Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 03-07-2012, n. 11096 Assegni di accompagnamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso, depositato l’11.02.2005, C.C. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi del 18.11.2004, emessa nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dell’INPS e del Comune di Mesagne, con la quale era stata parzialmente accolta la sua domanda di riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento dall’11 marzo 2004, anzichè dalla data della domanda amministrativa.

Tale decisione è stata parzialmente riformata dalla Corte di Appello di Lecce con sentenza n. 1372 del 2006, che, all’esito della rinnovata consulenza tecnica di ufficio, ha riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento dal 1 gennaio 2003.

Avverso tale sentenza ricorrono per cassazione gli eredi dell’originaria ricorrente con due motivi, illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’INPS resistono con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla L. n. 18 del 1980, art. 1, della L. n. 580 del 1988, art. 1 e del D.Lgs. n. 509 del 1988, art. 6 (art. 360 c.p.c., n. 5).

I ricorrenti in particolare contestano l’impugnata sentenza, per non avere tenuto nella debita considerazione le patologie (cerebrale e marcato deficit visivo) risultanti dalla documentazione medica, unitamente alla grave compromissione psichica, e ciò ai fini dell’accertamento – con la massima precisione – della data di insorgenza del diritto all’indennità di accompagnamento.

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono violazione ed erronea applicazione della L. n. 18 del 1980, art. 1, della L. n. 580 del 1988, art. 1, del D.L. n. 509 del 1988, art. 6, sostenendo che i giudici di merito hanno preso le mosse da una nozione restrittiva degli "atti della vita quotidiana" ritenendo tali solo quelli della "vita vegetativa" e non anche quelli della "vita sociale" o "di relazione". I ricorrenti aggiungono, con riferimento alla L. n. 508 del 1988, art. 1 (che ha modificato la L. n. 18 del 1980, art. 1), che il concetto di "capacità di lavoro" è estraneo alla ratio dell’indennità di accompagnamento, sicchè questa compete anche ad un minorato su sedia a rotelle che svolga il lavoro di telefonista.

I ricorrenti concludono affermando che il giudice di appello, nel condividere il parere del CTU, non ha tenuto conto degli esposti principi, risultanti dall’applicazione ed interpretazione giurisprudenziale e dottrinale. Da parte loro i controricorrenti hanno eccepito, in via principale, l’inammissibilità del ricorso, per avere i ricorrenti riproposto sostanzialmente un questione di fatto, non prospettabile in sede di legittimità, e, in via subordinata, l’infondatezza dello stesso ricorso, essendo l’impugnata sentenza accuratamente motivata.

2. Le esposte doglianze sono prive di pregio e vanno disattese sotto entrambi i profili in precedenza evidenziati, con riferimento alla data di decorrenza dell’indennità di accompagnamento.

I ricorrenti hanno mosso critiche del tutto generiche alla consulenza tecnica di ufficio di primo grado non contrastando gli accurati accertamenti con precisi e puntuali elementi probatori in ordine a carenze o deficienze diagnostiche e limitandosi ad opporre un diverso apprezzamento in ordine alle patologie riscontrate a carico di C.C. e alla loro incidenza sugli atti della vita quotidiana.

L’impugnata sentenza ha fornito adeguata motivazione, essendosi richiamata all’anzidetta consulenza, la quale sulla base di accurati esami specialistici ha ritenuto di fissare dal gennaio 2003 la decorrenza dell’accompagnamento.

Trattasi in ogni caso di valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità, come più volte ribadito da questa Corte, la quale ha osservato che nel giudizio in materia di invalidità i lamentati errori e lacune della consulenza sono suscettibili di esame unicamente sotto il profilo del vizio di motivazione dell’impugnata sentenza, quando siano riscontrabili carenze e deficienze diagnostiche o affermazioni scientificamente errate e non già quando si prospettino semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l’entità e l’incidenza del dato patologico e la valutazione della parte (Cass. 11 gennaio 2000, n. 225; Cass. 8 agosto 1998, n. 7798; Cass. 9 gennaio 1992, 142).

In questo quadro il rilievo circa la mancata individuazione della data di insorgenza del diritto alla richiesta prestazione fin dalla data della domanda amministrativa si risolve in una censura non ammissibile in sede di legittimità, e ciò alla stregua del richiamato indirizzo giurisprudenziale in ordine alla necessità di indicazione di precise carenze e deficienze diagnostiche contenute nella perizia di ufficio, il che non è dato riscontrare, come già si è detto, ne caso di specie, in cui si prospetta un diverso apprezzamento del requisito sanitario.

3. In conclusione il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.

Il ricorrente va esonerato dalle spese del giudizio di cassazione, ricorrendo le condizioni previste dall’art. 152 disp. att. c.p.c., nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dal D.L. n. 269 del 2003, entrato in vigore il 2 ottobre 2003 e non applicabile quindi ratione temporis al caso di specie, essendo stato presentato il ricorso originario in data 19 dicembre 2001 (in questo senso Cass. n. 27323 del 2005, Cass. n. 6324 del 2004, Cass. n. 4657 del 2004 ed altre conformi decisioni).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 29 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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