Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-07-2012, n. 11156 Provvedimenti riguardo ai figli Separazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del 10.12.2008 il Tribunale per i Minorenni di Milano, in accoglimento dell’istanza proposta da R.J.T., disponeva il rimpatrio in Germania dei figli minori L. e N., che si trovavano a (OMISSIS) presso la madre C. M.G., coniuge separata dell’istante a far tempo dal 2006. Il provvedimento veniva quindi cassato da questa Corte a seguito di impugnazione proposta dalla C., che successivamente provvedeva alla riassunzione del giudizio presso il medesimo tribunale.

Il tribunale confermava sostanzialmente il provvedimento precedentemente emesso, accogliendo la richiesta di R.J. e disponendo il ritorno dei minori L. e R.N. presso il padre in (OMISSIS).

In particolare il tribunale rilevava che questa Corte aveva individuato due profili di annullamento del precedente decreto, consistenti nella mancata audizione dei minori e nella necessità di "verificare se il genitore che lamenta la violazione del suo diritto di affidamento abbia in concreto esercitato tale diritto".

In punto di fatto osservava inoltre: che i genitori dei minori si erano sposati nel (OMISSIS); che la loro convivenza si era protratta fino al (OMISSIS); che dopo la separazione era emersa una forte conflittualità, manifestatasi sia con riferimento all’aspetto economico che a quello relativo alla collocazione dei figli; che sotto quest’ultimo aspetto l’istanza della C. (depositata nel gennaio 2008) finalizzata al riconoscimento del diritto di determinare la dimora per entrambi i figli aveva avuto esito negativo; che nel (OMISSIS) la madre aveva trattenuto i figli presso di sè in (OMISSIS); che nel (OMISSIS) la Corte di Appello di Monaco confermava il diritto del padre di determinare la dimora di entrambi i figli, mentre il Tribunale per i Minorenni di Milano accoglieva l’istanza di rimpatrio dei minori; che nel (OMISSIS) la madre sottraeva nuovamente i due minori, effettuando così un trasferimento dichiarato illecito (così come d’altro canto quello precedente) dalla Pretura di Monaco.

Sulla base di tale prospettazione in fatto e circoscritto l’ambito del giudizio al primo episodio di sottrazione, sia pur da valutare alla luce dei fatti successivamente emersi, il tribunale riteneva quindi: che nella specie la potestà genitoriale fosse esercitata congiuntamente; che per l’ordinamento tedesco e ai sensi del Regolamento CE n. 2201/2003 (diversamente da quanto previsto nel nostro ordinamento) la determinazione della residenza rientra nell’ambito delle decisioni riconducibili all’affidamento condiviso;

che i limiti all’effettivo esercizio dell’affidamento da parte del padre risultavano imputabili al comportamento della madre e non ad una libera scelta del genitore; che quest’ultimo non si era sottratto agli obblighi derivanti dalla sua qualità di coaffidatario dei figli; che l’audizione dei minori (la cui necessità era stata rilevata da questa Corte) era stata preclusa dal comportamento ostativo della madre, mentre delle loro dichiarazioni registrate non si sarebbe potuto tenere conto per le perplessità in ordine alle modalità di ricezione ed alla loro genuinità; che l’illiceità del trasferimento risultava confortato dal combinato disposto della Convenzione dell’Aja del 1980 e dell’art. 11 Reg. CE 2201/03, atteso che la domanda non contrasterebbe con i principi dello Stato italiano, il ricorso era stato introdotto immediatamente dopo l’illecito trasferimento, il diritto di custodia da parte del padre sarebbe stato esercitato, i minori erano stati sentiti nel procedimento tedesco (in quello italiano, come detto, l’audizione non è stata possibile), non sarebbe configurabile nel concreto un fondato rischio per i minori di essere esposti a pericoli fisici o psichici o di trovarsi comunque in situazioni intollerabili per effetto del ritorno in (OMISSIS).

Avverso il detto decreto la C. proponeva ricorso per cassazione affidato a dieci motivi, cui non resisteva l’intimato.

