T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 12-01-2012, n. 66

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Considerato che il dirigente dello Sportello Unico per l’Immigrazione istituito presso la Prefettura di Novara, con decreto in data 24 settembre 2010 prot. n. P-NO/L/N/2009/102605, ha rigettato la dichiarazione di emersione del lavoro irregolare presentata dal signor M.M., datore di lavoro, a favore del lavoratore straniero B.M., in ragione della riscontrata sussistenza, a carico di quest’ultimo, di una condanna per il reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 286 del 1998 e s.m.i., ritenuta causa ostativa all’emersione ai sensi dell’art. 1-ter, comma 13, lett. c), del D.L. n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 3 agosto 2009, n. 102, e dell’insufficienza reddituale dell’istante medesimo;

Considerato che il sig. M. ha gravato il su indicato provvedimento innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale, contestandone la legittimità per eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza ed erroneità dell’istruttoria e violazione di legge con riferimento agli artt. 14 e 32 del D.Lgs. n. 268 del 1998;

Considerato che il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio per resistere al ricorso con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, soffermandosi a controdedurre unicamente le argomentazioni ex adverso svolte per contestare la ritenuta ostatività del reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del decreto citato;

Considerato che questa Sezione, con ordinanza n. 99 in data 10 febbraio 2011, ha accolto l’istanza cautelare contenuta nel ricorso, ritenendo, ad un primo sommario esame, assistite da apprezzabili elementi di fondatezza le doglianze svolte dal ricorrente;

Considerato che appaiono sussistenti i presupposti di legge per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 74 del c.p.a.;

Considerato, sotto un primo profilo, che la ritenuta insufficienza reddituale risulta smentita per tabulas, atteso che le buste paga del ricorrente relative all’anno 2008 (v. all. 7 – fascicolo documenti Avvocatura dello Stato) comprovano in maniera inequivocabile la sua sufficienza reddituale;

Considerato sotto il diverso profilo della condanna per la violazione dell’art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 286 del 1998, che la Corte di Giustizia CE si è pronunciata sul reato di clandestinità;

Considerato, in particolare, che il giudice comunitario, con la pronuncia in data 28 aprile 2011, emessa dalla Sezione I nel procedimento C 61/11 PPU (avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE, proposta dalla Corte d’appello di Trento, con ordinanza 2 febbraio 2011, nel procedimento penale a carico di H.E.D., A.S.K.), ha affermato che "La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, in particolare i suoi artt. 15 e 16, deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa di uno Stato membro, come quella in discussione nel procedimento principale, che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, permane in detto territorio senza giustificato motivo";

Considerato che per garantire in modo effettivo l’applicazione delle norme comunitarie i giudici nazionali sono tenuti a disapplicare la norma interna che sancisce l’autorità di cosa giudicata, anche se con solo riguardo al giudicato esterno (Corte giustizia CE, sez. II, 3 settembre 2009, n. 2), e che l’interpretazione del diritto comunitario data dalla Corte di Giustizia CE, nell’esercizio della competenza attribuitale dall’art. 267 TFUE (ex articolo 234 del TCE), opera ex tunc, in quanto "chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata della norma, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata sin dal momento della sua entrata in vigore. Ne risulta che la norma così interpretata può, e deve, essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa" (CGUE, sentenza Denkavit italiana, 27 marzo 1980, causa 61/79, pt. 16). Una sentenza su una questione pregiudiziale ha perciò valore non costitutivo bensì dichiarativo, con la conseguenza che i suoi effetti risalgono alla data di entrata in vigore della norma interpretata (Corte giustizia CE, grande sezione, 12 febbraio 2008, n. 2) e l’organo amministrativo nazionale deve applicare la norma comunitaria nell’interpretazione datane dal giudice comunitario anche a rapporti giuridici sorti prima del momento in cui tale sentenza è stata resa. Il principio della certezza del diritto comporta, tuttavia, che un organo amministrativo non è, in linea di principio, obbligato a riesaminare una decisione amministrativa che ha acquisito carattere definitivo (Corte di Giustizia CE da ult. cit.);

