Cass. civ. Sez. VI – 1, Sent., 03-07-2012, n. 11098 Diritti politici e civili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che il Ministero della Giustizia ricorre per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello di Roma, in epigrafe indicato, che ha riconosciuto in favore (tra gli altri) di P. e N.A. la somma di Euro 7.000,00 per ciascuno a titolo di equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del procedimento civile instaurato (anche) dal loro genitore N. G. avanti al Tribunale di Benevento e (anche) da essi proseguito, dopo la morte del predetto, con atto del 28 novembre 2002 avanti alla Corte d’appello di Napoli, che l’ha definito con sentenza del 27 settembre 2006;

che gli intimati non hanno depositato difese;

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

Vàtenuto che merita accoglimento l’unico motivo di ricorso, con il quale si denuncia la violazione di norme di diritto (L. n. 89 del 2001, art. 2, artt. 99 e 101 c.p.c.) per non avere la Corte di merito considerato che le controparti non avevano chiesto l’equa riparazione in qualità di eredi di N.G. bensì ture proprio, e quindi che la loro domanda doveva essere esaminata con esclusivo riferimento alla irragionevole durata del giudizio di appello, cui avevano partecipato;

che, in effetti, dall’esame del decreto impugnato risulta che P. e N.A. hanno domandato – al pari di N. M., che aveva partecipato all’intero giudizio presupposto – l’equa riparazione per il danno sofferto in conseguenza della irragionevole durata del giudizio stesso, senza alcun riferimento al danno sofferto dal loro dante causa ed al loro subentro per successione nel relativo diritto;

che, per giurisprudenza costante di questa Corte di legittimità, in caso di morte di una parte, gli eredi, in quanto tali, acquisiscono per successione il diritto all’indennizzo maturato dal de cuius per l’irragionevole protrazione di un processo che lo vide parte anche prima della entrata in vigore della L. n. 89 del 2001, mentre, per il periodo successivo alla morte della parte originaria, il diritto all’indennizzo spetta loro, in proprio, solo dal momento in cui, con la costituzione in giudizio, hanno assunto la qualità di parte, e solo ove la fase del processo successiva si protragga in misura irragionevole (cfr. ex multis Cass. n. 2752/11; n. 23416/09; n. 2983/08; n. 23939/06);

che pertanto l’indennizzo richiesto dai N. spetta loro con esclusivo riferimento alla irragionevole durata del grado di appello del giudizio presupposto;

che il provvedimento impugnato è dunque cassato in relazione alla determinazione dell’indennizzo in favore degli odierni intimati e, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito;

che va fatta applicazione della giurisprudenza di questa Corte (tra le tante: Sez. 1^, 14 ottobre 2009, n. 21840), a mente della quale l’importo dell’indennizzo può essere di Euro 750 per anno per i primi tre anni di durata eccedente quella ritenuta ragionevole, in considerazione del limitato patema d’animo che consegue all’iniziale modesto sforamento, mentre solo per l’ulteriore periodo deve essere richiamato il parametro di Euro 1.000 per ciascun anno di ritardo;

che, pertanto, il Ministero della Giustizia deve essere condannato al pagamento in favore di ciascuno degli odierni intimati di Euro 1.500 a titolo di equo indennizzo per il periodo di due anni circa di irragionevole durata del giudizio di appello, quale risulta sottraendo dalla durata complessiva di circa quattro anni quella, da ritenersi ragionevole, di anni due;

che su tale somma sono dovuti gli interessi legali dalla data della domanda, in conformità ai parametri ormai consolidati ai quali questa Corte si attiene nell’operare siffatte liquidazioni;

che la compensazione tra le parti delle spese del grado di merito si giustifica tenendo conto della parziale soccombenza reciproca, e, analogamente, le spese di questo grado di legittimità debbono dichiararsi irripetibili dall’Amministrazione ricorrente.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei limiti precisati in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia a corrispondere a N.P. e A. la somma di Euro 1.500,00 per ciascuno con gli interessi legali a decorrere dalla data della domanda. Compensa tra le parti le spese del giudizio di merito e dichiara irripetibili dall’Amministrazione ricorrente le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1, della Corte Suprema di Cassazione, il 8 marzo 2012.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2012

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