Cass. civ. Sez. II, Sent., 04-07-2012, n. 11181 Quota di partecipazione sociale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Dalla narrativa della sentenza impugnata si ricava che la SIE Costruzioni Generali s.p.a. proponeva appello, innanzi alla Corte romana, avverso la sentenza emessa in data 5.4.2004 dal Tribunale di Roma che, accogliendo la domanda proposta dalla Anni 80 G.E.C., s.r.l. avente ad oggetto l’esecuzione di un contratto preliminare di cessione del 50% delle quote della società Cinema Bologna s.r.l., aveva disposto il trasferimento di dette quote dalla Anni 80 alla SIE subordinatamente al pagamento del prezzo di Euro 2.065.827,60. A sostegno dell’impugnazione la SIE deduceva che il Tribunale aveva ritenuto infondata l’eccezione di pagamento della somma di L. 2.300.000.000, nonostante detto versamento fosse documentato da assegni circolari emessi in favore dei signori B., proprietari delle medesime quote della società Cinema Bologna che la Anni 80 aveva acquistato e contestualmente promesso in vendita alla SIE, di talchè il residuo prezzo della cessione, detratti i L. 2.300.000.000 dal prezzo di L. 4.000.000.000, era di Euro 877.976,93.
L’appellata Anni 80 resisteva all’impugnazione, deducendo che tale versamento di L. 2.300.000.000 era imputabile, invece, all’acquisto della restante frazione delle quote della Cinema Bologna s.r.l. di proprietà della immobiliare Rosa, che a sua volta era proprietaria delle quote della Anni 80.
Con sentenza del 14.7.2005 la Corte d’appello di Roma accoglieva l’impugnazione e riduceva alla somma di Euro 877.976,93 il residuo prezzo che la SIE avrebbe dovuto corrispondere alla Anni 80 per il trasferimento della titolarità delle quote. Riteneva la Corte territoriale che risultava pagato e quietanzato nell’atto d’acquisto l’importo di L. due miliardi che la SIE aveva versato all’Immobiliare Rosa (s’intende, per il pagamento dell’altra metà delle quote della società Cinema Bologna), e che del pari era dimostrato il versamento, nella medesima data, dei L. 2.300.000.000 milioni.
Osservava, quindi, che era vero che quest’ultimo versamento era avvenuto, come pacifico tra le parti, mediante assegni circolari intestati ai B., ma a fronte del detto contestuale esborso da parte della SIE era rimasta sfornita di prova la tesi della Anni 80, secondo cui non vi sarebbe stato reale versamento di denaro alla Immobiliare Rosa, ed anzi da un verbale della Guardia di Finanza risultava che la SIE aveva effettuato il versamento di entrambi gli importi per l’acquisizione della società Cinema Bologna. Del resto.
proseguiva la Corte capitolina, il fatto che con gli assegni circolari fosse stato pagato l’importo di L. 2.300.000.000 ai B., e cioè proprio la somma di cui all’atto di vendita delle quote dai B. alla Anni 80 e proprio nello stesso giorno e contesto, suffragava l’affermazione della SIE in ordine all’avvenuto parziale pagamento del prezzo. Infine, osservava che "il mero telegramma" inviato dalla SIE alla Anni 80 non poteva assurgere a confessione, stante l’inidoneità del mezzo e il generico richiamo in esso effettuato all’intero contenuto del preliminare.
Per la cassazione di detta sentenza ricorre la Anni 80 G.E.C, s.r.L formulando nove mezzi d’annullamento, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso la SIE Costruzioni Generali s.p.a..

Motivi della decisione

1. – Col primo motivo è dedotta la violazione falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., artt. 113, 115, 116 c.p.c. e artt. 2727, 2728 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.
Sostiene parte ricorrente che in base ai documenti prodotti – che ampiamente trascrive – risulta inequivocabilmente che al momento in cui è stata firmata la scrittura privata tra la Anni 80 e la SIR, entrambe le società avevano acquistato la propria quota, pari al 50% del capitale sociale della Cinema Bologna e che il relativo prezzo era stato interamente pagato.
