T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, Sent., 13-01-2011, n. 84

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con atto notificato in data 6 febbraio 2009 e depositato il successivo 4 marzo, i signori A.A. (nato a Napoli il 10/1/1974), e M.R.S. (nata a Napoli il 26/10/1975), in proprio e quali esercenti la patria potestà su S.A. (nato a Napoli il 9/11/1994), G.S. (nato a Napoli il 14/5/1939), ricorrevano innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale contro il Comune di Napoli avverso l’ordinanza in epigrafe indicata, con la quale era stata ingiunta a G.S., in qualità di responsabile, la demolizione delle seguenti opere eseguite senza il prescritto permesso di costruire in Napoli, alla via Santa Maria a Cubito n. 728, Edificio A (come da richiamato verbale di sopralluogo degli agenti di Polizia Municipale dell’U.O.S.A.E. n. 20842/5085/ED del 23 maggio 2008, in fabbricato "originariamente al grezzo con le sole strutture scheletriche, costituito da piano cantinato, piano terra e primo piano, oggetto di richieste di condono edilizio ai sensi della legge n. 724/94, n. 8028 a nome di P.A., n. 8035 a nome di S.M.R., n. 8033 a nome di S.P. e n. 8029 a nome di S.G."):

"- tompagnature perimetrali in laterizi forati ai piani terra e primo ed in cemento armato al piano cantinato;

– vano ascensore in vetro e lamiere a servizio del primo piano rifinito mediante suddivisione interna, posa in opera di impianti tecnologici, pavimenti, rivestimenti ed infissi;

– veranda su terrazzo a livello di mq. 20,00 x H m. 2,70 strutturata in pannelli di alluminio anodizzato e vetri coperta da struttura in legno e tegole;

– Tettoia in legno su altro terrazzo a livello di mq. 8,00".

I ricorrenti premettevano, in punto di fatto, le seguenti circostanze:

– che l’intero fabbricato in questione, realizzato abusivamente nel 1984, era composto da un piano terra e da un primo piano, nonché da un piano cantinato seminterrato comune ad altri due corpi di fabbrica, destinato a garages;

– che, al fine di sanarne l’abusività, erano state presentate in data 24/3/1996 (rectius: 24/3/1995), quattro domande di condono, ai sensi della legge n. 724/1994, così contraddistinte: 1) n. 8028 a nome di P.A. (relativa al piano seminterrato, per complessivi mq. 803,40); 2) n. 8029 a nome di S.G. (per un appartamento al piano primo per complessivi mq. 150, nonché quota parte del locale sottostante adibito a garages); 3) n. 8033 a nome di S.P. (per un appartamento al piano terra per complessivi mq. 140, nonché quota parte del locale sottostante adibito a garages); 4) n. 8035 a nome di S.M.R. (per un appartamento al piano terra per complessivi mq. 150, nonché quota parte del locale sottostante adibito a garages);

– che, in data 12/2/1997, con prot. n. 1159, la signora P.A., con riferimento alla pratica di condono edilizio n. 8028/1995, aveva presentato denuncia ai sensi dell’art. 35, comma 13, L. n. 47/85 e art. 37, comma "m", della legge n. 663/96, al fine di completare le opere oggetto di condono;

– che in data 24/1/2005, anche il sig. S.G., in relazione alla pratica di condono edilizio n. 8029/1995, aveva presentato analoga denuncia di completamento;

– che i relativi lavori erano stati quindi completati e da allora il Comune di Napoli non aveva mai adottato alcun provvedimento inibitorio e da tale epoca vi risiedevano stabilmente la signora S.M.R. con il Marito, A.A. ed i loro tre figli, uno dei quali, il piccolo Salvatore, era affetto da grave handicap motorio, con riconoscimento di invalidità civile al 100%;

– che per tale ragione, essi avevano realizzato il vano ascensore esterno e la veranda sul terrazzo di copertura, al fine di rimuovere le barriere architettoniche e migliorare le condizioni di vita del piccolo Salvatore;

– che in data 9/5/2008, la Polizia Municipale aveva effettuato un sopralluogo, rilevando l’esistenza di una abusiva ristrutturazione edilizia;

– che, sulla base di tale sopralluogo, il Comune di Napoli aveva poi emanato l’impugnata ordinanza, con la quale aveva accomunato tutti gli interventi edilizi, anche quelli (di tompagnatura) legittimamente realizzati tempo addietro.

