Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 03-07-2012, n. 11094 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Firenze, decidendo sul gravame proposto da B.P. e, in via incidentale, dall’INPS contro la decisione del Tribunale di Livorno, ha dichiarato inammissibile, per decadenza dall’azione giudiziaria del D.P.R. n. 639 del 1970, ex art. 47 (come modificato dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6 e D.L. n. 384 del 1992, art. 4), la domanda del B. – non ancora pensionato al tempo della istanza amministrativa – volta ad ottenere la rivalutazione contributiva prevista dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, a favore dei lavoratori esposti all’amianto. Ha aggiunto la Corte, ma (espressamente) in via di mero obiter, che, nei confronti dell’appellante, neppure poteva ritenersi accertata la sussistenza della prescritta esposizione "qualificata" all’amianto, avendo il c.t.u. del Tribunale valutato come solamente indiretta l’esposizione del B. e non rilevando quella accertata, in altre cause, a favore di altri lavoratori.

Per la cassazione di questa sentenza la parte privata ha proposto ricorso fondato su tre motivi. L’INPS resiste con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Nel primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, assume che non possono ricondursi alla nozione di "controversie in materia di trattamenti pensionistici", oggetto dell’indicata disposizione normativa, le domande del beneficio per cui è causa, incidendo il riconoscimento del diritto al moltiplicatore contributivo solo indirettamente sul rapporto pensionistico. In ogni caso, andrebbe applicato per analogia il principio stabilito dalle Sezioni unite della Cassazione (sent. n. 12720 del 2009) secondo cui la decadenza non si applica alla riliquidazione dei ratei di pensione.

2. Oggetto del secondo motivo è la denuncia di violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, comma 5, come sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (convertito nella L. n. 438 del 1992) sostenendo il ricorrente che l’ivi previsto termine di decadenza può decorrere solo se e in quanto sulla domanda amministrativa l’INPS abbia adottato un provvedimento espresso e comprensivo della indicazione dei rimedi (amministrativi e giurisdizionali) esperibili nonchè dei tempi in cui gli stessi vanno esercitati.

3. Nel terzo motivo si censura la sentenza impugnata per insufficiente motivazione dell’accertamento di merito.

4. Le censure svolte nel primo motivo non sono fondate.

5. Osserva il Collegio che questa Corte, decidendo numerose analoghe controversie (cfr., in particolare, Cass. seni n. 12685 del 2008 e nn. 3605, 4695 e 6382 del 2012; ord. nn. 7138, 8926, 12052 del 2011, n. 1629 del 2012) si è espressa affermando il principio che la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (convertito nella L. n. 438 del 1992) trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero, come nella specie, da soggetti non titolari di alcuna pensione.

Secondo le richiamate decisioni, infatti, l’art. 47 citato, per l’ampio riferimento fatto alle "controversie in materia di trattamenti pensionistici", comprende tutte le domande giudiziarie in cui venga in discussione l’acquisizione del diritto a pensione ovvero la determinazione della sua misura, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, domandato attraverso la richiesta di applicazione del meccanismo moltiplicatore di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.

6. Non conforta la tesi del ricorrente il principio di cui a Cass. Sez. un. n. 12270/2009 dal momento che, con la domanda per cui è causa, non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì, come si è detto, il diritto a un beneficio che, seppure strumentale ai fini pensionistici, è dotato di una sua specifica individualità, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) in base ai criteri ordinari il diritto al trattamento pensionistico ( basti pensare che l’esposizione all’amianto e la sua durata sono "fatti" la cui esistenza è conosciuta soltanto dall’interessato, tenuto, pertanto, a portarli a conoscenza dell’ente previdenziale attraverso un’ apposita domanda amministrativa e a darne dimostrazione).

7. Resta da aggiungere che è alla data di tale domanda – necessaria anche nel regime precedente l’entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003, art. 47 (convertito nella L. n. 326 del 2003), che ne ha addirittura sanzionato la mancata presentazione entro l’ivi previsto termine con la decadenza dal beneficio de quo – che deve aversi riguardo ai fini della verifica della tempestività dell’azione giudiziaria.

8. Quanto al richiamo fatto dal ricorrente alla sentenza di questa Corte n. 15521/2008, secondo la quale la decadenza da una domanda di riscatto del corso di laurea non ne preclude la riproposizione, è sufficiente osservare che tale affermazione è riferita a una fattispecie ricadente nel regime della decadenza anteriore alle innovazioni apportate dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6, quando ancora, cioè, alla decadenza prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, si attribuiva carattere soltanto procedimentale e, quindi, tale da non comportare la perdita del diritto tardivamente azionato.

9. Il secondo motivo di ricorso è, anch’esso, privo di fondamento giusta il principio, parimenti enunciato dalle Sezioni unite (sent.

n. 12718 del 20099) e costituente ormai "ius receptum" alla stregua del quale il suddetto termine della decadenza "…decorre, oltre che nel caso di mancanza di un provvedimento esplicito sulla domanda dell’assicurato, anche in quello di omissione delle indicazioni di cui al comma quinto del medesimo art. 47".

10. Il terzo motivo è addirittura inammissibile, posto che, per costante e condivisibile giurisprudenza di questa Corte, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare le argomentazioni sul merito inserite (come nella specie) nella sentenza dopo una statuizione di inammissibilità della domanda, essendosi il giudice, con tale statuizione, spogliato della "potestas iudicandi" e dovendo, quindi, ogni successiva considerazione sul merito qualificarsi come svolta "ad abundantiam" (vedi Cass. Sez. un. sent.

n. 3840 del 2007 e successive conformi).

11. Manifestamente infondata, infine, è la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 e D.L. n. 103 del 1991, art. 6 – se interpretati nei sensi di cui alla sentenza impugnata – prospettata in riferimento all’art. 38 Cost..

12. Di contro alla tesi del ricorrente – secondo cui una siffatta interpretazione contrasta con il tenore letterale dell’art. 6, che espressamente circoscrive l’ambito di operatività della decadenza ai soli "ratei pregressi" delle prestazioni previdenziali (per il che ne rimarrebbero escluse le domande proposte da un soggetto non pensionato, stante l’evidente insussistenza, nel suo caso, di ratei pregressi di pensione) e si risolve nel sacrificare un diritto costituzionalmente garantito – va osservato che le ripetute disposizioni di legge operano anche con riguardo a prestazioni previdenziali non divisibili in ratei; che, comunque, nel caso del beneficio previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, si tratta di rivalutare non già l’ammontare di singoli ratei di pensione, bensì i contributi previdenziali necessari a calcolare la pensione originaria; infine, che la soggezione del relativo diritto alla decadenza dall’azione giudiziaria comporta unicamente la non applicazione del più favorevole sistema di calcolo delle contribuzione versata nel periodo di esposizione all’amianto e non certo la perdita del diritto alla pensione che, solo, dovrà essere calcolata in base all’anzianità contributiva maturata secondo gli ordinari criteri.

13 In conclusione il ricorso va rigettato.

14. Ritiene equo la Corte compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione in considerazione del recente consolidarsi della propria giurisprudenza sulle questioni oggetto di causa.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2012

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