Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 11-10-2011) 13-12-2011, n. 46207

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.E.D. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale di Sondrio dichiarava inammissibile la richiesta di riesame avverso il sequestro eseguito di iniziativa dalla Guardia di Finanza di Bormio in data 15 aprile 2011 e respingeva la richiesta di riesame avverso il decreto di convalida del suddetto sequestro adottata dal PM il 18 aprile 2011.

Il sequestro era relativo al reato di appropriazione indebita e riguardava documentazione varia e le seguenti somme: 504.457 Euro;

7.746 dollari USA; 690 dollari di Hong Kong; 150 di valuta degli emirati arabi, 115 sterline inglesi, nonchè due monete metalliche arabe.

Deduce in questa sede il ricorrente la violazione di legge penale sul rilievo che il tribunale del riesame si sarebbe inammissibilmente addentrato nella valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e dalla gravita di essi senza operare alcuna verifica sulle argomentazioni portate dalla procura della Repubblica le quali, peraltro, non proverebbero nemmeno l’esistenza di una relazione di immediatezza tra il denaro sequestrato e l’illecito penale ipotizzato. Si fa anche rilevare che il tribunale del riesame non avrebbe motivato con riguardo alle ragioni portate dalla difesa e che la natura di corpo di reato al denaro, in quanto bene fungibile per eccellenza, può in ogni caso essere attribuita soltanto quando sia accertata la provenienza diretta ed immediata dal reato in base a concrete emergenze processuali il che, si conclude, non sarebbe avvenuto nella specie non essendovi – secondo il ricorrente – alcuna esigenza di tracciare il denaro proveniente dal reato di appropriazione indebita o di verificare l’esistenza di impronte digitali sulle banconote.

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

Occorre anzitutto premettere che la giurisprudenza della Corte è consolidata nel senso che in tema di riesame di misure cautelari reali, il tribunale deve avere riguardo al fatto in relazione al quale si rappresenta l’esistenza di un "fumus" di reato, ma ben può confermare il provvedimento cautelare anche sulla base di una diversa qualificazione giuridica del fatto. (Sez. 1, n. 41948 del 14/10/2009 Rv. 245069). Sarebbe dunque senz’altro consentito al tribunale persino modificare la qualificazione giuridica del fatto ma ciò in realtà non è nemmeno avvenuto nella specie essendosi il tribunale in realtà limitato – nella verifica del fumus del reato e, soprattutto, della necessità del sequestro – ad evidenziare le modalità di accantonamento delle somme di cui si contestava l’appropriazione indebita, precisando trattarsi di frutto di sottofatturazioni, nonchè le finalità della condotta – asseritamente finalizzata al versamento di tangenti – per indicare ulteriori ragioni della necessità del sequestro probatorio.

Sostanzialmente, quindi, le finalità probatorie indicate dal tribunale vanno ad aggiungersi a quelle già individuate dal PM in sede di convalida che, comunque, risultano anch’esse confermate in sede di riesame. Il che è senz’altro legittimo avendo ripetutamente questa Corte affermato che in tema di sequestro probatorio, il giudice del riesame può integrare la motivazione del provvedimento impugnato a condizione che esso contenga, sia pur con incompletezze o lacune, le ragioni giustificative del vincolo sul bene (Sez. 2, n. 47000 del 14/11/2008 Rv. 242211).

Rispetto alle obiezioni del ricorrente va poi aggiunto che in sede di convalida di un sequestro probatorio di denaro, operato dalla polizia giudiziaria, è sufficiente la indicazione degli elementi che giustificano la possibilità che il denaro stesso possa essere qualificato come corpo di reato ossia la sussistenza del "fumus" circa il rapporto di immediatezza con il reato, dovendo escludersi ogni dimostrazione circa la sua provenienza o appartenenza, riservata a momenti successivi, quali il subprocedimento instaurato con la richiesta di restituzione o l’accertamento della responsabilità degli imputati in relazione ai reati contestati, (ex plurimis Sez. 6, n. 23777 del 25/03/2003 Rv. 225680).

In questo senso è da escludere, quindi, per le ragioni indicate, che il provvedimento impugnato non sia stato adeguatamente motivato in ordine al collegamento tra il denaro e l’attività illecita adombrata; nè in questa sede il sindacato può estendersi al merito della valutazione esulando tale aspetto dal vizio di violazione di legge. E dunque, in questa sede non possono nemmeno essere contestate le finalità probatorie indicate nel decreto di convalida in quanto si appalesa correttamente e logicamente motivata la necessità anche di un accertamento diretto sulle banconote. Appaiono infine generiche le doglianze del ricorrente sulla assenza di motivazione riguardo alle ragioni portate dalla difesa.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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