Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 04-07-2012, n. 11169 Assegno di invalidità Pensione di invalidità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata in data 21 febbraio 2008, la Corte d’appello di Catanzaro, ha confermato la decisione del Tribunale di Crotone che aveva accolto l’opposizione avverso l’atto di precetto e l’opposizione all’esecuzione, proposte, con ricorsi del 20 maggio 2005 e del 7 luglio 2005, dall’INPS, rispetto alla pretesa esecutiva preannunciata e poi esercitata da P.R.. Per quanto ancora rileva in questa sede, l’INPS, dopo avere ricordato che il Tribunale di Crotone, con sentenza del 1 aprile 2000 (notificata il successivo 5 giugno 2000), aveva condannato il Ministero dell’Interno al pagamento dell’assegno mensile di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 13, con decorrenza dal 1 maggio 1996, in favore della P., aveva contestato che quest’ultima potesse procedere ad esecuzione forzata in relazione ai ratei concernenti il periodo da luglio a dicembre 2000, dal momento che la stessa, in tale arco temporale, non era iscritta nelle liste speciali dei disabili.
La Corte d’appello, a fondamento della propria decisione, ha richiamato le conclusioni raggiunte da Cass. n. 10431 del 1997, a mente della quale la pronuncia giurisdizionale con la quale viene accolta la domanda avente ad oggetto la condanna del convenuto al compimento di una determinata prestazione di fare o dare, compresa quella relativa al pagamento di somme di denaro, produce i suoi effetti per le prestazioni che si riferiscono al periodo anteriore alla proposizione della domanda, non per il periodo successivo, e ciò anche in relazione ai rapporti c.d. di durata, per i quali la condanna del giudice (a parte le eccezioni previste dalla legge) trova il suo limite nelle prestazioni maturate fino al giorno della proposizione della domanda in primo grado; ne consegue che in materia previdenziale, che di norma contempla prestazioni in favore degli assicurati aventi titolo in un rapporto che si protrae nel tempo, la sentenza di condanna non può valere come titolo esecutivo al fine di conseguire prestazioni maturate successivamente alla proposizione della domanda e, a fortiori, alla emissione della sentenza, tenuto anche conto che dal rapporto previdenziale non scaturisce una singola e complessiva obbligazione avente per oggetto una prestazione unitaria da assolvere ratealmente, bensì plurime obbligazioni a cadenza periodica, ciascuna delle quali realizza l’intera prestazione dovuta per quel determinato periodo.
Con riferimento al secondo motivo d’appello, con i quale la P. aveva dedotto di avere proposto domanda di iscrizione nelle liste di collocamento, di essere stata sottoposta a visita il 10 novembre 2000 e di essere stata iscritta a far data dal 12 dicembre 2000, la Corte ha concluso per il suo assorbimento per effetto de rigetto del primo motivo.
Avverso tale sentenza la P. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste l’INPS con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo del ricorso, la P. lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria L. n. 118 del 1971, ex art. 13, affermando che, nella specie, la sentenza del Tribunale di Crotone, nel condannare il Ministero al pagamento dell’assegno di cui al menzionato art. 13, aveva statuito in modo esplicito anche per l’avvenire e che, rispetto alla situazione, normativa e fattuale, considerata dal giudice di merito, non si erano registrate variazioni.
2. Con il secondo motivo di ricorso, la P. lamenta violazione della L. n. 118 del 1971, art. 13, per non avere la Corte territoriale considerato che era stata dimostrata la presentazione della domanda di iscrizione nelle liste speciali dei disabili in data 10 novembre 2000. Formula al riguardo il seguente quesito di diritto:
Dica la Suprema Corte se (ovvero dica la Suprema Corte che): in materia di invalidità pensionabile L. n. 118 del 1971, ex art. 13, la qualità di incollocato al lavoro, richiesta dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 13, quale elemento costitutivo per poter conseguire l’assegno mensile di invalidità, per quanto concerne gli invalidi infra cinquantacinquenni va dimostrata mediante la prova dell’iscrizione nelle liste di collocamento o, in assenza della prova dell’avvenuta presentazione della domanda di iscrizione.
3. Il primo motivo di ricorso è infondato, anche se la motivazione della Corte territoriale va integrata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c..
E’ certo esatto, come precisato da questa Corte (sentenza 11 luglio 2001, n. 9389), che la sentenza, passata in giudicato, con cui il giudice abbia riconosciuto al richiedente il diritto ad una determinata prestazione assistenziale e condannato il Ministero dell’interno al pagamento dei relativi ratei, senza specificare in termini monetari l’ammontare del credito, costituisce valido titolo esecutivo, come tale non richiedente ulteriori interventi del giudice, essendo il contenuto della prestazione spettante all’assistito determinato in base alla legge, ed essendo quindi sia l’invalido che l’ente erogatore in grado di conoscere, mediante una semplice operazione aritmetica, l’ammontare del beneficio assistenziale e l’entità del credito per i ratei maturati.
3.1. Tale conclusione si colloca nella scia della decisione resa dalle Sezioni Unite, con la sentenza 7 luglio 1999, n. 383, secondo cui in materia di invalidità pensionabile, l’accertamento contenuto nella sentenza, passata in giudicato, con la quale sia accolta la domanda di pensione dell’assicurato, pur non contenendo propriamente l’accertamento di un diritto stipite comprendente il diritto ai singoli ratei di pensione, si estende non solo alla debenza dei singoli ratei, ma anche all’esistenza di tutti gli elementi voluti dalla legge per la configurazione del rapporto, compreso, oltre al requisito assicurativo e a quello contributivo, lo stato invalidante (attinente alla riduzione, nella percentuale stabilita dalla legge, della capacità di guadagno o di lavoro a seconda che il periodo considerato sia precedente o successivo all’entrata in vigore della L. n. 222 del 1984), e la portata vincolante della decisione riguardo a tali elementi continua ad esplicare i suoi effetti sul relativo rapporto di durata a situazione normativa e fattuale immutata.
3.2. Proprio facendo applicazione di tale condivisa ricostruzione degli effetti del giudicato, la menzionata Cass. n. 9389 dei 2001, come si ricava dalla motivazione, ha escluso la necessità di un autonomo giudizio avente ad oggetto la liquidazione della prestazione pure con riferimento al periodo successivo alla data della sentenza.
3.3. Ciò posto, nel testo della L. n. 118 del 1971, art. 13, applicabile ratione temporis, l’incollocazione al lavoro per l’invalido infracinquantacinquenne (ossia la condizione di colui che non abbia trovato un’occupazione compatibile con le sue condizioni psicofisiche, essendo iscritto nelle liste di collocamento obbligatorio: v., ad es., Cass. 5 dicembre 2008, n. 28852), rappresenta uno degli elementi costitutivi del diritto alla prestazione.
3.4. Ora, nella specie, la deduzione dell’INPS della mancata iscrizione in tali liste della ricorrente rappresenta in astratto un fatto idoneo a porsi come modificativo successivo, senza che emerga dal ricorso alcun elemento idoneo a giustificare una diversa conclusione.
4. Il secondo motivo di ricorso appare inammissibile dal momento che la questione problematica non attiene agli strumenti per dimostrare il requisito dell’incollocazione al lavoro, talchè il quesito di diritto sopra riportato non è decisivo. Deve peraltro sottolinearsi un profilo di improcedibilità, in quanto parte ricorrente richiama dei documenti senza indicare quando essi siano stati prodotti.
A tale riguardo le Sezioni unite di questa Corte con la pronuncia 3 novembre 2011, n. 22726 hanno precisato che "In tema di giudizio per cassazione, l’onere del ricorrente, di cui all’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, così come modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 7, di produrre, a pena di improcedibilità del ricorso, gli atti processuali, i documenti, i contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda è soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti e ai documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente munita di visto ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 3, ferma, in ogni caso, l’esigenza di specifica indicazione, a pena di inammissibilità ex art. 366 cod. proc. civ., n. 6, degli atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi".
5. In considerazione delle questioni esaminate e della natura della causa, ritiene il Collegio di compensare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *