T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 12-01-2012, n. 32 Atti amministrativi confermativi o non

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. A seguito di un’istanza presentata in data 6 aprile 2007, il Comune di Santo Stefano Belbo (CN), con Provv. prot. n. 3933 del 4 luglio 2007, ha negato al sig. O.R. il rilascio dell’autorizzazione per l’apertura di un centro commerciale (di categoria M-CC: media struttura di vendita) da ubicarsi in corso IV Novembre, ossia in area esterna all’insediamento commerciale "A1- centro storico".

Nel motivare il diniego l’amministrazione ha argomentato, anzitutto, la seguente premessa: "alla richiesta di autorizzazione ai sensi dell’art. 6 comma 6 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114 , non avendo, alla data di presentazione dell’istanza il Comune dato corso all’applicazione delle norme di cui alla DCR 59-10831, si applicano le norme sostitutive dettate dall’art. 30 della Deliberazione del Consiglio Regionale". Ciò premesso, il Comune ha articolato la motivazione del diniego lungo un duplice profilo: in primo luogo, ha rilevato il mancato soddisfacimento di un parametro, quello relativo al "numero minimo di residenti", la cui applicazione risultava inderogabile proprio "ai sensi del comma 4/bis del citato art. 30" (nella specie, come si legge nel provvedimento, "la popolazione residente all’interno del cerchio descritto da un raggio dall’ampiezza di mt. 500 è stato dal Comune calcolato in base ai dati censuari in 1.290 abitanti, di molto inferiore al numero di 2.500 richiesto dal provvedimento regionale"); in secondo luogo, ha così conclusivamente affermato: "i criteri per il rilascio delle autorizzazioni per le strutture di vendita approvati dal Consiglio Comunale di S. Stefano Belbo in data 18.06.2007 con delibera n. 18 non prevedono la possibilità del riconoscimento della localizzazione commerciale in sede di procedimento del rilascio di autorizzazione".

2. Avverso tale provvedimento (nonché avverso gli atti di pianificazione generale in esso richiamati) il sig. R. ha presentato ricorso dinnanzi a questo TAR (rubricato al n. di RG 1359/2007), chiedendone l’annullamento previa sospensione cautelare.

Con un unico motivo di gravame è stato dedotto il seguente vizio: "Violazione di legge in relazione all’art. 6 comma 6 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114; eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e disparità di trattamento. Illegittimità derivata".

Si è costituito in giudizio il Comune di Santo Stefano Belbo, in persona del Sindaco pro tempore, depositando documenti e chiedendo il rigetto delle pretese avversarie.

3. Alla camera di consiglio del 12 dicembre 2007, chiamata per la discussione dell’incidente cautelare, il ricorrente ha rinunciato alla domanda di sospensiva.

4. Nelle more del giudizio, in data 24 novembre 2008, il sig. R. ha presentato una nuova istanza agli uffici comunali, volta ad ottenere l’autorizzazione all’apertura del medesimo centro commerciale per il quale l’amministrazione aveva già comunicato il diniego.

La risposta del Comune, sotto forma di un nuovo diniego, è stata formalizzata con il Provv. prot. n. 1150 del 25 febbraio 2009.

Questa volta la motivazione del diniego ha, nelle premesse, argomentato la non applicabilità dell’"art. 30 degli indirizzi regionali di cui alla D.C.R. 563-13414/99 e s.m.i. ‘Norme sostitutive nel caso di inerzia da parte dei Comuni’" posto che "il Comune si è dotato dei criteri applicativi del D.Lgs. n. 114 del 1998 e della L.R. n. 28 del 1999". Ciò premesso, il diniego è stato così motivato: "i criteri adottati dal Comune espressamente (art. 7 ed allegata tab. A) e l’art. 57, comma 3 e allegata tab. A delle norme di attuazione del PRGC, come modificato dalla variante parziale approvata dal Consiglio Comunale con successive deliberazioni n. 19/CC del 18/06/2007 e n. 35/CC del 24/09/2007, escludono nuove localizzazioni commerciali esterne alla zona di insediamento commerciale A1 – addensamento storico, consentendo al di fuori di tale area solo esercizi di vicinato, come anche affermato nella deliberazione del Consiglio Comunale n. 18/CC del 18 giugno 2007 e riconosciuto dalla comunicazione della Regione Piemonte prot. 8770/17.1 del 11/9/2007 del Responsabile del Settore programmazione ed interventi dei settori commerciali della Direzione Regionale Commercio e Artigianato pervenuto al protocollo generale del Comune in data 14/09/07 al n. 5305; e, conseguentemente, neppure è ipotizzabile l’applicazione al caso in esame dell’art. 30 delle Istruzioni regionali per effetto del rinvio dell’art. 13 dei Criteri comunali, in quanto l’art. 13 rinvia ‘per quanto non espressamente indicato’ mentre, come detto, i Criteri comunali approvati con deliberazione del Consiglio Comunale di S. Stefano Belbo n. 18/CC del 18 giugno 2007, espressamente escludono nuove localizzazioni al di fuori dell’insediamento A1".