2. – Col secondo motivo è dedotta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo delle controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sulla base delle considerazioni svolte nel motivo precedente. Sostiene, in particolare, che il giudice di secondo grado non ha considerato che nel contratto preliminare di cessione di quote tra la Anni 80 e la SIE le parti avevano adoperato, quanto al pagamento, il verbo al futuro, segno inequivoco che fino a quel momento il prezzo non era stato corrisposto; che, qualora una parte del prezzo fosse stata effettivamente pagata prima o contestualmente alla predetta scrittura, le parti non avrebbero mancato di indicarlo e di imputarlo quale caparra; che nelle scrittura in questione si parla effettivamente di caparra, ma solo per il minor importo di L. 100 milioni, e non di L. 2.400.000.000; che in essa è scritto che al momento della sottoscrizione SIE e Anni 80 erano già proprietarie delle rispettive quote del 50% ciascuna della Cinema Bologna; che la Immobiliare Rosa aveva finanziato la Anni 80 indicando alla SIE di versare direttamente il corrispettivo ai B.; e che, infine, nei due atti di cessione di quote da Immobiliare Rosa a SIE e da B. ad Anni 80 è scritto che il pagamento del prezzo è già avvenuto ed è stato quietanzato.
3. – Anche il terzo motivo denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo delle controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, avente ad oggetto la valutazione del telegramma inviato dalla SIE alla Anni 80.
Sostiene parte ricorrente che l’apodittica enunciazione contenuta nella sentenza è totalmente in contrasto con il testo del telegramma (che trascrive), nonchè con la stessa comparsa di costituzione e risposta – nella quale non si contesta minimamente, nè si smentisce che il prezzo ancora da pagare era quello indicato dalla Anni 80 in citazione, ossia L. 4.000.000.000 – e nella lettera indirizzata dalla SIE alla Anni 80 il 14.2.2002, di convocazione per la stipula del contratto definitivo di cessione delle quote. Il tenore di tale lettera e del telegramma, sostiene parte ricorrente, non possono lasciare adito a dubbi di sorta circa l’unica conclusione possibile, che è quella per cui la SIE ha riconosciuto il proprio debito, assolvendo la Anni 80 dall’onere di provare altro.
4. – Il quarto motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 228 e 229 c.p.c. e artt. 2730, 2733, 2727, 2728 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Deduce parte ricorrente che quanto esposto nel motivo precedente configura una falsa applicazione delle norme in tema di confessione giudiziale, stante il riconoscimento, contenuto nella comparsa di risposta, dell’effettivo mancato versamento della somma di L. 4.000.000.000; e stragiudiziale, in virtù del telegramma con il quale la SIE aveva invitato la Anni 80 alla stipulazione del contratto definitivo.
5. – Il quinto motivo denuncia la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, per avere la Corte territoriale omesso di trattare le questioni poste dalla Anni 80 con la propria domanda, mancando di prendere in considerazione i fatti riportati nei motivi d’impugnazione che precedono.
6. – Col sesto motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1124 c.c. e artt. 323, 324 c.p.c. nonchè art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la sentenza d’appello non ha statuito sulla domanda risarcitoria accolta dal Tribunale, che aveva riconosciuto gli interessi legali ex art. 1224 c.c., sulle somme dovute con decorrenza dal 15.9.2001. Tale pronuncia, sostiene parte ricorrente, non era stata impugnata dalla SIE e pertanto su di essa si è formata il giudicato interno che la Corte d’appello avrebbe dovuto confermare.
7. – Con il settimo motivo è dedotta la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, nel senso che tale omissione di pronuncia configura una fattispecie di non corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.
8. – L’ottavo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 323 e 324 c.p.c., artt. 2909, 1321, 1322, 1944, 1945 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene parte ricorrente che la sentenza ha disposto lo svincolo della fideiussione prestata dal Credito italiano previo pagamento delle somme dovute, mentre avrebbe dovuto disporre lo svincolo al pagamento della sola SIE, e che "infatti lo scopo della fideiussione a prima richiesta (offerta da SIE in sostituzione del sequestro conservativo che Anni 80 aveva ottenuto in primo grado, pretesa dal Tribunale per sostituire il sequestro, e prestata dal Credito italiano) consiste ovviamente proprio nel garantire che il creditore Anni 80 possa scegliere ("a prima richiesta") a quale dei coobbligati indirizzare la propria richiesta ed inoltre e comunque, che essa Anni 80 possa chiedere il pagamento (cosa già avvenuta, senza tuttavia che la banca vi abbia provveduto, neppure parzialmente) al Credito italiano, ora Unicredit: viene infatti scritto nella fideiussione 7.5.2002 n. (OMISSIS) che "la fideiussione è prestata in via solidale ed indivisibile: il Credito italiano s.p.a. pertanto, rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale di cui all’art. 1944 cod. civ.". Qualora, invece, la sentenza d’appello debba intendersi nel diverso senso di non aver escluso, in presenza della su accennata fideiussione, l’escussione diretta da parte della Anni 80 nei confronti di Unicredit, il presente motivo non avrà ragion d’essere stante il difetto di soccombenza sul punto" (così, testualmente, si legge a pagg. 31 e 32 del ricorso).
