Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso del 30.7.02 Br.Gi., condomino dell’edificio sito al corso (OMISSIS), adì ex art. 1137 c.c., il tribunale in sede, nei confronti dei condominio, chiedendo dichiarasi nulla o annullarsi la delibera assembleare straordinaria dei 13.6.02,per inosservanza del termine regolamentare di convocazione dei condomini, indeterminatezza dell’o.d.g., mancata indicazione nel verbale delle quote millesimali del presenti ed errata ripartizione degli oneri condominiali;
l’istante chiese anche,ai sensi dell’art. 94 c.p.c., la condanna personale dell’amministratore B.G..
Si costituirono congiuntamente il condominio, in persona del suddetto, e questi in proprio, chiedendo il rigetto della domanda e deducendo l’insussistenza della responsabilità personale dell’amministratore; successivamente il condominio,in persona di un nuovo amministratore succeduto al B., si costituì separatamente a mezzo di un nuovo difensore.
All’esito di istruttoria documentale il tribunale rigettò la domanda, con condanna del ricorrente alle spese in favore sia del condominio, sia del B., con sentenza del 12/15.12.05, dal secondo notificata al soccombente in data 19.4.05.
Il Br. propose appello con ricorso depositato il 18.5.05 e notificato in data 6.7.05, unitamente al pedissequo decreto presidenziale fissante l’udienza, agli appellatile costituitisi distintamente,resistettero al gravame.
Con sentenza del 23.4-6.7.08 la Corte di Torino, accogliendo la preliminare eccezione sollevata dal B., dichiarò l’appello inammissibile, in quanto tardivo in relazione al termine di cui all’art. 325 c.p.c., ritenuto lo stesso decorrente dalla surriferita data della notificazione, utilmente effettuata dal B. in quanto parte del giudizio, ed il gravame non utilmente proposto con il deposito del ricorso, attesa l’improprietà in appello di tale forma di atto introduttivo adottata in luogo del prescritto atto di citazione, con la conseguente tardività dell’instaurazione del contraddittorio, avvenuta soltanto con la menzionata notificazione del 6.7.05.
Regolando tuttavia le spese, la corte riteneva di doverle integralmente compensare tra tutte le parti ai sensi dell’art. 92 c.p.c., osservando, da un lato, non essere "disconoscibile un certo qual effetto confusorio ricollegabile alla specificità della disposizione di cui all’art. 1337 c.c.", sotto altro profilo, evidenziando "la fondatezza, ictu oculi, dei rilievi del Br.
sia con riferimento al carattere indebito della simultanea costituzione in giudizio del B. e del Condominio…sia con riferimento alla questione…pertinente al mancato rispetto del termine di cinque giorni previsto dal regolamento di condominio…" Avverso tale sentenza il B. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
Ha resistito il Br. con controricorso, contenente ricorso incidentale su due motivi.
Ha replicato il ricorrente principale con controricorso ex art. 371 c.p.c., comma 4.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede il condominio.
Motivi della decisione
Con il ricorso principale si censura, per violazione degli artt. 324 e 327 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, la statuizione di compensazione delle spese,in quanto adottata sulla base di indebito esame del merito della controversia, che sarebbe stato precluso dall’inammissibilità del gravame, comportante il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, reiettiva della domanda attrice.
Con il primo motivo del ricorso incidentale si censura, per violazione dell’art. 102 c.p.c., comma 2 e art. 325 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn 3 e 5, la dichiarazione di inammissibilità dell’appello, sul presupposto della decorrenza del relativo termine breve, che tuttavia si sostiene non avrebbe potuto decorrere dalla data della notificazione della sentenza da parte del B., in quanto costui, avendo partecipato al giudizio di primo grado soltanto nella qualità di interventore adesivo dipendente e non di convenuto, non essendo a tal fine rilevante la proposizione dell’istanza ex art. 94 c.p.c., non avrebbe potuto compiere atti d’impulso processuale, potendosi solo associare alle posizione del condominio, parte adiuvata.
Sulla base di tale ultima argomentazione il controricorrente eccepisce anche, più radicalmente, l’inammissibilità del ricorso principale, in quanto proposto da parte priva di poteri impugnatori.
Con il secondo motivo del ricorso incidentale si deduce violazione dell’art. 105 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sostenendosi che il B., non essendo stato evocato in giudizio quale convenutola soltanto indicato quale destinatario della richiesta di condanna alle spese ex art. 94 c.p.c., di per sè sola non comportante la qualità di parte, dopo essersi inammissibilmente costituito in proprio unitamente al condominio, pur competendogli al più la qualità di interventore adesivo dipendente, neppure tale intervento avrebbe potuto spiegare, in quanto receduto dalla carica di amministratore, il che avrebbe comportato l’assenza di qualunque interesserà pur mediato, all’esito della lite.
Tanto premesso,vanno esaminate con precedenza, per priorità logico – giuridica, le questioni proposte nel controricorso, attinenti alla legittimazione processuale del B., che è stata contestata sia con riferimento alle facoltà di intervento e di iniziativa processuale esercitate nei gradi di meritoria a quella di proporre l’impugnazione di legittimità.
