Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 03-07-2012, n. 11091

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Firenze, rigettando il gravame proposto dall’INPS contro la decisione del Tribunale di Livorno, ha affermato il diritto di N.R. alla rivalutazione contributiva prevista dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8, a favore dei lavoratori esposti all’amianto, ritenendo non applicabile la decadenza prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, alle domande dirette, come quella oggetto di causa, al solo adeguamento – mediante il suddetto beneficio – della misura di un trattamento pensionistico già liquidato ed osservando inoltre che, nel caso di specie, era irrilevante che il N., con sentenza passata in giudicato, fosse stato dichiarato decaduto dall’azione giudiziaria rispetto alla domanda amministrativa inizialmente proposta, il solo effetto ricollegabile all’accertata decadenza dovendo ritenersi la perdita dei ratei della prestazione precedenti la corretta adizione amministrativa e giudiziaria.

Per la cassazione di questa sentenza l’INPS ha proposto ricorso fondato su un unico motivo. N.R. resiste con controricorso.

Le parti hanno anche depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

1. Nell’unico motivo l’INPS deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 e del D.L. n. 103 del 1991, art. 6 (convertito nella L. n. 108 del 1991) (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) e osserva che la rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto, pur avendo ricadute sulla pensione, costituisce un autonomo beneficio previdenziale, oggetto di un diritto concettualmente distinto e, come tale, soggetto al termine di decadenza (sostanziale) previsto dalla disposizione di legge citata.

Aggiunge che, una volta maturata la decadenza, nessun rilievo va attribuito a una successiva domanda dell’interessato, venendo, altrimenti, rimessa all’iniziativa del medesimo la possibilità di non far mai maturare il termine decadenziale.

2. Il ricorso è fondato.

3. Osserva il Collegio che questa Corte, decidendo numerose analoghe controversie (cfr., in particolare, Cass. sent. n. 12685 del 2008 e nn. 3605, 4695 e 6382 del 2012; ord. nn. 7138, 8926, 12052 del 2011, n. 1629 del 2012) si è espressa affermando il principio che la decadenza dall’azione giudiziaria prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (convertito nella L. n. 438 del 1992) trova applicazione anche per le controversie aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione.

Secondo le richiamate decisioni, infatti, l’art. 47 citato, per l’ampio riferimento fatto alle "controversie in materia di trattamenti pensionistici", comprende tutte le domande giudiziarie in cui venga in discussione l’acquisizione del diritto a pensione ovvero la determinazione della sua misura, così da doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in questione, domandato attraverso la richiesta di applicazione del meccanismo moltiplicatore di cui alla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.

4. Alla tesi della Corte di merito, che vorrebbe escluse dall’applicazione delle disposizioni legislative sulla decadenza le domande giudiziarie dei già pensionati, giusta i principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 12720/2009, può obiettarsi che, con la domanda per cui è causa, non si fa valere il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, in quanto erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che, seppure previsto dalla legge "ai fini pensionistici" e ad essi, quindi, strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia, operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe sorto) – in base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento pensionistico (basti pensare che l’esposizione all’amianto e la sua durata sono "fatti" la cui esistenza è conosciuta soltanto dall’interessato, tenuto, pertanto, a portarli a conoscenza dell’ente previdenziale onerato dell’applicazione del moltiplicatore contributivo attraverso un’ apposita domanda amministrativa e a darne dimostrazione).

5. Resta da aggiungere che è alla data di tale domanda – necessaria anche nel regime precedente l’entrata in vigore del D.L. n. 269 del 2003, art. 47 (convertito nella L. n. 326 del 2003), che ne ha addirittura sanzionato la mancata presentazione entro l’ivi previsto termine con la decadenza dal diritto al beneficio de quo – che deve aversi riguardo ai fini della verifica della tempestività dell’azione giudiziaria.

6. Diversamente da quanto ritenuto dalla Corte territoriale, non può, invero, essere valorizzata una nuova domanda presentata successivamente alla già maturata decadenza (nella specie accertata con sentenza passata in giudicato), funzione delle disposizioni legislative che ne hanno affermato la natura sostanziale essendo quella di tutelare la certezza delle determinazioni concernenti erogazione di spese gravanti sui bilanci pubblici (cfr. Cass. Sez. un. n. 12718/2009, in motivazione); funzione che verrebbe irrimediabilmente frustrata ove si ritenesse che la semplice riproposizione della istanza amministrativa (ovvero dell’azione giudiziaria) consenta il venir meno degli effetti decadenziali già verificatisi.

7. In conclusione, il ricorso dell’INPS va accolto e, cassata la sentenza impugnata, non conforme a diritto sotto tutti i profili denunziati, la causa può essere decisa direttamente da questa Corte nel merito (non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto) nel senso del rigetto della domanda del beneficio previdenziale de quo proposta dall’odierno resistente.

Ritiene equo la Corte compensare tra le parti le spese dell’intero processo, in considerazione del recente consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni oggetto di causa.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda; compensa fra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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