffermava ad esaminare il secondo motivo d’appello e quindi, con il dispositivo, stabiliva quanto segue: "in parziale accoglimento dell’appello dell’ufficio dichiara compensate per metà le spese del primo grado di giudizio. Conferma nel resto";

che l’amministrazione ricorreva per cassazione avverso tale decisione solo con riguardo all’obbligo del cessionario di regolarizzare l’operazione, con conseguente formazione del giudicato interno sulla nullità – confermata in appello con la reiezione, ancorchè implicita, del relativo motivo di gravame dell’amministrazione – dell’atto di contestazione per la ritenuta inesistenza della sua notificazione, integrante autonoma ratio decidendi della pronuncia.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, infatti, "ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza" (ex multis, Cass. n. 3386 e n. 22753 del 2011).

Quanto all’inciso, contenuto nella motivazione della sentenza impugnata – "il rigetto nel merito risulta assorbente delle altre eccezioni svolte dalla ditta contribuente"-, del quale l’amministrazione ricorrente nella memoria illustrativa segnala l’ambiguità, è appena il caso di osservare che, qualora lo si volesse interpretare cerne riferito alla domanda del ricorso introduttivo della contribuente concernente la inesistenza della notificazione dell’atto di contestazione, l’affermazione del giudice di appello di assorbimento della relativa questione avrebbe dovuto essere impugnata dalla ricorrente, che ne aveva interesse.

Il ricorso si rivela pertanto inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in complessivi Euro 3.100,00, ivi compresi Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2012

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