Tanto premesso, i ricorrenti chiedevano l’annullamento, previa sospensiva, dell’impugnata ordinanza (e degli altri atti in epigrafe indicati), deducendone l’illegittimità con dieci distinti motivi, incentrati sui vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili: 1) per mancata comunicazione di avvio del procedimento culminato nell’emanazione dell’impugnato provvedimento; 2) per mancata motivazione in ordine alla fissazione in 30 giorni del termine per la demolizione; 3) per pendenza di sequestro penale; 4) per insussistenza dei presupposti e difetto di istruttoria, relativamente alle tompagnature perimetrali, trattandosi di opere già da tempo realizzate sulla base di regolari denunce di completamento; 5) per inapplicabilità del regime sanzionatorio, in relazione alla veranda, trattandosi di intervento di manutenzione ordinaria; 67) per mancata considerazione delle esigenze del piccolo S.A., portatore di grave forma di handicap psicofisico e, come tale, bisognevole di vivere in spazi ampi ma controllati; 8) per difetto di motivazione in ordine all’interesse pubblico alla demolizione; 9) per inapplicabilità del regime sanzionatorio, in relazione al vano ascensore, trattandosi di intervento di manutenzione ordinaria volto all’eliminazione delle barriere architettoniche, sottoposto a semplice denuncia inizio attività; 10) per inapplicabilità del regime sanzionatorio, in relazione alla tettoia, trattandosi di intervento di manutenzione ordinaria parimenti sottoposto a semplice denuncia inizio attività.

2. Il Comune di Napoli si costituiva il giudizio depositando memoria difensiva e documenti, contestando la fondatezza del ricorso, di cui chiedeva la reiezione.

3. Con ordinanza n. 641 dell’11/3/2009, questa Sezione respingeva l’istanza cautelare.

Successivamente, i ricorrenti depositavano consulenza tecnica, memoria difensiva e ulteriore documentazione (tra cui la domanda di completamento di P.A., non allegata al ricorso).

Con ordinanza n. 135 del 18/2/2010, questa Sezione disponeva istruttoria a carico del Comune di Napoli (richiedendo le domande di completamento mancanti, l’atto di vendita del fabbricato in questione, nonché notizie in merito alla eventuale definizione delle istanze di condono edilizio), cui veniva data esecuzione in data 22/6/2010.

4. Alla pubblica udienza del 22 dicembre 2010, il ricorso veniva chiamato ed introitato in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato nei limiti in cui viene dedotta (con la quarta e la nona censura) l’illegittimità del provvedimento impugnato in relazione, specificamente, alle tompagnature perimetrali ed al vano ascensore. E’ invece infondato nella residua parte.

2.1 La prima censura non può essere condivisa.

Gli atti di repressione degli abusi edilizi hanno, infatti, natura urgente e strettamente vincolata (essendo dovuti in assenza di titolo per l’avvenuta trasformazione del territorio), con la conseguenza che, ai fini della loro adozione, non sono richiesti apporti partecipativi del soggetto destinatario e quindi non devono essere necessariamente preceduti dalla comunicazione di avvio del procedimento (cfr. C.d.S., Sez. IV, 1 ottobre 2007, n. 5049; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 12 febbraio 2010, n. 897).