5. Anche il nuovo diniego è stato impugnato dal sig. R. che, nell’ambito di un nuovo giudizio (RG n. 533/2009) ne ha chiesto l’annullamento. Il ricorrente ha impugnato, altresì, quale atto presupposto, l’art. 7 e l’allegata tabella A della deliberazione del Consiglio comunale di Santo Stefano Belbo, insieme all’art. 57, comma 3, delle norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore (ed allegata Tabella A) e, "se del caso" (ossia, se interpretata in modo sfavorevole al ricorrente), la d.C.R. n. 563-13414 del 29 ottobre 1999.

La nuova impugnativa deduce, quali motivi di gravame, la violazione di legge (nella specie, delle seguenti norme: artt. 6 e 8 D.Lgs. n. 114 del 1998; art. 3 D.L. n. 223 del 2006, convertito in L. n. 248 del 2006; art. 1 L.R. Piemonte n. 28 del 1999; artt. 14, 17, 24, 29 e 30 d.C.R. n. 563-13414 del 29 ottobre 1999) e l’eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà.

Sulla premessa che le norme dettate in materia di insediamenti commerciali, anche di medie strutture, vanno collegate "con il principio di libera concorrenza che costituisce il parametro di riferimento dell’intera materia", il ricorrente sostiene che la previsione comunale di non prevedere alcuna localizzazione commerciale esternamente all’area A1 (ivi comprese le medie strutture di vendita) creerebbe "una situazione lesiva della libera concorrenza", proprio perché "nuove medie strutture di vendita potrebbero essere insediate solo nell’addensamento storico A1". Sarebbe inoltre contraddittorio "consentire nuovi insediamenti di medie strutture di vendita in zona di centro storico e non invece nelle aree proprie, commerciali, individuate dal prgc, dotate di adeguate sedi viarie, di parcheggi e rispettose delle normative di tutela ambientale e di zonizzazione acustica".

Inoltre, prosegue il ricorrente, a ben vedere il divieto comunale di insediare nuovi centri commerciali sarebbe vigente "sull’intero territorio comunale", come è affermato nella nota della Regione Piemonte n. 8770/17.1, dell’11 settembre 2007, citata nel provvedimento impugnato: ciò "in violazione dei principi e degli obiettivi contenuti nell’art. 1 della L.R. n. 28 del 1999". Egli richiama, in proposito, la sentenza n. 5912 del 2008 del Consiglio di Stato, sez. V.

6. Anche nel nuovo giudizio, RG n. 533/2009, si è costituito in giudizio il Comune di Santo Stefano Belbo, in persona del Sindaco pro tempore, depositando documenti ed insistendo per il rigetto del gravame.

Nella memoria depositata il 15 aprile 2011 il Comune ha eccepito, preliminarmente, l’inammissibilità dell’impugnativa del nuovo diniego, in quanto proposta "contro un atto meramente confermativo". A fronte dell’analogia tra le domande presentate dall’interessato, infatti, l’amministrazione avrebbe nuovamente negato l’autorizzazione all’apertura del centro commerciale "sulla base della medesima motivazione" di cui al primo atto di diniego. Nel merito, il Comune sostiene che i propri "criteri per il rilascio delle autorizzazioni per le strutture di vendita", di cui alla deliberazione del Consiglio comunale n. 18 del 18 giugno 2007, avrebbero recepito "in piena conformità" la normativa statale e regionale di riferimento, essendo stata riconosciuta un’unica zona di "addensamento commerciale" (A1) coincidente con il centro storico, con esclusione del riconoscimento di altre localizzazioni commerciali esternamente alla zona A1 stessa.