La controversia veniva quindi decisa all’esito dell’udienza pubblica del 21.5.2012.
Motivi della decisione

Con i motivi di impugnazione la ricorrente ha rispettivamente denunciato: 1) violazione degli artt. 3, 12, 13 a) Convenzione dell’Aja 1980, in ragione del fatto che non sarebbe stata riscontrabile l’effettività dell’esercizio del diritto di custodia da parte del padre al momento della sottrazione dei minori, essendo viceversa ravvisabile esclusivamente l’esercizio del diritto di visita, come desumibile dalla documentazione prodotta da essa ricorrente;

2) vizio di motivazione con riferimento all’art. 20 della Convenzione dell’Aja 1980, di cui era stata chiesta l’applicazione per la decisione sulla domanda di rimpatrio proposta dal marito. La compatibilità con il citato articolo sarebbe stata innanzitutto erroneamente valutata in relazione alla domanda, anzichè al rimpatrio come si sarebbe dovuto. Inoltre la violazione della disposizione sarebbe stata dedotta sotto il profilo della condotta posta in essere dalle Autorità giudiziarie tedesche, che sarebbe stata lesiva dei diritti propri e di quelli dei figli, nonchè sotto l’aspetto della certa violazione del principio della bi- genitorialità, che si sarebbe realizzata una volta rimpatriati i figli in (OMISSIS).

Sul punto viceversa il tribunale avrebbe omesso ogni valutazione, pur essendo state formulate specifiche sollecitazioni con circostanziati rilievi;

3) violazione dell’art. 20 Conv. Aja 1980, L. n. 54 del 2006, art. 8 CEDU, art. 11.4 Reg. 2201/03, art. 30 Cost., per aver la Germania affermato l’inesistenza di un obbligo di rispettare le decisioni della CEDU e per aver le autorità giudiziarie tedesche precluso ai minori la possibilità di avere rapporti con la madre, situazione di cui sarebbe verosimile ipotizzare la reiterazione, nel caso di rimpatrio dei minori in (OMISSIS);

4) violazione dell’art. 20 Conv. Aja 1980, art. 16 Cost., artt. 3, 14, 17-21 Trattato CE, in relazione all’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui il diritto di circolazione della madre sarebbe subordinato agli interessi dei bambini ed al diritto di visita del padre, statuizione che contrasterebbe con la libertà di locomozione riconosciuto ai cittadini nell’ambito della Comunità Europea e con l’automatismo del giudizio, che contrasterebbe con la necessità di una valutazione comparativa dello spostamento con l’interesse del minore (che nella specie, per di più, si delineerebbe in senso contrario);

5) violazione degli artt. 3, 12, 13 lett. a), 21 Conv. Aja 1980, poichè il rimpatrio immediato dovrebbe essere disposto nel caso di illecito trasferimento o trattenimento del minore, configurabile nel caso di lesione di diritti effettivamente esercitati, situazione non ricorrente nella specie in cui il R. avrebbe esercitato un semplice diritto di visita, e quindi non anche quello di coaffidamento;

6) violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 13, lett. b) Conv. Aja 1980, atteso l’omesso accertamento circa la presenza di rischi psicofisici connessi al rimpatrio dei minori in (OMISSIS), pur a fronte dei dubbi espressamente formulati circa l’operato dei funzionari dello Jugendamt;

7) violazione dell’art. 13 b) Conv. Aja 1980, per l’omessa considerazione del danno psichico che avrebbero subito i minori nel caso di rimpatrio in Germania e di distacco traumatico dalla madre;

8) violazione dell’art. 13, comma 2, Conv. Aja 1980, per l’errata valutazione ed interpretazione della volontà dei minori, che si sarebbero espressi in senso contrario al ritorno in (OMISSIS), come desumibile dalle dichiarazioni rese davanti al giudice tedesco, dalle allegate dichiarazioni scritte e dal filmato prodotto in supporto DVD, documenti a torto non considerati.

9) violazione dell’art. 87 disp. att. c.p.c., per l’avvenuto deposito, da parte del R., di documenti allegati a mezzo fax o a mezzo DHL;

10) violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per la disposta compensazione delle spese processuali. Osserva preliminarmente il Collegio che i motivi di impugnazione sono fra loro connessi, avendo essi ad oggetto i diversi profili di erroneità che sarebbero ravvisabili nel contestato provvedimento di rimpatrio dei minori in (OMISSIS).

Più precisamente, un primo aspetto sul quale la ricorrente ha soffermato la sua attenzione riguarda l’asserita non effettività del diritto di affidamento astrattamente riconosciuto al R., che viceversa avrebbe nel concreto esercitato solo il diritto di visita, aspetto censurato con i motivi nn. 1, 2 e 5.