2.2 Anche la seconda censura non coglie nel segno.

Ai sensi dell’art. 33 D.P.R. n. 380/2001, il dirigente ha il potere di fissare la demolizione entro il termine che ritiene congruo, senza necessità di motivazione alcuna, essendo evidentemente onere della parte interessata dimostrare l’incongruità del termine assegnato (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 26 giugno 2009, n. 3530, secondo cui "il termine per provvedere alla demolizione, ai sensi dell’art. 33 D.P.R. n. 380/01, deve essere rapportato all’entità ed alle caratteristiche tipologiche dell’abuso (che incidono sulla sua maggiore o minore facilità di rimozione) e non può invece essere correlato al termine di impugnazione giurisdizionale dell’ordinanza di demolizione").

Nella specie, non solo tale prova non è stata offerta, ma il termine fissato di 30 giorni appare comunque congruo e ragionevole.

2.3 Deve essere disattesa anche la terza censura.

La circostanza che l’immobile abusivamente realizzato sia sottoposto a sequestro penale non osta all’adozione dell’ordine di demolizione, dal momento che è possibile motivatamente domandare all’autorità giudiziaria il dissequestro dell’immobile proprio al fine di ottemperare al predetto ordine (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 21 luglio 2009, n. 4244, secondo cui "E’ legittima l’ingiunzione a demolire emessa in pendenza di sequestro penale sul manufatto abusivo, dal momento che è onere del responsabile motivatamente domandare all’autorità giudiziaria il dissequestro dell’immobile e, pertanto, qualora il soggetto obbligato neppure dimostri di aver richiesto il dissequestro del bene allo scopo di demolirlo, non può successivamente far valere il fatto del sequestro quale causa di forza maggiore impeditiva della demolizione").

2.4 Deve invece essere condivisa la quarta censura di ricorso, avente specificamente ad oggetto le tompagnature perimetrali.

Alla luce degli atti di causa, è evidente l’errore in cui è incorsa la resistente amministrazione comunale nel ritenere che tali opere siano state eseguite all’atto del sequestro (23/5/2008) e non, invece, che fossero state già realizzate in precedenza, tra il 1997 ed il 2005, sulla base delle istanze di completamento presentate dagli interessati.

Nel verbale di sequestro della Polizia Municipale del 23/5/2008, si legge testualmente che il sig. S.G., con atto di compravendita per Notaio Scarnecchia del 26/7/2005, "acquistava l’intero corpo di fabbrica denominato "A"… nello stato ancora in corso di costruzione con le sole strutture orizzontali e verticali e le tompagnature esterne, privo di tramezzi, pavimenti, impianti ed infissi, composto da piano seminterrato comune ai fabbricati "B" e "C", piano rialzato con due unità abitative contigue e primo piano con una unità abitativa". Più avanti, ancora, si legge che "il piano seminterrato di mq. 380 circa è composto da un unico locale con accesso da rampa carrabile al grezzo e da due piccoli vani sul lato sinistro tompagnati in cemento armato….Il piano rialzato, di mq. 180 circa senza scala di accesso, è tompagnato in laterizi,…". Gli agenti, infine, concludono il verbale evidenziando che i tre fabbricati ("A", "B" e "C") sono "tutti al grezzo e con le sole strutture orizzontali e verticali e le tompagnature", "privi di tramezzi, pavimenti, impianti ed infissi".

In base alla descrizione operata dagli agenti verbalizzanti, il fabbricato in questione si presentava dunque chiaramente " con le sole strutture orizzontali e verticali e le tompagnature esterne".

In sede di istruttoria, invece, l’ufficio contenzioso tecnico del Servizio Antiabusivismo Edilizio, nel descrivere l’abuso, ha erroneamente indicato, tra gli interventi edilizi eseguiti "di recente", anche le tompagnature perimetrali (cfr. scheda istruttoria tecnica del 7/10/2008, agli atti).

Il provvedimento impugnato, nel recepire tale dato erroneo, è incorso nel dedotto vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.

Sulla base dello stesso verbale redatto dagli agenti della Polizia Municipale, è infatti certo che le opere in questione fossero già esistenti e realizzate da tempo (a differenza delle altre opere contestate, vano ascensore, veranda e tettoia, di cui si dirà appresso).