In proposito,va premesso che, nel caso in cui una parte si avvalga dell’eccezionale facoltà, prevista dall’art. 94 c.p.c., di chiedere la condanna alle spese per gravi motivi del legale rappresentante di quella avversa, pur non assumendo per ciò solo tale persona la qualità di parte necessaria del processo (v. Cass. n. 20878/10), alla stessa è tuttavia consentito intervenirvi, sia per sostenere le ragioni del rappresentatoci riguardo assumendo la qualità di interventore adesivo dipendente, sia per confutare la fondatezza della richiesta del proprio coinvolgimento nella condanna alle spese, questione sulla quale, per l’evidente diretto interesse, non può alla stessa disconoscersi, in tali limiti, la qualità di parte vera e propria.
Del resto, per costante giurisprudenza di questa Corte, il principio, secondo cui l’interventore adesivo dipendente non dispone di autonomi poteri di iniziativa processuale,segnatamente impugnatori, in relazione alle domande proposte da o contro la parte adiuvata, potendo solo associarsi a quest’ultima, non si estende alle questioni concernenti la qualificazione della propria posizione ed il regolamento delle spese processuali (v in particolare Cass. nn. 17644/07, 1416/96), in relazione alle quali l’intervenuto va considerato quale parte direttamente interessata, in quanto tale abilitata anche ad impugnare, su tali capi, la sentenza in tutto o in parte a lui sfavorevole.
Tale principio comporta, anzitutto, la legittimazione del B. a impugnare la sentenza di secondo grado, nella parte in cui, pur dichiarando inammissibile l’avverso gravame, ha tuttavia compensato le spese del giudizio, così adottando al riguardo una statuizione parzialmente sfavorevole all’appellato; sicchè va respinta la preliminare eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dal controricorrente.
Il medesimo menzionato principio comporta, altresì, l’infondatezza del primo motivo del ricorso incidentale, poichè il B., pur dovendosi considerare un interventore adesivo dipendente nel giudizio di primo grado, relativamente alla domanda principale, in relazione alle questioni relative al regolamento delle spese processuali disponeva di proprie autonome facoltà di iniziativa processuale ed impugnatorie, nell’ambito delle quali ben avrebbe potuto, ai fini acceleratori di cui all’art. 285 c.p.c., notificare la sentenza del tribunale, a lui favorevole sul punto, alla parte attrice, avendo un evidente interesse al passaggio in giudicato della reiezione dell’avversa richiesta ex art. 94 c.p.c., e della conseguente condanna della controparte ex art. 91 c.p.c., in proprio favore.
Manifestamente infondato, poi, è il secondo motivo del ricorso incidentale, essendo pacifico che, all’epoca in cui fu assunta la delibera assembleare impugnata dal Br., l’amministratore in carica del condominio fosse il B., e poco o punto rilevando i successivi avvicendamenti nella carica medesima.
Al riguardo la legittimazione ad intervenire nel processo non può che spettare al soggetto passibile, in ragione della carica rivestita e per gravi motivi,della condanna alle spese del giudizio ex art. 94 c.p.c., da ritenersi riferibile,in ragione della natura sanzionatoria dell’eccezionale disposizione, alla persona fisica che abbia rappresentato o assistito la parte principale, all’epoca in cui sia stato compiuto l’atto o instaurato il rapporto, oggetto della controversia.
Passando all’esame del ricorso principale,ritiene la Corte che anche tale impugnazione sia priva di fondamento.
Il richiamo agli artt. 324 e 327 c.p.c., è inconferente, poichè il giudice di appello non ha inteso rimettere in discussione la reiezione della domanda principale, pronunziata da quello di primo grado e passata in giudicato per effetto della dichiarazione d’inammissibilità del gravame, ma ha soltanto valutato, ai limitati fini del regolamento delle spese del giudizio di appello, le ragioni poste a base dell’impugnazione proposta dal Br., ravvisandone prima facie profili di fondatezza, che in ipotesi di tempestività dell’appello, avrebbero condotto ai relativo accoglimento.
Nè tale "delibazione", ad avviso di questa Corte, può ritenersi censurabile sotto il profilo (peraltro non espressamente dedotto) di cui all’art. 92 c.p.c., tenuto conto dell’ampio potere equitativo che la norma conferisce al giudice di merito, il cui esercizio, ove corredato da motivazione non palesemente illogica, non è sindacabile in sede di legittimità.
A tanto aggiungasi che nel mezzo d’impugnazione non viene censurata l’altra ratio decidendi esposta a sostegno della statuizione compensatoria, correlata alla non chiarezza dell’art. 1137 c.c. (tale dovendo intendersi il richiamo,per evidente errore materiale, menzionante l’art. 1337 c.c.), relativamente alle forme dell’impugnazione delle deliberazioni condominiali, argomentazione palesemente ragionevole (basti considerare che sulla questione si è resa necessaria una sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, la n. 8941 del 2011), che di per sè sola sarebbe stata sufficiente a giustificare detta compensazione; sicchè, anche sotto tal profilo,nei termini come sopra formulati attinenti ad una sola delle due rationes decidendi, il motivo risulta inammissibile,per difetto d’interesse.
Conclusivamente, entrambi i ricorsi vanno respinti,con conseguente compensazione delle spese del giudizio di legittimità, attesa la reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i reciproci ricorsali rigetta e dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2012
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