Con riferimento agli altri atti impugnati – le disposizioni del piano regolatore e della d.C.R. n. 563-13414 del 29 ottobre 1999 – il Comune eccepisce, preliminarmente, l’irricevibilità dell’impugnazione, in quanto detti atti, contenenti "disposizioni direttamente lesive" dell’interesse del ricorrente, avrebbero dovuto essere impugnati, "a pena di decadenza, entro il termine di sessanta giorni decorrenti dall’ultimo giorno di pubblicazione". Nel merito, l’amministrazione sostiene che gli atti di carattere generale citati, lungi dall’aver escluso l’apertura di medie strutture di vendita "su tutto il territorio comunale", avrebbero invece individuato "una zona di addensamento commerciale all’interno della quale sono autorizzabili medie strutture di vendita alimentari e non alimentari, nonché gli esercizi di vicinato, prevedendo che, all’esterno di tale area, siano comunque consentiti gli esercizi di vicinato". Non sussisterebbe, pertanto, la lamentata contrizione della libertà di iniziativa economica: fuorviante sarebbe, quindi, anche il richiamo alla sentenza n. 5912 del 2008 del Consiglio di Stato, fondata su una situazione di fatto "totalmente differente" rispetto a quella del caso odierno.

7. Il ricorrente, dopo aver ribadito (con memoria depositata il 15 aprile 2011) le argomentazioni di cui al ricorso RG n. 533/2009, ha poi replicato alle difese dell’amministrazione con memoria depositata il successivo 27 aprile.

Anche l’amministrazione resistente ha replicato, con memoria depositata il medesimo 27 aprile, ribadendo, in particolare, le eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità.

Successivamente, in data 21 ottobre 2011, l’amministrazione ha depositato un’ulteriore memoria, ribadendo ulteriormente le proprie difese riferite sia alla causa RG n. 1359/2007 sia alla causa RG n. 533/2009.

8. Alla pubblica udienza del 23 novembre 2011 entrambe le cause sono passate in decisione.

Motivi della decisione

1. Si controverte, nel presente giudizio, in ordine a due provvedimenti di diniego adottati dal Comune di Santo Stefano Belbo ed aventi ad oggetto due diverse istanze, avanzate dal ricorrente a distanza di circa un anno e mezzo l’una dall’altra, entrambe concernenti l’apertura di un (medesimo) centro commerciale classificato "media struttura di vendita".

I due provvedimenti di diniego sono stati impugnati, unitamente ad altri atti di natura generale, con due distinti ricorsi. Le doglianze di parte ricorrente vanno dalla violazione di legge, all’eccesso di potere, alla violazione del principio di libera iniziativa economica (sub specie di violazione della concorrenza).

L’amministrazione resistente eccepisce, con riferimento al secondo ricorso, l’inammissibilità del gravame, in quanto proposto contro un "atto meramente confermativo" (il secondo diniego, rispetto al quale il ricorrente ha dedotto censure non sollevate la prima volta), nonché l’irricevibilità per tardività, non essendo stati tempestivamente impugnati gli atti presupposti di natura generale.

2. Va anzitutto, ai sensi dell’art. 70 cod. proc. amm., disposta la riunione delle due cause, in quanto all’evidenza connesse per la presenza di medesimi elementi soggettivi (parte ricorrente e parte resistente) ed oggettivi (il diniego all’apertura di un centro commerciale).

3. Il primo dei due ricorsi (RG n. 1359/2007) va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Il provvedimento ivi gravato (prot. n. 3933 del 4 luglio 2007) è stato infatti sostituito, in corso di causa, dal secondo provvedimento di diniego sopraggiunto in data 25 febbraio 2009 (prot. n. 1150), onde il complessivo assetto di interessi coinvolto risulta essere disciplinato unicamente da questo secondo provvedimento che ha privato di efficacia il primo.