La preesistenza delle tompagnature perimetrali emerge anche dai seguenti ulteriori, convergenti, elementi fattuali: 1) dal confronto, da un lato, tra la domanda di condono di P.A. del 24/3/1995 (in cui si afferma che il fabbricato "allo stato è al rustico"), la domanda di completamento della medesima P.A. del 12/2/1997 (in cui si manifesta l’intenzione di realizzare, tra l’altro, "muratura esterna"), la perizia asseverata a firma del dott. Ing. V.E.O. del 21/7/1997 (in cui si afferma che il fabbricato "è ancora allo stato grezzo" e che occorre realizzare "muratura esterna") e, dall’altro, la descrizione contenuta nella perizia giurata del perito edile Scarpato Raffaele del 13/1/2005 (e dalle relative fotografie), allegata alle istanze di completamento del 24/1/2005 di S.G. e di S.A. (in cui si dà atto invece che i lavori da completare consistono nelle sole tramezzature interne e nei soli impianti, ma non anche nelle murature esterne); 2) dall’atto di compravendita per Notaio Scarnecchia del 26/7/2005 (redatto sotto forma di scrittura privata autenticata), in cui le parti, nel descrivere il fabbricato in questione, affermano che lo stesso è "allo stato ancora in corso di costruzione, comprendente le sole strutture orizzontali e verticali e le tamponature esterne, ma privo di tramezzi interni, pavimenti, impianti ed infissi".

Da quanto precede, si deve ritenere che le "tompagnature perimetrali" (contestate con l’impugnato intervento come opere di recente realizzazione) siano state in realtà realizzate dopo il 1997, ma prima del 2005.

In relazione a tale aspetto, il ricorso deve quindi essere accolto, con conseguente annullamento, in parte qua, dell’impugnata ordinanza.

2.5 La quinta censura (concernente la veranda) deve invece essere disattesa.

Posto che per tale intervento non si pongono problemi di individuazione cronologica della sua realizzazione (essendo pacifico tra le parti – e dimostrato dallo stesso verbale – che trattasi di opera realizzata di recente, e quindi non coperta da alcun titolo edilizio), occorre rilevare, in punto di diritto, che questa Sezione ha già da tempo chiarito che gli interventi edilizi che determinano una variazione planovolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale vengono realizzati, pur potendo avere carattere pertinenziale rispetto all’immobile cui accedono (come appunto una veranda in vetro e alluminio edificata sulla terrazza di un appartamento), non rientrano tra le opere minori soggette a D.I.A., ma sono interventi sottoposti al preventivo rilascio di permesso di costruire. La sanzione applicabile è pertanto quella demolitoria, come stabilito dall’articolo 33 del D.P.R. n. 380 del 2001 (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 8 giugno 2007, n. 6038; cfr., altresì, C.d.S., Sez. VI, 27 gennaio 2003, n. 419).

2.67 Anche la sesta e la settima censura, con le quali vengono sostanzialmente dedotte la mancata considerazione delle esigenze del piccolo S.A., portatore di grave forma di handicap psicofisico, non possono essere condivise.

Non solo non risulta che i ricorrenti abbiano mai prospettato tali esigenze all’amministrazione ma, soprattutto, la normativa edilizia non contempla, a favore dei soggetti disabili, alcuna possibilità di deroga alle proprie prescrizioni, se non nei limiti concernenti l’abbattimento delle barriere architettoniche (rilevanti, nella presente causa, ai fini del vano ascensore, come si vedrà al punto 2.9 che segue).

2.8 Anche l’ottava censura non merita accoglimento.

L’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive e" sufficientemente motivata con riferimento all’oggettivo riscontro dell’abusività delle opere, non essendo necessario, in tal caso, alcun ulteriore obbligo motivazionale, come il riferimento ad eventuali ragioni di interesse pubblico). (cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. VI, 17 dicembre 2007, n. 16316).

2.9 Deve invece essere condivisa la nona censura di ricorso, avente specificamente ad oggetto il vano ascensore.

Tale opera non è soggetta al regime del permesso di costruire, ma a quello della denuncia di inizio attività.

