Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-10-2011) 13-12-2011, n. 46257 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Sulla richiesta di riesame proposta nell’interesse di N.A. avverso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del GIP presso il Tribunale di Catanzaro in data 10-01-2011 in ordine ai delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73, il Tribunale del riesame di Catanzaro, con ordinanza in data 22-02-2011, confermava il provvedimento cautelare intramurario, revocando la misura limitatamente all’episodio ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 del 3.01.2009, ribadendo la sussistenza della gravità indiziaria in merito all’appartenenza dell’indagato al contesto associativo e la gravità indiziaria in ordine all’episodio di detenzione e trasporto a fine di spaccio di cocaina in data (OMISSIS) e la concretezza del pericolo di recidivanza ex art. 274 c.p.p., lett. c), a supporto delle esigenze cautelari, ritenendo infondate le eccezioni preliminari dedotte dalla difesa in tema di violazione dell’art. 297 c.p.p., comma 4, di inefficacia della misura per mancata trasmissione ex art. 309 c.p.p., comma 5, di atti e di mancata consegna da parte de l’ufficio del PM, a seguito di specifica richiesta difensiva, dei supporti magnetici delle intercettazioni e delle riprese audio-video.
Avverso tale ordinanza il N. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo a motivi del gravame, sostanzialmente ed in sintesi:
1) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c) in relazione all’art. 297 c.p.p., comma 3 e art. 303 c.p.p. per inosservanza del c.d. divieto di contestazione a catena e conseguente retrodatazione dei termini di custodia cautelare con declaratoria di cessazione della misura in atto; nonchè per violazione dell’art. 309 c.p.p., commi 5 e 10, con inefficacia della misura per omessa trasmissione parziale degli atti;
2) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c) per inosservanza o erronea applicazione della legge penale e per inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità in relazione all’art. 178 c.p.p., lett. c) per diniego (o omessa risposta) alla richiesta di trasposizione su nastro magnetico delle intercettazioni telefoniche e delle riprese audio-video con conseguente inutilizzabilità come prova delle intercettazioni nel giudizio de libertate. Palese contraddittorietà ed illogicità della motivazione in violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e);
3) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e) per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale- contraddottorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in punto di ricorrenza della fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 (capo 24) oltre che in punto di ricorrenza della consapevolezza di far parte di un sodalizio criminale in capo all’imputato; mancanza ed insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p., in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 (capo 9) quanto all’episodio del (OMISSIS);
4) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione all’art. 274 c.p.p., lett. c), per illogicità della motivazione in punto di ricorrenza delle esigenze cautelari – Mancanza delle esigenze cautelari ex art. 274 c.p.p.;
5) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 per mancata concessione della misura degli arresti domiciliari, essendo in corso un programma di recupero dalla tossicodipendenza ed in assenza di ragioni di cautela di eccezionale rilevanza.
Con motivi nuovi, prodotti ex art. 611 c.p.p., il ricorrente ha ribadito la censura sub 2), con integrazione della prova documentale della tempestività della relativa richiesta difensiva rispetto alla data della udienza camerale del Tribunale del riesame;
nel ribadire il motivo sub 4), ha denunciato la carenza di attualità della dedotta esigenza cautelare, stante il comprovato e radicale smembramento dell’asserita consorteria delinquenziale di cui sarebbe stato partecipe il ricorrente, senza che, al riguardo, risultasse traccia di motivata verifica ed apprezzamento da parte dei giudici del Tribunale del riesame catanzarese. Tanto premesso,ritiene la Corte che il motivo sub 1) sia del tutto infondato.
Ed invero, come correttamente e motivatamente rilevato dal tribunale predetto le eccezioni dedotte in tale motivo di gravame sono manifestamente infondate alla stregua dell’eloquente dettato di questa stesso giudice di legittimità – anche a S.U. – in subiecta materia, nei termini puntualmente richiamati dal provvedimento impugnata (cfr. foll. 14-15-16), a palese smentita dell’invocata inefficacia della misura in atto.
Appare invece fondato il motivo sub 2),ribadito e puntualizzato cori i motivi nuovi (sub 1) relativo alla mancata messa a disposizione della difesa dei supporti relativi alle intercettazioni delle conversazioni e delle video-riprese intercettate, con ciò risultando assorbite le residue censure. Va in proposito richiamata la sentenza delle Sez. Unite n. 20300 del 22-4-010, Lasala, Rv. 246907 – cui questo Collegio presta piena adesione, secondo cui, in tema di riesame, l’illegittima compressione del diritto di difesa, derivante dal rifiuto o dall’ingiustificato ritardo del pubblico ministero nel consentire al difensore, prima del loro deposito ex art. 268 c.p.p., comma 4, l’accesso alle registrazioni di conversazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei c.d.
