Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-10-2011) 13-12-2011, n. 46241

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 11 giugno 2011 ha proposto ricorso per cassazione D.M. F. avverso la ordinanza del Tribunale del riesame di Napoli in data 24 novembre 2010 (depositata il 27 maggio 2011), ordinanza con la quale è stata rigettata la istanza ex art. 309 c.p.p., avverso il provvedimento la ordinanza del locale Gip che aveva applicato la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione alle contestazioni di partecipazione ad associazione mafiosa aggravata e di partecipazione, altresì, ad associazione finalizzata alla coltivazione e allo smercio di marijuana, nonchè di coltivazione illecita di piantagioni di canapa indiana in (OMISSIS).
Deduce:
1) la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione, in primo luogo, alla mancata risposta alla eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni poste a fondamento della ordinanza impugnata.
Detta questione era stata posta in due memorie difensive, in relazione alle intercettazioni dei colloqui avuti dal prevenuto presso la Casa Lavoro di Sulmona e, specificatamente, al "decreto genetico di autorizzazione emesso dalla Procura di Napoli il 6 marzo 2009, poi convalidato dal Gip". Tale provvedimento risulterebbe in violazione all’art. 125 c.p.p., ed, altresì, in violazione all’art. 268 c.p.p., comma 3. Infatti la Pubblica accusa aveva proceduto alla relativa esecuzione mediante apparecchiature non appartenenti alla Procura ma senza dare concreta contezza della inidoneità o insufficienza degli apparecchi della Procura e tanto meno delle ragioni di eccezionale urgenza che ne giustificavano l’autorizzazione.
In realtà il PM aveva solo affermato la assoluta urgenza con una formula di stile.
Addirittura il PM aveva alluso ad inconferenti ragioni di convenienza economica affermando che la captazione da effettuarsi con apparecchi posti fuori della struttura carceraria avrebbe innalzato i costi di gestione. Infine risultavano utilizzati impianti non di pubblico servizio o in dotazione alla Polizia giudiziaria ma appartenenti ad una ditta privata (la CPV Intelligence srl) non operante all’interno della Procura.
Su tali questioni il Tribunale aveva argomentato con mere formule di stile.
In secondo luogo, e quanto al merito della accusa di partecipazione ad associazione mafiosa, la difesa contesta la motivazione del giudice del merito secondo cui gli elementi indiziari sarebbero desumibili essenzialmente dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. In realtà era stato evidenziato nella memoria difensiva che i collaboratori P., S. ed E. nulla avevano detto a proposito della specifica posizione del ricorrente. La difesa passa poi ad analizzare ad una ad una le conversazioni captate nella (OMISSIS), intervenute tra il ricorrente e il padre L. ivi ristretto, ponendo in evidenza le frasi che, lungi dal dimostrare il coinvolgimento del F. nel presunto sodalizio volto, tra l’altro, a realizzare il controllo dei voti nelle competizioni elettorali, evidenziavano semmai che il ricorrente tentava di liberarsi dei postulatori di voti o comunque raccontava episodi ad esso non riferibili.
Il Tribunale, sulla posizione del D.M.F., spendeva ridottissime argomentazioni.
Quanto alla motivazione sugli indizi relativi agli altri due reati in contestazione (produzione e traffico di sostanze stupefacenti del tipo marijuana), la difesa aveva evidenziato in memoria come gli stessi fossero labili perchè dedotti essenzialmente dal legame sentimentale del ricorrente con la figlia di C.P., ritenuto implicato perchè elemento di raccordo al gruppo dei D’Alessandro, e dal rilievo che il gruppo criminale di riferimento aveva una organizzazione patriarcale.
Tuttavia i pentiti che pure avevano parlato della alleanza tra i Di Martino e i D’Alessandro nel traffico degli stupefacenti, nulla avevano detto a proposito della posizione del ricorrente: così E.A. e G.F.. Le conversazioni intercettate, poi si riferivano genericamente alla coltivazione di terreni.
Il Tribunale aveva infine omesso di rispondere alla censura della difesa concernente la violazione dell’art. 360 c.p.p..
La PG aveva proceduto al sequestro di piantagioni di canapa indiana e, con accertamento tecnico irripetibile, alla relativa campionatura e analisi tossicologica. Il resto delle piante era stato distrutto e, ciononostante, era stata contestata la aggravante del quantitativo ingente. La difesa, sulla scorta di una sentenza della Cassazione (del 1 dicembre 2000, Sibio) aveva eccepito che non di accertamento tecnico irripetibile poteva trattarsi e che la distruzione delle piante le aveva impedito di chiedere il riesame del decreto di sequestro delle piantagioni anche al fine di esperire consulenze tecniche di parte sulla natura della cannabis prodotta.
Il ricorso è fondato nei termini che si indicheranno.
Invero non apprezzabile è il primo motivo di ricorso che deduce la illegittimità del decreto autorizzativo delle intercettazioni, emesso in via di urgenza.