L’art. 7 della legge 9/01/1989, n. 13, ha inquadrato gli ascensori nell’ambito delle opere da attuare negli edifici privati al fine di eliminare la barriere architettoniche, prevedendo espressamente l’applicabilità delle disposizioni relative all’autorizzazione di cui all’articolo 48 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (riferito agli interventi di manutenzione straordinaria).

Tale configurazione è stata ribadita dell’art. 4, comma 7°, lett. b), D.L. 5/10/1993 n. 398, il quale prevedeva espressamente che sono subordinati alla denuncia di inizio attività le "opere di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti consistenti in rampe o ascensori esterni,…".

Nell’attuale regime edilizio, gli interventi di manutenzione straordinaria (e quindi anche gli ascensori) sono sottoposti a semplice denuncia di inizio attività ed al conseguente, attenuato, regime sanzionatorio di cui all’art. 37 D.P.R. n. 380/2001 (il quale, non a caso, richiama l’art. 4 D.L. 5/10/1993 n. 398).

Lo stesso regolamento edilizio del Comune di Napoli, del resto, prevede, all’art. 3, che i locali destinati a servizio di ascensori, in quanto impianti tecnologici, sono esclusi dal calcolo dei volumi e costituiscono superficie non residenziale, ed all’art. 35, che le opere destinate ad eliminare le barriere architettoniche ("quali rampe o ascensori esterni ovvero manufatti a ciò preordinati anche con alterazione della sagoma dell’edificio") sono soggetti a denuncia inizio attività.

La giurisprudenza formatasi sul punto, ha avuto modo di chiarire che "costituiscono volumi tecnici, come tali sottratti dal conteggio dell’indice edificatorio siccome non generatori di c.d. carico urbanistico, i soli volumi adibiti alla sistemazione di impianti (riscaldamento, ascensore, ecc.) aventi un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzo della costruzione e che non possono essere ubicati all’interno della parte abitativa" (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 11 febbraio 2010, n. 712; cfr., altresì, C.d.S., sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2565).

Alla luce di quanto precede, si deve ritenere che la resistente amministrazione abbia errato nell’assoggettare al regime del permesso di costruire (e non a quello della denuncia inizio attività) il realizzato vano ascensore, da qualificare come "volume tecnico", volto all’abbattimento delle barriere architettoniche.

2.10 La decima censura (concernente la tettoia) deve invece essere disattesa.

Anche per tale intervento (come per la veranda) è pacifico che trattasi di opera realizzata di recente, e quindi non coperta da alcun titolo edilizio.

Ciò posto, occorre osservare, in punto di diritto, che la realizzazione di una tettoia, indipendentemente dalla sua eventuale natura pertinenziale, è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 380/01, nella misura in cui realizza "l’inserimento di nuovi elementi ed impianti", ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell’articolo 10, comma primo, lettera c), dello stesso D.P.R. laddove comporti, come nel caso di specie, una modifica della sagoma o del prospetto del fabbricato cui inerisce (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 21 dicembre 2007, n. 16493; 17 febbraio 2010, n. n. 968).

3. In conclusione, il ricorso è fondato nei soli, riferiti, limiti riguardanti, specificamente, le tompagnature perimetrali ed il vano ascensore ed entro tali limiti deve essere accolto, con conseguente annullamento, entro i suddetti limiti, dell’impugnato provvedimento di demolizione. E’ invece infondato nella residua parte (ed in tale parte va conseguentemente respinto).

4. Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese, le competenze e gli onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti e nei sensi di cui in motivazione (e per l’effetto annulla, entro i suddetti limiti, l’impugnato provvedimento di demolizione), respingendolo per la residua parte.

Compensa integralmente tra le parti le spese, le competenze e gli onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 22 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Domenico Nappi, Presidente

Leonardo Pasanisi, Consigliere, Estensore

Achille Sinatra, Primo Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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