"brogliacci d’ascolto", utilizzati ai fini dell’adozione di un’ordinanza di custodia cautelare, da luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio, ai sensi dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), in quanto determina un vizio nel procedimento di acquisizione della prova, che non inficia l’attività di ricerca della stessa ed il risultato probatorio, in se considerati; con la conseguenza che, qualora tale vizio sia stato ritualmente dedotto in sede di riesame ed il Tribunale non abbia potuto acquisire il relativo supporto fonico entro il termine perentorio di cui all’art. 309 c.p.p., comma 9, le suddette trascrizioni non possono essere utilizzate come prove nel giudizio de libertate.
Deve, infatti, considerarsi che il "diritto incondizionato" del difensore di accedere alle registrazioni di conversazioni o comunicazioni e di ottenerne copia "allo scopo di esperire efficacemente tutti i rimedi previsti dalle norme processuali" è stato riconosciuto dalla Corte costituzionale con sent. n.336 del 2008, a "tutela del diritto di difesa (anche) in relazione ad una misura restrittiva della libertà personale già eseguita".
Ne deriva che, se questo diritto non viene soddisfatto,la conseguente lesione del diritto di difesa integra, appunto, una nullità generale, ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), da qualificare "a regime intermedio" a norma del combinato disposto degli artt. 179 e 180 c.p.p..
Tale lesione, che il giudice della impugnazione cautelare deve verificare ed eventualmente dichiarare, deriva dal fatto omissivo (mancato rilascio di copia) che non può, per sua natura, essere dichiarato nullo.
Si pone, quindi, il problema di individuare, stante una simile evenienza, quali siano le conseguenze sulla procedura incidentale davanti si Tribunale adito ex artt. 309 o 310 c.p.p..
Occorre partire dalla considerazione che (come è pacifico nella giurisprudenza) se anche è consentito al p.m. allegare a supporto della richiesta cautelare i soli "brogliacci di ascolto", la prova delle conversazioni o comunicazioni risiede nelle registrazioni; e che, come espressamente osservato dalla Consulta con la citata sentenza, "l’ascolto diretto delle conversazioni o comunicazioni intercettate non (può) essere surrogato dalle trascrizioni effettuate, senza contraddittorio, dalla polizia giudiziaria", condensate in appunti o in sintesi di esse.
Consegue che, in mancanza di rilascio di copia delle registrazioni al difensore che ne abbia fatto tempestiva richiesta, il Tribunale non può fondare il suo convincimento su detti atti di polizia, proprio in quanto non incondizionatamente "surrogati" dalla "vera prova"- costituita dalle conversazioni o comunicazioni come registrate sui relativi supporti informatici o magnetici – e sulla cui potenziale idoneità a fungere da prova cautelare la difesa non ha prestato acquiescenza, dal momento che ha preteso il soddisfacimento del suo "incondizionato" diritto ad ottenere copia delle registrazioni.
Tali trascrizioni di polizia, benchè di per se legittimamente poste a base della richiesta cautelare, diventano, nel limitato ambito dell’incidente cautelare, probatoriamente invalide per fatto successivo o, se si vuole, probatoriamente inefficaci, il che vale a dire, in termini di effetti concreti, che non sono "utilizzabili" ai fini della valutazione della domanda cautelare, inteso il termine "inutilizzabilità" in senso non strettamente tecnico (si veda del resto, per un caso di "inutilizzabilità" di una prova per un fatto omissivo successivo, l’art. 195 c.p.p., comma 3 in tema di testimonianza indiretta.
In altri termini, posta la necessaria distinzione tra mezzo di ricerca della prova (attività di intercettazione), risultato probatorio (conversazioni intercettate) e assunzione della prova (acquisizione del documento-prova), nel caso in esame è il sub- procedimento di assunzione della prova nel giudizio de libertate (produzione di "brogliacci" – rilascio copia delle registrazioni) ad essere viziato, mentre nessun vizio inficia sia l’attività di ricerca della prova sia il risultato probatorio in se considerati. Ne deriva, in simile evenienza, che se, effettuata la "prova di resistenza", l’ulteriore materiale indiziario non idoneo a rappresentare i gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 273 c.p.p., il Tribunale del riesame deve "annullare" l’ordinanza cautelare (cfr. art. 309 c.p.p., comma 9), non perchè questa sia affetta da un vizio originario, ma perchè la verifica effettuata nel giudizio di riesame conduce ad una valutazione di non fondatezza della domanda cautelare. E lo stesso è a dirsi, mutatis mutandis, in caso di decisione emessa in sede di appello cautelare ex art. 310 c.p.p..
