Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 17-11-2011) 13-12-2011, n. 46224

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Pesaro confermò il decreto 20 gennaio 2011 del GIP di Pesaro di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente della somma di Euro 117.382,78 nei confronti (anche) di G.C., in relazione al reato di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 2, per avere, quale amministratore di fatto della spa Emmegieffe, al fine di evadere le imposte su redditi, indicato nelle dichiarazioni dei redditi elementi passivi fittizi utilizzando fatture per operazioni inesistenti.

Osservò il tribunale che il M., amministratore delle società cartiera che avevano emesse le fatture, aveva dichiarato alla polizia giudiziaria che esse praticavano alla Emmegieffe una sovrafatturazione con un ricarico del 4% del prezzo indicato.

L’indagata propone ricorso per cassazione deducendo violazione di legge e mancata ed erronea applicazione del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2 e 3. Osserva che la Emmegieffe acquistava dalle ditte gestite di fatto dal M. legname da queste ditte acquistato in Austria, con destinazione delle forniture direttamente alla Emmegieffe e con fatturazione alle ditte prime acquirenti in sospensione IVA. Queste ditte dovevano poi fatturare con applicazione IVA alla Emmegieffe. Nella seconda transazione la ditta venditrice doveva applicare un ricarico, come normalmente avviene, rappresentativo del proprio utile. Si tratta di operazioni reali e ritenute legittime dalla Corte di Giustizia UE. La Emmegieffe, nel pagare l’importo delle prestazioni, corrispondeva l’IVA. Ora, secondo il tribunale, le società prime acquirenti, ossia il M., avrebbero restituito alla Emmegieffe il ricarico, rappresentativo del loro normale utile. Il ricarico applicato in fattura, quindi, secondo il tribunale, sarebbe un elemento passivo fittizio. Sennonchè l’eventuale restituzione è un comportamento successivo ad una normale operazione commerciale. Si versa quindi non in una ipotesi di sovrafatturazione, ma nella ipotesi diversa in cui l’operazione, pur rispondendo al normale andamento economico, subisce poi una deviazione per asseriti accordi, non fra le parti ma fra amministratori di fatto, diretti alla restituzione del ricarico.

L’operazione economica è in sintonia con l’andamento ordinario del mercato e non può essere ritenuta espressione di sovrafatturazione.

Di conseguenza, per la Emmegieffe il pagamento delle fatture costituisce un costo effettivo e non fittizio e non può ricorrere l’ipotesi del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 2. Nè questa ipotesi può configurarsi se parte della somma pagata sia ritornata al B. (amministratore di Emmegieffe) sulla base di presunti accordi col M., il che non determina l’oggettività di una susseguente inesistenza parziale dell’operazione, trattandosi di elemento estraneo alla fattispecie del reato. Semmai, sarebbero configurabili i reati di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 3 e 4.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve rilevarsi che in data 10 novembre 2011 è stata regolarmente depositata nella cancelleria del tribunale di Pesaro dichiarazione dell’imputato, autenticata dal suo difensore, con la quale rinuncia al presente ricorso per cassazione, per sopravenuta carenza di interesse a seguito del consenso espresso rilasciato dal pubblico ministero ad una richiesta di patteggiamento concernente anche le questioni patrimoniali riconnesse alla confisca per equivalente.

Ai sensi dell’art. 591 cod. proc. pen. il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Trattandosi di una ipotesi di carenza di interesse sopravvenuta non va pronunciata condanna alle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso per sopravenuta carenza di interesse.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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