Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 03-07-2012, n. 11106 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che C.A. ricorre per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello di Perugia, in epigrafe indicato, che ha parzialmente accolto la sua domanda di equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del giudizio civile instaurato nel 1983 davanti al Tribunale di Latina dal suo dante causa Co.Ar. (deceduto nel (OMISSIS)), riassunto dal ricorrente nel dicembre 1991, e definito dalla Corte d’appello di Roma in sede di rinvio con sentenza depositata nel dicembre 2008;

che l’Amministrazione intimata resiste con controricorso;

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

Ritenuto che con i due motivi di ricorso si censura il decreto della Corte di merito nella parte in cui ha ritenuto che il ricorrente abbia agito solo in proprio, e quindi non ha considerato l’indennizzo maturato in capo al de cuius per la durata irragionevole del giudizio sino alla morte di quest’ultimo; si denuncia violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 2, art. 121 c.p.c., art. 125 c.p.c., comma 1, art. 163 c.p.c., n. 2, artt. 164 e 156 c.p.c.) e vizio di motivazione, deducendo, sotto il primo profilo, che la Corte, basando il suo convincimento sulla omessa dichiarazione della qualità di erede nell’epigrafe del ricorso e nella procura e non esaminando l’intero contenuto dell’atto, avrebbe violato il principio di libertà delle forme degli atti processuali e di tassatività delle ipotesi di nullità del ricorso e della procura; sotto il secondo profilo, si deduce che la mancata precisazione nella procura della qualità di erede non rileva ai fini della validità della procura stessa;

ritenuto che la ratio decidendi esposta nel provvedimento impugnato non ha alcun riferimento alla nullità del ricorso o della procura;

che le doglianze espresse nel ricorso non colgono tale ratio decidendi, e sono quindi da ritenere inammissibili;

che le spese processuali del grado seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, in Euro 865,00 per onorali, oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1, della Corte Suprema di Cassazione, il 8 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2012

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