La stessa difesa evidenzia che vi è stata convalida del Gip nelle ore successive. Orbene, in caso di intercettazioni disposte in via di urgenza dal pubblico ministero e soggette a convalida da parte del giudice, il titolo che rileva ai fini della legittimità delle intercettazioni stesse ed altresì ai fini della richiesta di una misura cautelare nonchè del successivo controllo da parte del Tribunale del riesame è il solo decreto di convalida, che da di per sè esaustiva e definitiva contezza della legalità delle intercettazioni effettuate; ciò è tanto vero che al giurisprudenza afferma anche che e non è necessario che venga trasmesso al Gip ed al Tribunale del riesame anche il precedente decreto del P.M. (Rv.
218291).
Sulla stessa linea si è precisato che in tema di intercettazioni di conversazioni telefoniche, il decreto di convalida emesso dal gip a seguito di provvedimento urgente adottato dal pm, assorbe integralmente il provvedimento originario e sana ogni eventuale difetto di motivazione di questo (Rv. 209973 Conformi Rv. 200989).
La censura riguardante quindi il decreto autorizzativo del PM è in sè non rilevante.
Fondata è invece la censura sulla (in)sufficienza della motivazione del decreto di esecuzione delle intercettazioni, emesso dal PM, che ha autorizzato il ricorso ad impianti esterni.
In materia la sentenza delle Sezioni unite Gatto, rv 226487 ha definito i caratteri minimi e sufficienti per la detta motivazione osservando che in tema di intercettazioni di comunicazioni o conversazioni, ai fini della legittimità del decreto del pubblico ministero che dispone, a norma dell’art. 268 c.p.p., comma 3, ult. parte, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria, la motivazione relativa alla insufficienza o alla inidoneità degli impianti della procura della Repubblica non può limitarsi a dare atto dell’esistenza di tale situazione, ma deve anche specificare la ragione della insufficienza o della inidoneità, sia pure mediante una indicazione sintetica, purchè questa non si traduca nella mera riproduzione del testo di legge, ma dia conto del fatto storico, ricadente nell’ambito dei poteri di cognizione del P.M., che ha dato causa ad essa. Nel caso esaminato le Sezioni unite hanno ritenuto correttamente motivato il decreto del p.m. con l’espressione "attesa l’indisponibilità di linee presso la procura", che, non ripetendo la formula legislativa, consentiva di identificare il fatto che aveva determinato l’insufficienza degli impianti e offriva quindi al giudice e alle parti uno strumento di controllo della correttezza dell’operato del P.M..
Orbene non sembra che un simile principio sia quello che ha guidato il giudice a quo nella soluzione della questione sollevata dal ricorrente. Si legge infatti nella quinta cartella della motivazione che sarebbe da reputare sufficiente una motivazione che contenga il semplice riferimento alla insufficienza o inutilità degli impianti della Procura: tesi oltretutto mutuata – senza particolari osservazioni critiche, da una sentenza del 2000 (rv. 216297), antecedente a quella delle Sezioni unite, successivamente intervenute proprio per escludere la fondatezza di tal genere di orientamento interpretativo. La valutazione in questione va dunque ripetuta alla stregua del principio di diritto enunciato.
La decisione si impone, d’altro canto, posto che nel ricorso il decreto di cui la parte si lamenta è specificamente indicato sia con la menzione della data, sia con la precisazione che esso ha consentito intercettazioni effettivamente valorizzate nel provvedimento impugnato soprattutto in riferimento alla contestazione provvisoria ex art. 416 bis c.: quelle cioè eseguite presso il carcere di Sulmona tra il ricorrente e il padre L.. Se, come appare presumibile, la valutazione della motivazione del decreto esecutivo del PM dovesse confermarsi essendo questa basata solo sugli elementi già indicati dal giudice a quo, sarà il Tribunale ad effettuare la prova di resistenza del provvedimento impugnato e a verificare se la motivazione sulla sussistenza del compendio indiziario possa trovare conferma anche in assenza delle intercettazioni eventualmente risultate illegittime.
Risulta infatti la presenza di ulteriore materiale indiziario, rappresentato dalla dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e da altre conversazioni intercettate, diverse da quelle che dipendono dal decreto criticato (oltre al sequestro canapa indiana, dichiarazioni persone offese da estorsioni e usura), che merita un’analisi totalmente rinnovata alla luce della questione sopra affrontata, per verificare se mantenga la capacità indiziaria anche indipendentemente dal ricorso al tenore dei colloqui effettuati in carcere.
Ogni ulteriore questione resta assorbita.
Peraltro è qui da evidenziare, relativamente al solo ultimo motivo di ricorso col quale era stato dedotto non essere accertamento tecnico irripetibile la campionatura e l’esame di droga, che la nullità del provvedimento di distruzione del corpo del reato non si comunica agli atti anteriori e, segnatamente, al verbale di sequestro dello stesso corpo del reato, che fa parte del fascicolo del dibattimento (rv. 237348).

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame. Manda alla Cancelleria per la comunicazione art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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