Né può sostenersi, al riguardo, che il secondo provvedimento di diniego costituisca un "atto meramente confermativo" del primo (come ritenuto dall’amministrazione resistente), in quanto tale privo di efficacia innovativa. Affinché un atto amministrativo, sopraggiunto in un secondo momento, possa essere qualificato come "meramente confermativo" di uno in precedenza adottato, infatti, è necessario che l’amministrazione non abbia compiuto un riesame dell’affare, procedendo ad esempio a nuova istruttoria o esternando una nuova e diversa motivazione. Nel caso di specie, pur a fronte di due istanze sostanzialmente analoghe, non può revocarsi in dubbio che la motivazione del secondo diniego è diversa da quella del primo, almeno sotto tre profili: a) viene esternato con maggiore precisione il secondo capo motivazionale del primo provvedimento (quello che si riferiva all’impossibilità, per il Comune, di procedere al riconoscimento della localizzazione commerciale in sede di procedimento del rilascio di autorizzazione: aspetto, inizialmente, soltanto accennato); b) si fa leva sull’inapplicabilità dell’art. 30 delle norme sostitutive regionali, laddove nel primo provvedimento, al contrario, si sosteneva l’applicabilità della medesima norma; c) viene del tutto eliminato, soprattutto, il primo capo motivazionale del primo provvedimento (afferente al calcolo della popolazione residente nella zona), non più riproposto nel secondo diniego. Da ciò è evidente che l’amministrazione, a seguito della seconda istanza avanzata dal ricorrente, ha complessivamente rivalutato la situazione, iniziando una nuova istruttoria ed un nuovo procedimento, pur giungendo, alla fine, al medesimo esito (rigetto dell’istanza).

Trova quindi applicazione, nella specie, l’insegnamento pacifico della giurisprudenza, secondo il quale soltanto se il provvedimento della p.a. è meramente confermativo di una antecedente determinazione, non tempestivamente impugnata, del primo si deve escludere l’impugnabilità; viceversa, quando l’antecedente determinazione della stessa Amministrazione non impugnata viene, come nella fattispecie, successivamente sottoposta a riesame nell’ambito di una nuova attività istruttoria, seppure con esito sostanzialmente confermativo, non incorre nel termine decadenziale l’interessato che promuove ricorso nei riguardi della determinazione finale successiva (cfr., ex multis, di recente: Cons. Stato, sez. VI, n. 1983 del 2011; TAR Sicilia, Catania, sez. IV, n. 868 del 2011).

4. Passando ora all’esame del secondo ricorso, deve preliminarmente esaminarsi l’eccezione di irricevibilità per tardività, sollevata dall’amministrazione resistente, con riferimento all’impugnativa delle disposizioni del piano regolatore e della d.C.R. n. 563-13414 del 29 ottobre 1999.

L’eccezione va disattesa. Tali atti risultano, infatti, tempestivamente impugnati già con il primo dei due ricorsi (RG n. 1359/2007), peraltro in un momento in cui essi non avevano ancora formato oggetto di compiuta disamina da parte dell’amministrazione nel motivare il diniego. Solo con l’adozione del secondo provvedimento, a seguito della presentazione della seconda istanza, essi hanno formato la base sostanziale della motivazione negativa per il rigetto dell’istanza, ingenerando così l’interesse, in capo al ricorrente, alla loro contestazione in sede giurisdizionale.

5. Nel merito, il ricorso di cui al n. RG 533/2009 è fondato.

Ciò che emerge dalla documentazione versata in giudizio è che, in base agli atti di programmazione e di pianificazione vigenti nel territorio del Comune di Santo Stefano Belbo, in nessun punto del territorio comunale è possibile, attualmente, insediare alcun centro commerciale della tipologia (media struttura di vendita, alimentare e non alimentare) di quello oggetto della domanda del ricorrente. Come emerge dalla Tabella "A", allegata alla deliberazione consiliare n. 18 del 18 giugno 2007 (recante i "Criteri per il rilascio delle autorizzazioni per le strutture di vendita"), le strutture distributive appartenenti alla tipologia "M-CC" (ossia, per l’appunto, quelle di media grandezza, con superficie da 151 a 1500 mq) non sono radicalmente ammesse nell’addensamento storico A1: ma ciò equivale a dire che esse non risultano ammesse per tutta la superficie territoriale del Comune, posto che, in base all’art. 6, par. n. 2, della medesima deliberazione, tale addensamento A1 è l’unica zona riconosciuta come "addensamento commerciale" ai fini dell’insediamento di qualsivoglia struttura di vendita (ed infatti, come confermato dall’art. 7, par. n. 3, della medesima deliberazione, "Esternamente alle zone di insediamento commerciale, è ammesso l’esercizio di vicinato nelle aree in cui lo strumento urbanistico prevede la destinazione commerciale", dunque con esclusione della possibilità di insediare strutture di vendita medie e grandi, oltre ai centri commerciali).

Come ha statuito il Consiglio di Stato in una fattispecie del tutto analoga (Cons. Stato, sez. V, n. 5912 del 2008), la pretesa di un Comune di non consentire su tutto il territorio comunale l’apertura di medie strutture di vendita si pone in inevitabile contrasto con i parametri costituzionali relativi all’uguaglianza (art. 3 Cost.) e alla libertà di intrapresa (art. 41 Cost.) come sanzionati, per analoghe vicende, da ormai risalente giurisprudenza. I precetti contenuti negli articoli 6 e 8 del D.Lgs. n. 114 del 1998, che prevedono rispettivamente l’adozione di criteri per l’individuazione di aree da destinare agli insediamenti commerciali anche di medie strutture e l’adozione da parte del Comune di criteri per il rilascio delle relative autorizzazioni, vanno collegati con il principio di libera concorrenza che costituisce il parametro di riferimento dell’intera materia (Corte cost., sent. n. 430 del 2007) e vanno pertanto interpretati nel senso di vietare qualsiasi misura che inibisca l’applicazione generale e coerente del principio stesso. L’art. 3 del D.L. n. 223 del 2006, convertito in L. n. 248 del 2006, ha nel complesso eliminato tutti i limiti e le condizioni all’esercizio delle attività commerciali (sia pure con eccezione delle vendite sottocosto e dei capisaldi di fine stagione) con ciò inibendo ogni statuizione che, pur corredata da giustificazioni urbanistiche, abbia come unica finalità quella di revocare in dubbio la gestibilità nell’intero territorio comunale di quelle attività (cfr., ancora, Cons. Stato, n. 5912 del 2008, cit.). Il diniego qui contestato è il frutto di un obiettivo che il Comune resistente, con le proprie norme di programmazione e di pianificazione, si è prefissato in contrasto con i criteri di ragionevolezza, di libertà di circolazione delle merci e di stabilimento, ossia in perfetta antitesi con i principi della Comunità europea che i Giudici nazionali sono tenuti ad applicare. Né èinvocabile, in questa prospettiva, neppure il criterio della c.d. discriminazione a rovescio, poiché anche le imprese di altri Stati membri non sarebbero abilitate ad aprire esercizi commerciali delle su indicate caratteristiche nell’intero territorio comunale (così, ancora, Cons. Stato, n. 5912 del 2008, cit.).

Il ricorso è, pertanto, da accogliere, con annullamento di tutti gli atti impugnati, nella parte in cui non consentono l’insediamento, nella zona di addensamento commerciale interessata, di medie strutture di vendita del tipo di quella richiesta dal ricorrente nella propria domanda di autorizzazione.

6. In considerazione della natura della presente controversia, nonché dei contrapposti interessi, il Collegio rinviene giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti, con riferimento ad entrambe le cause riunite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione seconda, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previa loro riunione,

a) dichiara improcedibile il ricorso di cui al n. RG 1359/2007;

b) accoglie il ricorso di cui al n. RG 533/2009 e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati, nei sensi di cui in motivazione;

c) compensa integralmente le spese di entrambi i giudizi.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Vincenzo Salamone, Presidente

Ofelia Fratamico, Referendario

Antonino Masaracchia, Referendario, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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