Ritenuto, conseguentemente, che si imponga un’attenta riflessione in ordine agli effetti preclusivi all’emersione dal lavoro irregolare fatti derivare da un fatto la cui qualificazione quale illecito penale si pone in contrasto con il diritto comunitario;

Ritenuto, in particolare, che, alla luce dei principi di diritto affermati dal giudice comunitario con la sentenza in data 28 aprile 2011, si debba tenere conto della circostanza che l’imposta disapplicazione delle norme penali interne con essi confliggenti pare idonea a produrre effetti simili a quelli propri dell’abolitio criminis (art. 2 c.p.), anche con riferimento ai fatti commessi e alle condanne emesse in epoca antecedente al termine fissato per il recepimento nell’ordinamento interno della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, n. 2008/115/CE, conseguendone che la condanna penale in ordine alla fattispecie delittuosa disciplinata dall’art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 286 del 1998, quand’anche fosse riconducibile al novero delle condanne ostative all’emersione dal lavoro irregolare, ai sensi dell’art. 1-ter, comma 13, lett. c), del D.L. n. 78 del 2009, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 3 agosto 2009, n. 102, non può, in ogni caso, essere posta a fondamento di un atto di diniego del permesso di soggiorno o, come nella specie, dell’emersione dal lavoro irregolare (cfr. Tar Piemonte, II, 20 maggio 2011, nn. 532, 542, 544, 547, 548, 550 e 552; id, 23 giugno 2011, n. 696 e 697; id, 13 ottobre 2011, n. 1098; id n. 1250/2011);

Ritenuto, altresì, che tale approdo interpretativo trovi conforto nella sentenza 10 maggio 2011, n. 8 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che ha – per l’appunto – precisato che l’abolizione, con effetto retroattivo, del delitto di violazione dell’ordine del questore di lasciare il territorio nello Stato, previsto dall’art. 14, comma 5-ter, del D.Lgs. n. 286 del 1998, affermata dalla Corte di Giustizia CE "non può non riverberare i propri effetti sui provvedimenti amministrativi negativi dell’emersione del lavoro irregolare, adottati sul presupposto della condanna per un fatto che non è più previsto come reato", che "è illegittimo il provvedimento, adottato ai sensi dell’art. 1-ter, comma 13, lett. c), della L. n. 102 del 2009, che ha rigettato la istanza di regolarizzazione di un lavoratore extracomunitario condannato per il delitto di violazione dell’ordine del questore di lasciare il territorio nello Stato… atteso che tale reato, a seguito della Direttiva n. 115 del 2008, è da ritenere abolito" e che "il principio generale secondo cui "tempus regit actum" esplica la propria efficacia allorché il rapporto cui l’atto inerisce sia irretrattabilmente definito e, conseguentemente, diventi insensibile ai successivi mutamenti della normativa di riferimento. Tale circostanza, evidentemente, non si verifica ove siano stati esperiti gli idonei rimedi giudiziari volti a contestare l’assetto prodotto dall’atto impugnato";

Ritenuto, per le considerazioni innanzi esposte, che il ricorso sia fondato e debba essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, atteso che l’emersione è stata negata sul presupposto della condanna per un reato previsto e punito da una norma nazionale incompatibile con il diritto comunitario e che il ricorrente risultava in possesso dei requisiti reddituali per l’emersione dal lavoro irregolare del signor M.B.;

Ritenuto, in ogni caso, che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese e delle competenze di lite tra le parti, atteso che le pronunce della Corte di Giustizia CE e dell’Adunanza del Consiglio di Stato sono state emesse successivamente all’adozione del provvedimento gravato e che è stata la stessa Avvocatura dello Stato a produrre in giudizio la documentazione comprovante la sufficienza reddituale del ricorrente;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il decreto dirigente dello Sportello Unico per l’Immigrazione istituito presso la Prefettura di Novara, con decreto in data 24 settembre 2010 prot. n. P-NO/L/N/2009/102605.

Compensa tra le parti le spese e le competenze del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Salamone, Presidente

Ofelia Fratamico, Referendario

Manuela Sinigoi, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *