Cons. Stato Sez. V, Sent., 13-01-2011, n. 169 U. S. L. inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A) – Q.D. (specialista in psichiatria e neuropsichiatria infantile e con idoneità nazionale al primariato in psichiatria, all’epoca aiuto coordinatore responsabile del dipartimento di salute mentale di Gallipoli, assunto in servizio non di ruolo come assistente medico presso l’O.p.i.s. di Lecce, quale idoneo in un pubblico concorso bandito nell’anno 1980, e dal 1° febbraio 1981 assegnato al Centro d’igiene mentale di Gallipoli, pur rimanendo formalmente inquadrato nell’O.p.i.s. di Lecce), impugnava la delib. dir. gen. A.u.s.l. Lecce 2 di Maglie 18 marzo 1997 n. 411, nonché ogni atto connesso, ivi compresi quelli di eventuale recupero d’importi percepiti dall’interessato nel periodo 1° ottobre 1985/28 febbraio 1997, avendo svolto sempre funzioni subapicali quanto meno di aiuto, come unico medico addetto al citato C.i.m., inquadrato come assistente medico ex legge di sanatoria n. 207/1985 e transitato al S.s.n. dal 1° settembre 1985, con successiva richiesta dei discussi benefici sia all’O.p.i.s. che all’U.s.l. Lecce 13, e la connessa delib. C.g. n. 427/1986 (approvata dal Co.re.co con nota del 1986), recante il suo inquadramento in ruolo come aiuto medico, per le funzioni da lui svolte (fin dal 14 febbraio 1981) presso il C.i.m. di Gallipoli, in presenza di un posto disponibile in pianta organica (v. delib. C.r. Puglia n. 573/1983), con successivo reinquadramento (previa relativa pronuncia n. 784/2007 del T.a.r. di Lecce, adìto in veste di aiuto dirigente medico) quale dirigente medico, poi sottoposto al controllo della Corte dei conti che, con nota 8 novembre 1996, aveva riscontrato l’illegittimità del disposto inquadramento del Q. come aiuto medico: donde la nota di preavviso procedimentale ex art. 7, legge n. 241/1990, comunicante l’apertura di una procedura di ricollocazione nella qualifica di assistente medico.

B) – L’interessato chiedeva termine per controdedurre, dopodiché intervenivano gli atti poi dal medesimo impugnati per violazione dell’art. 10, legge n. 241/1990, degli artt. 1 e 2, legge n. 207/1985, dell’art. 36, Cost., e dell’art. 2126, c.c., non potendosi ripetere emolumenti percepiti in buona fede dal dipendente pubblico (a pena d’ingiustificato arricchimento della p.a.), dei principi generali in materia di atti di ritiro e del principio del giusto procedimento; eccesso di potere per erronei presupposti in fatto e diritto, ingiustizia manifesta, difetto istruttorio quanto alla possibilità d’inserimento in ruolo su posto vacante, anche per chi provenisse da un servizio non di ruolo in posto vacante di livello intermedio non apicale, ricoperto al 30 giugno 1984 o 12 giugno 1985, ex art. 3, d.P.R. n. 130/1969, e vizio di motivazione circa il pubblico interesse, perseguito in rapporto a quello privato azionato dal Q. (anche alla luce del lunghissimo tempo trascorso – con il connesso sorgere di un comprensibile affidamento – e sfociato nell’ulteriore riqualificazione dirigenziale), e le trascurate controdeduzioni fornite dall’attuale appellato ed originario ricorrente.

C) – L’amministrazione intimata si costituiva in giudizio e resisteva al ricorso, poi respinto dai primi giudici con sentenza che il Q. impugnava per violazione dell’art. 97, Cost., mancanza di presupposti per l’esercizio del potere di autotutela, travisamento, ingiustizia manifesta e contraddittorietà, in rapporto ad un inquadramento, come assistente medico di ruolo, avvenuto a sua totale insaputa e ad una situazione consolidatasi per oltre dieci anni (cfr. C.S., dec. n. 5112/2010), in assenza di un comprovato danno erariale (cfr. C.S., sezione V, dec. n. 158/1998).

L’A.u.s.l. Lecce 2 di Maglie si costituiva in giudizio e resisteva al gravame, difendendo la sentenza impugnata.

Con rispettive memorie riepilogative, entrambe le parti ribadivano ed illustravano le proprie argomentazioni difensive.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, dopo il rigetto di un’istanza cautelare con ordinanza n. 28/2000 di questo Consiglio di Stato.

Motivi della decisione

L’appello è infondato e va respinto (come già avvenuto in sede cautelare).

I) – Il collegio condivide l’impugnata pronuncia, dato che correttamente i primi giudici avevano ritenuto inammissibile il ricorso introduttivo, quanto agli atti di recupero di somme all’epoca non ancora adottati (con evidente carenza di lesione attuale e correlativo difetto d’interesse ad agire, come pure mancanza della connessa legittimazione attiva a ricorrere), ed infondato nel merito delle pretese caducatorie, per l’insussistente necessità di confutare analiticamente le controdeduzioni del ricorrente originario e l’interesse pubblico immanente nel perseguire l’annullamento di atti d’inquadramento rivelatisi illegittimi e forieri d’indebito esborso di pubblico denaro, anche in rapporto alla mancata comunicazione a chi di dovere (in relazione alle due domande di sanatoria inoltrate) del suo già intervenuto inquadramento quale assistente medico (con non più reiterabile fruizione della discussa sanatoria, come correttamente posto in luce dall’impugnata sentenza), grazie alla delib. n. 799/1985 della rappresentanza consorziale dell’O.p.i.s. di Lecce, ai sensi dell’art. 1, legge n. 207/1985 (il che escludeva qualsiasi buona fede: cfr. C.S., Ad. pl., dec. n. 1/1992), ed in assenza di un formale provvedimento d’incarico come aiuto medico, individuato solo con delib. C.r. n. 573/1983 e concernente un posto neppure prima esistente nella pianta organica de qua.

II) – E tutto ciò non poteva che rendere evidente la totale assenza dei presupposti necessari per potersi far luogo legittimamente all’inquadramento preteso dal Q., la cui buona fede i primi giudici avevano palesemente e doverosamente disconosciuto, in relazione al suo comportamento sopra descritto.

Né potrebbe dubitarsi della piena legittimità di atti vincolati di recupero di somme riconosciute come indebitamente erogate (per cui il danno erariale risultava in re ipsa) dalla Corte dei conti (come nella specie), anche ove ciò sia avvenuto dopo un lungo tempo trascorso e malgrado la buona fede dell’interessato, che in casi del genere potrebbe trarne il solo vantaggio di vedersi accordare modalità di restituzione dilazionata, per quanto possibile, tali da non alterare eccessivamente il suo tenore di vita.

Conclusivamente, l’appello va respinto, con salvezza dell’impugnata sentenza, mentre le spese e gli onorari del giudizio di secondo grado possono integralmente compensarsi per giusti motivi tra le parti costituitevi, tenuto anche conto della natura della vertenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, respinge l’appello (ricorso n. 10195/1999) e compensa interamente tra le parti in causa spese ed onorari del giudizio di secondo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2010, con l’intervento dei giudici:

Calogero Piscitello, Presidente

Gianpiero Paolo Cirillo, Consigliere

Marzio Branca, Consigliere

Aldo Scola, Consigliere, Estensore

Angelica Dell’Utri, Consigliere

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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