Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-06-2011) 13-12-2011, n. 46030 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione, per tramite del difensore, B. C. – nei cui confronti il GIP del Tribunale di Verona aveva disposto, su conforme richiesta del P.M., l’archiviazione del procedimento nel quale era indagato del delitto di cui all’art. 110 cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 – avverso l’ordinanza in data 16 luglio 2010 con la quale la Corte d’appello di Venezia aveva respinto la domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione dal predetto subita agli arresti domiciliari dal 30 maggio fino al 13 giugno 2008, sul presupposto della sussistenza di un comportamento connotato da colpa grave dello stesso B., rimasto coinvolto nella vicenda relativa allo spaccio di droga in quanto assuntore della sostanza stupefacente e risultato in contatto telefonico con coloro che gli avrebbero potuto fornire la sostanza per uso personale, come peraltro da lui ammesso.

Censura il ricorrente l’ordinanza deducendo un unico motivo per violazione dell’art. 606 cod. proc. pen., lett. b) ed e).

Secondo l’istante, la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto che in sede di interrogatorio di garanzia l’indagato – che pur avrebbe potuto ritenersi responsabile del reato contestatogli, all’atto dell’applicazione del provvedimento restrittivo della libertà personale – aveva spiegato di esser tossicodipendente ribadendo la propria estraneità ai reati addebitatigli, poichè le telefonate intercettate concernevano acquisti di modici quantitativi di sostanze stupefacenti destinati al proprio uso personale. In tal modo il B. aveva assunto un comportamento leale ed improntato a buona fede; donde l’illegittimità, in difetto di qualsivoglia profilo di colpa grave, quantomeno in ordine alla protrazione della misura cautelare.

La Corte distrettuale, ad avviso del ricorrente, avrebbe erroneamente sovrapposto il concetto di colpa grave con l’illecito amministrativo dell’acquisto di sostanza stupefacente per uso personale. Nè, per unanime e prevalente giurisprudenza di legittimità, potrebbe ritenersi consentito al Giudice della riparazione valutare in senso negativo la pronunzia di archiviazione, ai fini della ritenuta sussistenza della colpa grave, tanto più nel caso di specie in cui l’indagato aveva assunto una condotta collaborativa fin dalle prime fasi del suo arresto.

Il Procuratore Generale, con la requisitoria scritta in atti, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va quindi respinto con il conseguente onere del pagamento delle spese processuali a carico del ricorrente, à sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

Il provvedimento impugnato è del tutto immune dai denunziati vizi di violazione di legge e di difetto od illogicità della motivazione.

La Corte d’appello di Venezia ha congruamente ed esaustivamente sottolineato, adeguandosi alla prevalente e consolidata giurisprudenza di questa Corte, che la condotta del B. – correttamente valutata ex ante ovverosia all’atto dell’emissione del provvedimento restrittivo della libertà personale – aveva ingenerato negli inquirenti la falsa apparenza della sua illiceità penale; ciò in dipendenza della connotazione gravemente colposa della stessa. Il contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate aveva in fatto reso palesi le frequentazioni ambigue ed i costanti contatti intrattenuti dal B. con ambienti dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti. L’acquisto poi perfezionato di sostanze stupefacenti, in uno valutato con dette emergenze indiziarie, era indiscutibilmente apparso come la riprova di dette equivoche frequentazioni e la risultante di comportamenti qualificabili in termini di macroscopica, grave imprudenza, negligenza e trascuratezza delle conseguenze nonchè di sintomatica noncuranza dell’assai pacificamente prevedibile coinvolgimento dell’istante nel delitto contestato ai correi sì da apparire in evidente sinergia con l’emissione del provvedimento cautelare restrittivo della libertà.

Diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente e ad ulteriore riprova della logicità e congruità della motivazione dell’ordinanza impugnata, osserva il Collegio che sia lo stato di tossicodipendente sia la modica quantità degli acquisti di sostanza stupefacente di cui il B. discorreva nel corso delle conversazioni telefoniche intercettate non avrebbero potuto far venir meno ex se negli inquirenti (l’invero fondato) sospetto della correità dell’interessato nel delitto de quo, essendo patrimonio della comune e notoria esperienza tratta dalla cognizione di numerosissime analoghe, vicende giudiziarie che il soggetto tossicodipendente sia, ciononostante, sovente coinvolto in attività ancorchè modesta di spaccio e che non sia invece solamente dedito a quella di acquisto di sostanze stupefacenti da destinare al proprio uso personale.

Ed ha opportunamente messo in rilievo la Corte distrettuale – giova infine sottolinearlo – che l’acquisto di sostanze stupefacenti costituisce illecito amministrativo (come previsto dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75) ed integra comunque "un comportamento antisociale, contrario ai doveri di solidarietà e di correttezza propri dei una società civile." L’assunto conduce pacificamente ad escludere – a riprova dell’esaustività della motivazione, da un lato, e ad onta delle infondate obiezioni del ricorrente, dall’altro – qualsivoglia ipotizzata "sovrapponibilità" concettuale nella verifica critica dei due istituti, attinente, in un caso, alla ricorrenza, nel caso concreto, di un comportamento connotato dalla colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione patita e, nell’altro, alla valutazione, in termini di obiettivo disvalore sociale, della stessa condotta.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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