9. – Con il nono motivo è dedotta la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 (rectius, 4), in quanto, si sostiene, i vizi enunciati nel motivo precedente integrano, sotto altro profilo, anche il vizio di extra ed ultrapetizione, posto che il giudice d’appello ha introdotto, rispetto alla sentenza di primo grado, un nuovo tema d’indagine laddove ha circoscritto alla SIE l’obbligazione di pagamento in presenza di una diversa e non impugnata determinazione del giudice di primo grado, emettendo, nel contempo, un provvedimento diverso da quello richiesto.
10. – Il primo motivo è inammissibile.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (cfr. Cass. nn. 2707/04, 16132/05, 20145/05, 26048/05, 1108/06, 10043/06, 20100/06, 21245/06 e 14752/07).
10.1. – Nello specifico, il motivo non indica quali considerazioni di carattere giuridico contenute nella sentenza impugnata si porrebbero in contrasto con la corretta esegesi delle disposizioni di cui si denuncia la violazione, ma affida la critica alla ricostruzione e valutazione delle emergenze documentali (scrittura privata autenticata di cessione delle quote in data 8.8.2001, scrittura in pari data tra i B., la Anni 80 s.r.l., l’immobiliare Rosa s.r.l. e G. e B.A., atto di cessione di quote della Cinema Bologna s.r.l. dall’Immobiliare Rosa s.r.l. alla SIE, ulteriore accordo tra la Anni 80 e la SIE per il trasferimento del 50% delle quote della Cinema Bologna dalla prima alla seconda), nel mal celato tentativo di indurne la revisione ad opera di questa Corte, di guisa che, in definitiva, il motivo si esaurisce in un’inammissibile censura di puro fatto.
11. – Il secondo e il terzo motivo, da esaminare congiuntamente per la comune titolazione sub n. 5 dell’art. 360 c.p.c., sono fondati nei limiti e nei termini che seguono.
Occorre premettere che il vizio di insufficiente motivazione, denunciabile con ricorso per cassazione ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, si configura nella ipotesi di carenza di elementi, nello sviluppo logico del provvedimento, idonei a consentire la identificazione del criterio posto a base della decisione, ma non anche quando vi sia difformità tra il significato ed il valore attribuito dal giudice di merito agli elementi delibati, e le attese e deduzioni della parte al riguardo. Parimenti, il vizio di contraddittoria motivazione, che ricorre in caso di insanabile contrasto tra le argomentazioni logico-giuridiche addotte a sostegno della decisione, tale da rendere incomprensibile la ratio decidendo deve essere intrinseco alla sentenza, e non risultare dalla diversa prospettazione addotta dal ricorrente (cfr. ex pluribus, Cass. nn. 2830/01. 6868/01, 10414/00 e 3615/99).
Tale vizio, pertanto, va isolato all’interno della motivazione della sentenza impugnata, nei suoi passaggi insufficienti o incongrui dal punto di vista della logica giuridica, e non già colto assegnando preponderanza agli elementi probatori di carattere storico e/o documentale non considerati, in assoluto o secondo le diverse aspettative della parte ricorrente, elementi la cui valutazione richiederebbe, attraverso l’esame diretto e in forma critica degli atti processuali, un’inammissibile ricostruzione della vicenda in punto di fatto.
11.1. – Nella fattispecie, è del tutto lacunosa, innanzi tutto, la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale, che lascia intendere, ma non per questo chiarisce minimamente, l’esistenza di una delegazione di pagamento in forza della quale gli assegni circolari consegnati ai B. varrebbero ad estinguere il debito della SIE verso Anni 80. A tale scopo, la sola contestualità spazio- temporale di più operazioni economiche è un dato di per sè insufficiente, se astratto da una ricostruzione puntuale e, soprattutto, comprensibile della vicenda, e delle ragioni per cui sia stato utilizzato un solo adempimento per estinguere due obbligazioni.
