T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 12-01-2012, n. 88

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Svolgimento del processo

Con l’odierno ricorso, notificato il 09.02.2011 e depositato il successivo 11.03.2011, l’esponente ha impugnato il decreto in epigrafe specificato, deducendone la illegittimità per violazione di legge, essendo stato esso adottato dall’amministrazione sull’erroneo presupposto che la condanna in ordine alla fattispecie delittuosa disciplinata dall’art. 14, co. V – ter del D.Lgs. n. 286 del 1998 fosse da ricondurre al novero delle condanne ostative all’emersione dal lavoro irregolare, ai sensi dell’art. 1-ter, co. 13, lett. c) del D.L. n. 78 del 2009, convertito con modificazioni in L. n. 102 del 2009.

Con ordinanza n. 559 del 25.03.2011 la Sezione ha accolto la domanda cautelare proposta in via incidentale.

Alla Pubblica udienza del 17.11.2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

Preliminarmente, rileva il Collegio l’infondatezza delle eccezioni di irricevibilità e inammissibilità sollevate da parte resistente.

In ordine alla prima, si evidenzia come non risulta agli atti la prova della notifica del provvedimento impugnato all’esponente lavoratore aspirante alla regolarizzazione alla data dell’11.11.2010, come asserito dall’Avvocatura Erariale, sicché in mancanza della dimostrazione del fatto su cui si fonda la dedotta tardività, il ricorso deve essere ritenuto ricevibile.

Quanto alla inammissibilità per difetto di legittimazione al ricorso, rileva il Collegio come, al caso in esame, non sia analogicamente estensibile alcuna delle soluzioni adottata nelle fattispecie decise con le sentenze richiamate nella memoria erariale (anche perché, a ben guardare, la sentenza n.4053 del 9.6.2009 non corrisponde ad alcuna decisione di questo T.A.R., mentre la n. 7364 del 25.11.2010 riguarda il caso della mancata presentazione del datore di lavoro alla convocazione in Prefettura, definito dal Tribunale con un sentenza di rigetto nel merito, che fa leva sul chiaro disposto normativo dell’art. 1 ter del D.L. n. 78 del 2009 e non su un presunto difetto di legittimazione del lavoratore aspirante alla regolarizzazione).

In ogni caso, occorre evidenziare come, nel caso in esame, ciò che forma oggetto d’impugnazione è il provvedimento adottato a conclusione della procedura di emersione, recante il diniego della domanda avanzata da un determinato datore di lavoro a favore di un lavoratore, pure specificamente nominato e coincidente con la persona del ricorrente.

In tale evenienza, non c’è dubbio che il lavoratore, alla cui posizione giuridica, peraltro, è riferito l’unico motivo ritenuto dall’amministrazione ostativo all’emersione, vanti una posizione giuridica qualificata e differenziata all’impugnazione di tale diniego.

In tal senso, giova notare come si debba distinguere il potere di impulso e di iniziativa sostanziale per l’avvio della procedura di emersione, rimesso dalla normativa in esame al datore di lavoro, dal potere di reazione avverso la determinazione conclusiva di tale procedimento che, dopo il suo avvio, vede indubbiamente coinvolta anche la posizione del lavoratore, in conformità del contenuto della stessa dichiarazione di emersione.

Nel merito, il ricorso è fondato.

Con il secondo motivo di ricorso la difesa ricorrente rileva come, il reato per il quale v’è stata condanna a carico del ricorrente, ossia l’indebito trattenimento nel territorio dello Stato, ex art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 286 del 1998, contrariamente a quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, non possa essere considerato ostativo ad una conclusione favorevole della procedura di emersione.

La doglianza è meritevole di accoglimento.

Per la positiva definizione della procedura di emersione dal lavoro irregolare il lavoratore extracomunitario irregolare non deve risultare condannato, "anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del medesimo codice" (così, l’art. 1-ter, comma 13, lett. c, del D.L. n. 78 del 2009, conv. dalla L. n. 102 del 2009).

Nel caso di specie, l’esponente è stato condannato per il reato di indebito trattenimento nel territorio dello Stato, ex art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 286 del 1998.

Ebbene, il trattamento sanzionatorio di questa fattispecie di reato è consistito (sino alla recentissima modifica apportata dal D.L. 23 giugno 2011, n.89), dalla pena edittale della reclusione da uno a quattro anni (art. 14, comma 5-ter) e dall’arresto obbligatorio dell’autore del fatto colto in flagranza (art. 14, comma 5-quinquies).

In tali evenienze, dapprima la giurisprudenza amministrativa di primo grado e, successivamente, lo stesso Giudice d’appello, hanno ritenuto che tale fattispecie criminosa non fosse sussumibile nella previsione di cui all’art. 381 c.p.p. e, quindi, non rientrasse fra le ipotesi ostative all’emersione indicate all’art. 1 ter, co.13, lett. c) D.L. n. 78 del 2009, conv. in legge dalla L. n. 102 del 2009 (che, come già accennato, richiama i reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p.).

Su tale querelle interpretativa, approdata all’esame del Supremo Consesso Amministrativo (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 10.5.2011 n.7), dopo essere stata affrontata anche dalla Corte di Giustizia della Comunità Europea (sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 28 aprile 2011 in causa C-61/11), il Collegio si permette di rinviare alla copiosa giurisprudenza di questo T.A.R., incline a ritenere non ostativa la su menzionata fattispecie di reato ai fini dell’emersione di che trattasi (cfr., tra le tante, T.A.R. Lombardia, Milano, II^, 11.07.2011 n. 1861; id. 24.06.2011 nn. 1713, 1715, 1716, con i riferimenti ivi contenuti alla decisione dell’Adunanza Plenaria cit., nonché alla Corte di Lussemburgo; di recente cfr. anche Consiglio Stato, sez. III, 12 maggio 2011, n. 2845).

Per le suesposte considerazioni, assorbite le censure non scrutinate, il ricorso in epigrafe specificato deve essere accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato, adottato sull’unico presupposto della condanna riportata dall’esponente per il reato di cui all’art. 14, co. 5-ter D.Lgs. n. 286 del 1998, erroneamente ritenuta ostativa all’emersione.

Le spese possono essere compensate tra le parti, in ragione della complessità della questione giuridica controversa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto con esso impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente

Giovanni Zucchini, Primo Referendario

Concetta Plantamura, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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