Analoga vicenda, del resto, si verifica in sede di giudizio di merito, qualora il giudice di appello, sulla base di fatti sopravvenuti (art. 603 c.p.p.), pur senza poterla in questo modo formalmente "annullare", riformi in tutto o in parte la sentenza di primo grado, con ciò affermando che l’accusa non era adeguatamente supportata da idonee prove.
Simili conclusioni devono essere tratte con riferimento alle registrazioni di "video-riprese". Anche in tal caso, infatti, può dirai che la prova dei fatti dalle stesse rappresentati non deriva dal riassunto e dalla inevitabile interpretazione soggettiva che di esse faccia in atti di p.g., ma dal contenuto stesso delle registrazioni, documentate in supporti magnetici o informatici, nulla rilevando che la relativa disciplina non si rinvenga nell’art. 266 c.p.p., ss. (cfr. Sez.U. n.26795 del 28-03-2006, Prosco), posto che ciò che a tal fine conta non sono le condizioni ed i presupposti per la legittima attivazione dei mezzi di ricerca della prova,ma la idoneità del mezzo documentale a rappresentare adeguatamente il fatto documentato; aspetto che contraddistingue indistintamente le intercettazioni sonore e quelle visive o audio-visive (cfr. Cass. pen. Sez. 5, n. 39930, 24-6-2009, Richiamo, Rv.245379).
Ciò posto, come documentalmente richiamato e ribadito dal ricorrente,segnatamente con le puntualizzazioni attinenti il motivo nuovo sub 1), il difensore aveva, in termini apprezzabilmente e ragionevolmente anticipatori della udienza camerale, con ribadita, ulteriore richiesta ancora in tempo ragionevolmente utile rispetto all’esame da parte del Tribunale della richiesta in relazione alla data dell’udienza camerale, avanzato istanza al Pubblico Ministero procedente diretta a visionare e ad estrarre copia dei documenti informativi di cui era menzione nel provvedimento cautelare. Su tale richiesta, come documentalmente risultante in atti, il PM aveva dato immediato riscontro positivo ("5^ si autorizza) ma il personale amministrativo dell’Ufficio della Procura non ha provveduto a soddisfare la richiesta difensiva, nonostante tempisticamente tale adempimento fosse possibile in tempo utile rispetto all’udienza camerale, la smentita di quanto in contrario ritenuto nel provvedimento impugnato.
Nè è condivisibile l’assunto di detto Tribunale secondo cui,riferendosi la richiesta difensiva a "filmati" ovvero a "video- registrazioni" e non rientrando le video-riprese" nel genus delle intercettazioni di comunicazioni", essendo esse prove, atipiche ai sensi dell’art. 189 c.p.p., la relativa documentazione era pienamente utilizzabile sulla base dei verbali di polizia giudiziaria, con sottrazione della materia alla disciplina di cui all’art. 266 c.p.p., ss., ivi compreso il disposto ex art. 268 c.p.p. di cui si lamenta la violazione.
E’ vero che, in un contesto investigativo di particolare complessità quale quello in esame, sostanziantesi tra l’altro in numerosissime conversazioni o immagini registrate, la difesa aveva genericamente richiesto il rilascio di copia dei supporti che si riferivano al proprio assistito, demandando all’Ufficio di Procura di individuare quelli che, tra il materiale raccolto, riguardassero direttamente o indirettamente il ricorrente.
Ma va rilevato che su tale istanza il PM, come già detto, si era espresso tempestivamente in senso favorevole sicchè, se al soddisfacimento di essa fosse stato di ostacolo la previa necessità di individuare quali tra il coacervo delle registrazioni fossero di specifico interesse della difesa, sarebbe stato compito dello stesso PM di darne tempestiva comunicazione alla parte istante, non potendosi ammettere ne che la interlocuzione con questa venisse instaurata dal personale amministrativo della Procura, ne, tanto meno, che ciò avvenisse la distanza apprezzabile dalla istanza relativa sostanzialmente a ridosso dell’udienza di riesame.
Quanto al fatto che i supporti delle video-registrazioni rientrano nei materiali cui ha diritto di accedere la difesa,nell’ambito delle garanzie riconosciute dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 336/08 e poi specificate dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza Lasala innanzi cit., si è già data risposta in senso affermativo, essendo tali materiali del tutto assimilabili ai supporti di registrazioni di conversazioni. Da quanto innanzi detto, consegue l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro, fermo restando che il Tribunale, "non più soggetto ai termini perentori indicati dall’art. 309 c.p.p., comma 10" (Sez. U. Lasala, cit.) dovrà nuovamente prendere in esame il tema relativo alla sussistenza delle condizioni legittimanti la misura cautelare applicata sulla base delle registrazioni delle conversazioni intercettate, ove le relative copie siano prodotte in sede di rinvio, essendo state messe a disposizione della difesa.
Va richiesta la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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