11.2.- In secondo luogo, il telegramma indirizzato dalla SIE alla Anni 80. di cui v’è solo generica menzione a pag. 3 della sentenza impugnata, così recita (secondo quanto si ricava dal ricorso: v.
pag. 27): "Il sottoscritto C.E., legale rappresentante della SIE COSTRUZIONI GENERALI s.p.a., convoca la ANNI 80 G.E.C s.r.l. per il giorno 18.02.200 alle ore 16.30, presso lo studio del Notaio Dott. S. in Roma, via Donatella n. 11, per la stipula del contratto di cessione del 50% delle quote Cinema Bologna s.r.l.
al prezzo di L. 4.000.000.000 (quattromiliardi) pari ad Euro 2.065.827,60, come previsto da scrittura privata del 08.08.2001. Il pagamento del prezzo delle quote cedute sarà effettuato, alla stipula, con assegni circolari intestati alla società ANNI 80 GE. C. s.r.l.".
Questa, al riguardo, la motivazione della sentenza impugnata:
"Peraltro il mero telegramma inviato da SI E ad Anni 80 non può assurgere a confessione, stante l’inidoneità del mezzo e il generico richiamo in esso effettuato dell’intero contenuto del preliminare".
Tale valutazione della Corte capitolina, operata su di un fatto principale decisivo, è da giudicarsi incongrua e insufficiente, per un verso, e viziata in senso logico-giuridico, per l’altro.
Incongrua e insufficiente, perchè la ritenuta genericità del richiamo al preliminare attiene ad un fatto storico non controverso (resistenza del contratto medesimo), e dunque nulla aggiunge e nulla sottrae al suo accertamento, mentre, quanto al fatto controverso, avente ad oggetto la misura del saldo prezzo dovuto, il telegramma reca un elemento specifico (l’ammontare del corrispettivo e il modo di pagamento preannunziato dallo stesso dichiarante) sul quale la motivazione tace del tutto.
Viziata in senso logico-giuridico, in quanto (a tacere dell’aggettivo "mero" riferito al telegramma, ma avente chiara funzione predicativa della dichiarazione resa con esso) va osservato che (1) il telegramma non sottoscritto può avere efficacia probatoria (s’intende, quella tipica di cui all’art. 2705 c.c.) allorchè sia provato che il dispaccio sia stato consegnato o fatto consegnare dal mittente medesimo (come prevede la seconda ipotesi del comma 1 della norma appena citata: cfr. in tema, Cass. n. 1410/71); (2) la prova della confessione stragiudiziale può essere fornita anche attraverso documenti per i quali non operi il meccanismo di riconoscimento previsto per le scritture private; (3) infine, dalla motivazione della sentenza impugnata non è dato comprendere se provenienza, ricezione e contenuto dell’anzidetto telegramma siano o non fatti incontroversi ovvero già provati.
12. – L’accoglimento delle suddette censure assorbe l’esame del quarto, del sesto e del settimo motivo.
13. – Il quinto motivo è inammissibile.
Il vizio di omessa pronuncia che determina la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., ed è rilevante ai fini di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, si configura esclusivamente con riferimento a domande, eccezioni o assunti che richiedano una statuizione di accoglimento o di rigetto (cfr. Cass. S.U. n. 15982/01 e successive conformi), e dunque non è configurabile rispetto alle difese, qualunque questione con esse sia sollevata.
14. – Infine, sono inammissibili anche l’ottavo e il nono motivo, in quanto basati sull’erroneo e gratuito presupposto che lo svincolo della garanzia prestata per il pagamento del prezzo di cessione delle quote costituisca un capo del tutto autonomo di pronuncia, mentre appare evidente, assente qualsivoglia elemento di segno contrario, che tale statuizione dipenda dalla riforma parziale del capo della pronuncia di primo grado relativo alla domanda principale, e cada, pertanto, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., comma 1, con l’annullamento in parte qua della sentenza d’appello.
15. – In considerazione di quanto sopra, la sentenza impugnata va cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso, dichiara inammissibili il primo, il quinto, l’ottavo e il nono, assorbiti il quarto, il sesto ed il settimo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2012

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