Cass. civ. Sez. II, Sent., 04-07-2012, n. 11190 Contratti e convenzioni ; Distanze legali; Piano regolatore comunale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- B.G., proprietario in (OMISSIS) di un fabbricato con circostante area industriale, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di La Spezia la s.n.c. Tecnostil di P G e C., proprietaria di un fondo confinante, esponendo: che i due fondi, con altri di proprietà delle parti e di terzi, erano ricompresi nell’ambito del piano particolareggiato esecutivo per gli insediamenti produttivi zona (OMISSIS), approvato dal Consiglio Comunale di Deiva con Delib. 18 giugno 1983, n. 51 e, quindi, oggetto della convenzione urbanistica a rogito notaio Acerbi (intervenuta tra tutti i proprietari delle aree medesime ed il Comune di Deiva in data 23/11/84; che il P.R.G. di detto Comune prescriveva, per la zona in discorso, la distanza dai confini di metri 5, parametro che era stato recepito dal piano particolareggiato la cui relazione tecnica e normativa richiamava, al punto 2.3, tale distanza; la convenuta aveva edificato sul mappale 237 di sua proprietà un capannone industriale a distanza inferiore a quella prescritta dal confine con il mappale 134 sub 1 di proprietà di esso esponente, "in pratica sulla linea dello stesso".
Pertanto, l’attore chiedeva la condanna della convenuta alla demolizione delle parti di costruzione site a distanza (dal confine) inferiore a quella prescritta, nonchè al risarcimento del danno.
La convenuta, costituitasi in giudizio, chiedeva il rigetto del domanda, sostenendo di avere realizzato il fabbricato così come previsto dalla convenzione confidando nell’assenso del B., talchè, in caso di condanna alla demolizione o arretramento del fabbricato stesso, avrebbe avuto diritto al risarcimento derivante dal successivo comportamento tenuto dall’attore.
Il Tribunale, con sentenza n. 1192 del 2001, respingeva sia la domanda del B. sia la riconvenzionale della s.n.c. Tecnostil di Panico G e C., ritenendo che non operasse la norma del PRG che prevede la distanza di mt. 5 dal confine sui seguenti rilievi: la L. n. 47 del 1985, art. 25, stabilisce che il piano particolareggiato può consentire a modificazioni di modesta entità al P.R.G. in ordine a singole prescrizioni; nel caso dei comparti previsti dall’art. 870 cod. civ., le singole unità immobiliari perdono la loro individualità in vista della finalità edificatoria perseguita dall’ intero comparto con conseguenti effetti di natura reale e obbligatoria per i contraenti; il B. aveva d’altronde accettato, sottoscrivendo la concessione, le distanze dai confini risultanti dagli elaborati di progetto; era esclusa l’inderogabilità, nel rapporto tra privati, delle prescrizioni in tema di distanze legali.
Con sentenza dep. l’11 agosto 2007 la Corte di appello di Genova, in riforma della decisione impugnata dall’attore, accoglieva la domanda dal medesimo proposta.
Secondo i Giudici, innanzitutto, nella ricostruzione della volontà delle parti consacrata con la convenzione di lottizzazione doveva prevalere la convenzione scritta contenuta nella relazione rispetto a quanto risultava dall’elaborato tecnico. In ogni caso, per consolidata giurisprudenza sia della Cassazione che del Consiglio di Stato, le distanze prescritte dai regolamenti edilizi tra costruzioni e tra costruzioni e confine (norme integrative dell’art. 873 cod. civ.), siccome dettate a tutela di interessi generali, non possono essere derogate da convenzioni private. Peraltro, il piano particolareggiato deve limitarsi ad eseguire le prescrizioni contenute nel piano regolatore generale e, ove esso contenga una modificazione urbanistica, questa si atteggia a variante al PRG e deve seguire il normale iter di adozione ed approvazione dello strumento urbanistico generale, non potendo ratione temporis trovare applicazione la L. n. 47 del 1985, art. 25, che peraltro non ha diretto contenuto precettivo, obbligando le Regioni ad emanare norme per snellire le procedure in materia urbanistica.
2.- Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione, notificato anche agli eredi di B.G., B.R. e B.D., la s.n.c. Tecnostil di P G e C. e la Tecnoproget s.a.s di A L & C., quale acquirente del 50% degli immobili per cui è causa, sulla base di un unico articolato motivo illustrato da memoria.
Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.
Il difensore della ricorrente ha, altresì, depositato note di udienza.

Motivi della decisione

Preliminarmente va disattesa la richiesta di improcedibilità del ricorso formulata dal Procuratore Generale.
La mancanza di una pagina della copia autentica depositata della sentenza impugnata – quella inserita con il numero 5 chiaramente non ha alcun riferimento con la decisione de qua – è irrilevante atteso che, a stregua del suo complessivo contenuto, si individuano e si comprendono la questione trattata e la ratio decidendi sulla quale si basa il provvedimento gravato.
