Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-07-2012, n. 11312 Proprietà coltivatrice (piccola) e acquisti agevolati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – V.A. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Cassino, con atto di citazione notificato in data 24 aprile 1989, C.I. e D.F.A.M. nonchè il Sovrano Militare Ordine di Malta per contestare l’atto di compravendita a ministero del notaio De Falco Giannone in data 15 luglio 1980, con il quale M. o B.M. ved. F. aveva venduto ai coniugi C. e D.F. un appezzamento di terreno sito nel Comune di (OMISSIS), con annesso fabbricato rurale, e la comproprietà di un’aia.

Assumeva l’attrice che i beni innanzi menzionati non erano di proprietà dell’alienante, bensì di B.C., che con testamento li aveva lasciati all’istante nonchè a V.M. e a V.L.; e che M. o B.M., con testamento per notaio De Falco Giannone, aveva nominato erede universale dei suoi beni il Sovrano Militare Ordine di Malta.

Tanto premesso, la V. chiese che venisse dichiarato che l’atto del 15 luglio 1980 costituiva una vendita a non domino, in quanto M. o B.M. non poteva disporre di beni appartenenti a B.C..

Si costituirono il C. e la D.F., resistendo ed in via riconvenzionale chiedendo il riconoscimento, in loro favore, dell’intervenuta usucapione ai sensi dell’art. 1159-bis cod. civ..

Resistette il Sovrano Militare Ordine di Malta, il quale invocò 1’intervenuta usucapione della proprietà del bene in contesa in favore della defunta B.M. o dei suoi danti causa.

Su istanza dell’attrice, vennero chiamati in causa I.D. e I.D., promissari acquirenti del bene con preliminare di vendita intercorso con il C. e la D.F..

Il Tribunale di Cassino, con sentenza n. 474 del 2001, accolse la domanda della V., dichiarando la proprietà degli immobili de quibus in capo a B.C. e ai suoi aventi causa e dando le pronunce conseguenti.

2. – La Corte d’appello di Roma, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 23 novembre 2005, ha accolto l’appello incidentale del C. e della D.F. e, in riforma della impugnata sentenza, ha accertato l’acquisto, da parte dei medesimi, dei beni immobili di cui è causa per intervenuta usucapione ai sensi dell’art. 1159-bis cod. civ., e rigettato l’originaria domanda proposta dalla V.; ha dichiarato assorbito l’appello principale del Sovrano Militare Ordine di Malta; ed ha regolato le spese del giudizio.

2.1. – La Corte territoriale ha rilevato che sussistono tutti gli elementi dell’usucapione abbreviata quinquennale ex art. 1159-bis cod. civ., formulata dagli appellanti incidentali: la trascrizione dell’atto notarile di compravendita, avvenuta in data 28 luglio 1980 (laddove l’atto di citazione è stato notificato soltanto il 24 aprile 1989, circa nove anni dopo); l’inclusione del Comune di Arpino, ove sono situati i beni in contestazione, tra i Comuni montani (non rilevando, al riguardo, che i beni de quibus, secondo la certificazione prodotta dalla V., non ricadano in zona montana, essendo sufficiente che il Comune nel quale sono situati sia classificato montano); l’immissione dei C. – D.F. nel possesso dei beni, avvenuta contestualmente all’atto di compravendita, come riconosciuto anche dalla controparte.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la V. ha proposto ricorso, con atto notificato il 18 luglio 2006, sulla base di tre motivi.

L’intimato Sovrano Militare Ordine di Malta ha resistito con controricorso.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo (omessa pronuncia ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ., con conseguente violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato) la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia omesso di pronunciare sulla domanda di nullità o inefficacia dell’atto di compravendita per notar De Falco Giannone del 15 luglio 1980, in quanto compiuta a non domino.

1.1. – Il motivo è infondato, perchè la domanda principale proposta dalla V. è risultata superata dall’accoglimento della contrapposta domanda di usucapione sullo stesso bene.

Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia, infatti, non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando, come nella specie, la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata con la domanda non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (tra le tante, Cass., Sez. 2, 4 ottobre 2011, n. 20311).