In proposito è circostanza incontestata quella secondo la quale, nel caso di specie, il diritto di affidamento nei confronti del minore comprende anche il diritto di intervenire nella decisione concernente il suo luogo di residenza (Reg. CE n. 2201/2003), ed il trasferimento o il mancato ritorno dello stesso è considerato illecito se avvenuto in violazione del diritto di affidamento, purchè effettivamente esercitato (Regolamento citato, con contenuto specificamente fatto proprio da questa Corte con la decisione n. 12293 del 2010, con la quale era stato cassato il precedente provvedimento del Tribunale per i Minorenni).

Il punto oggetto di contestazione riguarda invece l’accertamento in ordine al concreto ed effettivo esercizio di detto diritto, avendo questa Corte rimesso al giudice del merito il compito di effettuare le necessarie verifiche, ed essendosi quest’ultimo espresso in senso favorevole per il R..

Secondo la C., come detto, la statuizione sarebbe errata per le ragioni sopra rappresentate, ma l’assunto della ricorrente non può essere condiviso.

Ed infatti la questione relativa all’effettivo esercizio dei diritti ricompresi in quello di affidamento, il cui accertamento il giudice di legittimità aveva rimesso al giudizio del Tribunale dei Minorenni, è stata specificamente affrontata dal giudice del rinvio, che ha maturato un giudizio positivo sul punto rilevando in particolare: che il Tribunale tedesco era intervenuto con sollecitudine per dirimere il contrasto insorto fra i genitori, non essendo risultato con sufficiente certezza che il padre avesse nell’immediato adempiuto ai suoi doveri; che non erano emerse omissioni nel versamento di quanto dovuto per il mantenimento dei figli (il R. ha anche dichiarato al riguardo di aver recuperato pure i tre mesi di ritardo che aveva accumulato nell’immediato), ed anzi l’intimato ha precisato di aver effettuato ulteriori spese in loro favore (quali biciclette, vestiti, lego), con affermazioni non contrastate dalla C.; che oltre ad attivarsi per veder garantito il diritto di frequentazione dei figli, resistere nelle diverse sedi per poter esercitare la potestà relativamente al diritto di determinare la residenza, adempiere al dovere di contribuire al mantenimento, il R. aveva altresì "continuato ad occuparsi dei minori nei tempi e nei modi consentiti dalla situazione data" (P – 13), sostenendo fra l’altro di aver continuato ad avere costanti rapporti con gli insegnati, l’asilo, i medici, l’insegnante di ginnastica, così creando un rapporto positivo con i figli, come desumibile dalle relazioni del Servizio Sociale e dai verbali del perito.

Si tratta dunque all’evidenza di valutazioni di merito, sorrette da sufficiente motivazione immune da vizi logici, e pertanto non sindacabili in questa sede di legittimità.

Nè rilevano in senso contrario gli argomenti posti a base dei motivi di censura formulati dalla C. sul punto, essenzialmente consistenti nella configurabilità nella specie di un semplice diritto di visita del R., anzichè del concreto esercizio da parte sua del diritto di affidamento nei confronti dei figli di cui aveva la titolarità.

Con il primo motivo, invero, la ricorrente si è limitata a sostenere l’erroneità della decisione sotto il profilo dell’errata qualificazione del diritto vantato dall’intimato (come detto si sarebbe trattato di semplice diritto di visita), ma la pretesa erroneità è per un verso semplicemente affermata e, per altro verso, non è sorretta dalla specifica indicazione di elementi idonei a sostenere la difforme interpretazione degli atti processuali, non potendo essere considerata tale la semplice denuncia dell’avvenuto riconoscimento dell’esercizio del diritto di affidamento da parte del marito soltanto sulla base delle sue dichiarazioni rese in udienza, anzichè in ragione di prove concrete. Quanto poi alla prospettata ipotesi di delegare alla Corte di Giustizia l’interpretazione dell’art. 2, n. 11, lett. b, della Convenzione dell’Aja, la stessa appare inconsistente, atteso che per la parte di interesse la questione oggetto di esame non è individuabile nell’incertezza interpretativa della normativa vigente, ma piuttosto in quella concernente la pretesa esistenza dei presupposti in punto di fatto, che a dire della ricorrente avrebbero dovuto indurre ad una decisione diversa da quella adottata.

Identiche considerazioni valgono con riferimento al quinto motivo di impugnazione, con il quale è stato sostanzialmente ribadito che il R. avrebbe esercitato il solo diritto di visita, e ciò con richiamo a documentazione (fra l’altro riportata in modo inevitabilmente frammentario e con contenuti non comprovanti di per sè la fondatezza di una lettura degli atti difforme da quella effettuata dal Tribunale dei Minori), interpretata dalla ricorrente nel senso che comproverebbero tale assunto.

Resta infine, sul primo profilo indicato, il secondo motivo di impugnazione, con il quale la C. ha lamentato l’errata valutazione di compatibilità con la normativa vigente, a torto riferita alla domanda anzichè al rimpatrio, e comunque l’omessa considerazione di documentazione asseritamente comprovante la violazione dei principi fondamentali del nostro ordinamento, che si verrebbe a determinare ove disposto il ritorno dei minori in (OMISSIS) per effetto del ruolo svolto dai competenti uffici operanti in (OMISSIS) (Jugendamt).

Anche tali rilievi, tuttavia, non colgono nel segno. Ed invero da una parte la detta documentazione appare generica, non essendo esattamente calibrata sul caso concreto; da un’altra va considerato che il Tribunale ha preso in esame la denuncia di parzialità dei detti uffici formulata dalla ricorrente, denuncia che peraltro ha ritenuto infondata in quanto le diverse relazioni degli organi interessati non sarebbero state redatte da funzionari dello Jugendamt, mentre dall’esame degli atti non sarebbe emersa alcuna prevenzione nei confronti della cittadina italiana (pp. 17, 18, 19).

Un secondo aspetto sul quale la C. ha soffermato la sua attenzione va individuato nel pregiudizio che a suo dire risentirebbero i minori, come conseguenza della preclusione al mantenimento del rapporto intercorrente con la madre che nel concreto gli stessi finirebbero per subire.

In particolare la questione è stata specificamente affrontata dalla ricorrente con i motivi nn. 3, 6 e 7, che risultano tuttavia infondati.

Più precisamente, il terzo motivo è incentrato sul fatto che in Germania sarebbe stato impedito ai figli di mantenere rapporti, perfino telefonici, con il genitore non tedesco (situazione che secondo la ricorrente sarebbe stata destinata a peggiorare nel caso di rimpatrio obbligatorio dei figli), doglianza peraltro espressamente rappresentata nel giudizio di merito e disattesa dal Tribunale per i Minorenni in ragione del comportamento tenuto dalla C., che aveva sottratto i minori (per due volte) per poi mantenerli in una situazione di clandestinità da circa dieci mesi, e non aveva poi presentato istanze per veder regolamentato il proprio diritto di visita. I limiti imposti alla ricorrente nei contatti con i figli sarebbero dunque correttamente riconducibili, secondo il Tribunale, al censurabile comportamento da lei posto in essere, motivazione che non appare viziata sul piano logico e che d’altra parte è stata contestata con un generico richiamo ad una aprioristica, ma non provata, avversione dei componenti dei competenti uffici tedeschi contro cittadini stranieri. Il sesto motivo contiene critiche nei confronti dei funzionari dello Jugendamt, che avrebbero operato nella prospettiva di "germanizzazione" dei minori – tesi peraltro in contrasto con le altre risultanze processuali, dalla quali sarebbe emerso l’idoneità di essa ricorrente a svolgere il ruolo di madre -, nonchè relativamente ai rischi psicofisici connessi al loro rimpatrio in (OMISSIS).

Sul primo aspetto vale però quanto rappresentato a proposito del secondo motivo, al quale si rinvia. Analogamente deve dirsi per quanto concerne la pretesa parzialità degli organi procedenti tedeschi, negata dal tribunale con gli argomenti svolti nelle pagine 17, 18 e 19.

Infine occorre considerare che anche l’ulteriore profilo rappresentato, costituito dai rischi psicofisici che correrebbero i minori con il rientro in (OMISSIS) (peraltro semplicemente affermato e non sorretto da alcun riscontro oggettivo), è stato affrontato dal tribunale che, sulla base dei comportamenti delle parti e delle diverse relazioni acquisite nel corso del processo, ha poi affermato che le esigenze dei minori risultavano essere state prese in debita considerazione e che, pur nella forte conflittualità esistente e nei disagi da essa derivanti, il legame con il padre fosse solido ed il trasferimento non avrebbe causato traumi (p. 19).

La detta conclusione, espressione di valutazione di merito, vale anche a proposito della censura prospettata con il settimo motivo, con il quale per l’appunto la C. si è doluta della mancata considerazione del pregiudizio per i minori, assunto che, come detto, non trova conforto negli atti processuali, secondo la loro non sindacabile interpretazione offerta dal giudice del merito.

Il quarto motivo di impugnazione risulta poi inammissibile.

Al riguardo va infatti rilevato che la censura non è stata proposta contro la sentenza impugnata, ma in relazione alla motivazione del provvedimento con il quale la Corte di Appello di Monaco aveva fra l’altro affermato che "il diritto di libera circolazione della madre deve passare al secondo posto dopo gli interessi dei bambini ed il diritto di visita del padre", affermazione che si porrebbe in contrasto con la libertà di locomozione riconosciuta ai cittadini dell’Unione Europea.

Oltre a non essere immediatamente diretta contro la sentenza impugnata, la questione prospettata non è neppure in sintonia con la ragione della decisione (adottata sulla base di differenti argomentazioni) e sarebbe comunque infondata nel merito, atteso che (secondo quanto risultante dal contestato provvedimento del tribunale) i limiti di movimento imposti alla C. sono riconducibili al comportamento illecito da lei posto in essere ed elle conseguenti misure ritenute necessarie per evitare il verificarsi di ulteriori pregiudizi.

Ugualmente inammissibile per difetto di autosufficienza è poi il nono motivo avente ad oggetto l’irrituale acquisizione di documenti (che sarebbero stati trasmessi a mezzo fax o tramite DHL), stante la loro mancata elencazione nonchè la mancata indicazione del loro contenuto, che non consente, fra l’altro, di apprezzarne la relativa influenza sulla decisione.

E’ viceversa infondato l’ottavo motivo, con il quale la ricorrente ha lamentato che a torto il Tribunale non aveva colto la volontà dei minori di opporsi al ritorno in Germania presso il padre.

In proposito va innanzitutto premesso che questa Corte, nel cassare la precedente sentenza del tribunale, aveva disposto l’audizione dei minori per acquisirne il parere, audizione che non è stata tuttavia possibile per fatto della C. che non ha accompagnato i figli in udienza e che non ha quindi ragione di dolersi dei riferimenti indiretti, cui ha dovuto necessariamente far ricorso il giudice del rinvio.

Nel merito, poi, la doglianza appare infondata, perchè il Tribunale non ha ignorato il profilo relativo all’eventuale opposizione dei minori al loro ritorno in Germania, ma ha piuttosto ritenuto con motivata valutazione che dagli elementi acquisiti non fossero emersi elementi dai quali poter desumere una loro contrarietà ad una collocazione presso il padre (pp. 15, 16, 17).

Quanto poi alla lamentata omessa considerazione, da parte del tribunale, delle dichiarazioni scritte dei minori e dei filmati prodotti nel giudizio di merito, il rilievo è privo di pregio, atteso che la mancata utilizzazione è stata puntualmente motivata con la duplice considerazione dell’incertezza in ordine alla loro genuinità e con l’assenza di garanzie sulle modalità della relativa acquisizione (in contrasto con le prescrizioni dettate dall’art. 12 della convenzione di New York del 24.11.1989), oltre che sull’inesistenza di una testimonianza integrativa di teste di riferimento e del consenso all’acquisizione degli atti da parte del padre.

Per di più la censura prospettata risulta inadeguata pure per altro verso, atteso che la ricorrente non ha dedotto alcunchè in ordine ai profili di illegittimità e di dubbia genuinità posti a base della contestata decisione sul punto del tribunale.

Resta da ultimo il decimo motivo di impugnazione, con il quale la C. ha lamentato la disposta compensazione delle spese processuali del giudizio di cassazione, che sarebbe mal motivata (con richiamo alla novità delle questioni processuali svolte) e in contrasto con la soccombenza del R. in tale sede.

La doglianza è però infondata perchè la soccombenza va valutata con riferimento all’esito conclusivo del giudizio (e non in relazione a singole fasi dello stesso), rispetto al quale la C. è soccombente, e poichè la compensazione delle spese è rimessa a valutazione di merito, che nella specie risulta comunque motivata e non in contrasto con il dettato dell’art. 92 c.p.c..

Conclusivamente il ricorso deve essere pertanto rigettato, mentre nulla va stabilito in ordine alle spese processuali poichè l’intimato non ha svolto attività difensiva.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 21 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2012

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