1.1. – L’unico motivo, lamentando violazione dell’art. 1362 cod. civ., omessa corretta applicazione dell’art. 870 cod. civ., errata applicazione dell’art. 873 cod. civ., censura la decisione gravata che era partita da una premessa errata ovvero che le aree da edificare comprese in un comparto restano di proprietà dei singoli partecipanti, quando invece esse diventano di proprietà comune, perdendo la loro individualità come era stato ritenuto – con la sentenza erroneamente richiamata dai Giudici di appello – dalla Suprema Corte la quale aveva affermato che in tal caso si formano i Consorzi fra i proprietari i quali danno vita a reciproche servitù;
l’attore aveva rinunciato ad avvalersi delle prescrizioni di cui all’art. 873 cod. civ., secondo quanto era emerso dai grafici allegati alla convenzione, che peraltro – incorrendo nella violazione dell’art. 1362 cod. civ. – la Corte aveva disatteso, erroneamente considerando prevalente quanto risultante dalla relazione contenuta nella convenzione quando in quest’ultima le parti si erano impegnate a realizzare gli edifici secondo quanto previsto dai grafici e avevano effettivamente realizzato gli edifici a stregua di quanto previsto nei suddetti grafici. Ancora, i Giudici non avevano considerato che con l’approvazione della lottizzazione da parte del Consiglio Comunale e della Giunta era stata approvata la variante al piano regolatore; d’altra parte, il giudice non può sindacare la regolarità del procedimento amministrativo che modifica il piano regolatore.
1.2. – Il motivo va disatteso.
In primo luogo, va osservato che, ai sensi della L. n. 1150 del 1942, art. 23, la costituzione di un comparto non ha alcuna incidenza sul regime dei beni che rimangono in proprietà dei singoli consorziati, determinando vincoli relativi alla destinazione urbanistica che sono imposti in funzione dell’edificazione e della trasformazione dell’intera lottizzazione o dei singoli lotti; il Comune impone ai proprietari solo l’obbligo di realizzare le previsioni del comparto da soli o, se ciò non è possibile, attraverso il consorzio, onde evitare l’espropriazione delle aree alla quale altrimenti procederà il Comune: la funzione del consorzio è quella di procedere alla realizzazione delle opere di sistemazione del comparto ma non limita in alcun modo il diritto dei comproprietari di disporre dei loro beni anche durante la sistemazione del comparto (cfr. in particolare i principi al riguardo formulati da Cass. n. 870 del 1962, dai quali non si è certo discostata Cass. 1125/1994, richiamata dalla decisione impugnata).
Ciò posto, la sentenza è fondata su una duplice ratio decidendi a) le distanze previste nella relazione contenuta nella convenzione di lottizzazione erano conformi a quelle del piano regolatore (cinque metri dal confine), avendo i Giudici interpretato la volontà delle parti dando rilevanza a quanto dichiarato dai contraenti nella relazione e non a quanto risultante dai grafici; b) in ogni caso, l’eventuale previsione di una distanza inferiore, integrando una variante del piano regolatore – in quanto in contrasto con le previsioni di quest’ultimo – avrebbe dovuto essere approvata secondo l’iter all’epoca previsto ovvero con l’approvazione della Regione, ratione temporis non trovando applicazione la L. n. 47 del 1985, art. 25, che peraltro non avrebbe diretto contenuto precettivo.
Orbene, a prescindere dal rilevare che per quanto riguarda la questione sub a) il motivo, pur facendo riferimento ala violazione dei criteri ermeneutici, si risolve nella censura della interpretazione della volontà del parti, che è evidentemente un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, va considerato che, per quanto riguarda la affermazione sub b), non è stata censurata specificamente la decisione laddove è stato ritenuto inapplicabile, perchè non ancora entrato in vigore, la L. n. 47 del 1985, art. 25, che ha eliminato la necessaria approvazione regionale della variante, essendosi la ricorrente limitata ad affermare che il Consiglio Comunale e la Giunta avevano approvato anche la relativa variante al piano regolatore: al riguardo, è appena il caso di sottolineare che era compito del giudice di merito verificare la regolarità amministrativa del provvedimento di variante del piano regolatore e, quindi, della vigenza delle disposizioni in materia di distanze legali che sono integrative del codice civile (art. 873 cod. civ.).
Tale rilievo è assorbente di ogni considerazione a proposito di quanto sarebbe stato previsto con il piano particolareggiato posto che, se anche si dovesse ritenere esatto che i proprietari avevano stabilito una distanza inferiore a quella prescritta dal piano regolatore, tale convenzione sarebbe stata illegittima, in quanto non avrebbe potuto derogare al piano regolatore senza la preventiva approvazione della variante, dovendo qui ricordarsi che un piano particolareggiato, essendo uno strumento esecutivo, ha una funzione essenzialmente attuativa delle previsioni del piano regolatore generale e non può contenere misure con esso contrastanti.
Il ricorso va rigettato.
Non avendo gli intimati svolto attività difensiva, non va adottata alcuna statuizione in ordine al regolamento delle spese relative alla presente fase.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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