2. – Con il secondo mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 1159-bis c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè mancato esame di documento decisivo ai fini del decidere, ex art. 116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) la ricorrente sostiene che la Corte del merito avrebbe riconosciuto la fondatezza della domanda di usucapione abbreviata omettendo di esaminate un documento decisivo, rappresentato dal certificato rilasciato dalla 15^ Comunità montana Valle del Liri in data 25 marzo 2003, avente fede privilegiata, secondo cui le particelle in questione non ricadrebbero in zona montana, pur essendo classificato come parzialmente montano il Comune di Arpino, nel quale i terreni sono situati.

2.1. – Il motivo non coglie nel segno.

La Corte d’appello ha accertato l’inclusione del Comune di Arpino, ove si trovano i beni in discussione, tra quelli classificati montani, in ragione dell’appartenenza dello stesso alla Comunità montana "Valle del Liri"; ed ha quindi ritenuto applicabile l’art. 1159-bis cod. civ., in relazione ad un’usucapione maturato nel quinquennio successivo al 28 luglio 1980.

Il motivo articolato non mette in discussione il ragionamento seguito dalla Corte d’appello per accertare detta inclusione in relazione alla legge ratione temporis applicabile, e quindi non censura il fatto che la classificazione del Comune sia stata operata avendo riguardo a quanto disposto dall’allegato alla L.R. Lazio 22 giugno 1999, n. 9 (Legge sulla montagna), nel nuovo quadro legislativo scaturente dalla Legge Statale 8 giugno 1990, n. 142, artt. 28 e 29 (Ordinamento delle autonomie locali), anzichè in applicazione della disciplina – cui faceva rinvio la L. 10 maggio 1976, n. 346, art. 2, che ha introdotto nel codice civile la norma sull’usucapione speciale per la piccola proprietà rurale – dettata dalla L. 3 dicembre 1971, n. 1102, art. 3 (Nuove norme per lo sviluppo della montagna), richiamante a sua volta la L. 25 luglio 1952, n. 991, art. 1 (Provvedimenti in favore dei territori montani), come sostituito dall’articolo unico della L. 30 luglio 1957, n. 657.

La doglianza della ricorrente si appunta sul fatto che il bene in questione sarebbe situato – come dimostrato dal certificato in atti – nella parte non montana del Comune, e sul rilievo che non sarebbe sufficiente "il semplice riferimento alla L. 3 dicembre 1971, n. 1102", "risultando invece che i fondi di cui è causa, non essendo ubicati in zona montana, non rientrano nella Comunità montana".

Così articolato, il motivo è infondato.

Infatti, in tema di usucapione per la piccola proprietà rurale, l’art. 1159-bis cod. civ. richiede che il fondo rustico con annesso fabbricato ricada in un Comune classificato montano dalla legge, non già nella zona montana di un Comune classificato montano: sicchè, ove il Comune presenti le caratteristiche altimetriche (almeno l’80% della superficie al di sopra dei 600 metri di altitudine sul livello del mare o dislivello tra la quota altimetrica inferiore e quella superiore del territorio comunale non minore di 600 metri) o economico-agrarie considerate dalla legge per essere incluso nella categoria, la disciplina speciale dettata da tale disposizione è applicabile, quantunque il terreno oggetto di possesso sia collocato nel livello inferiore del Comune stesso.

3. – Con il terzo mezzo (violazione e falsa applicazione dell’art. 1159-bis c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per omesso esame di documenti decisivi, e difetto di motivazione per il mancato esame della documentazione prodotta, ex art. 116 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) si rileva che, ai fini dell’usucapione, non basta il possesso giuridico che viene concesso con gli atti di alienazione e si lamenta che avrebbe errato il giudice del merito a trarre la prova del possesso dall’affermazione della V. secondo cui i resistenti ostacolavano la relazione di fatto di essa attrice (tale affermazione significando soltanto che c’era un possesso della V. che i resistenti tentavano di ostacolare).

3.1. – Il motivo è privo di fondamento.

La Corte del merito – con logico e motivato apprezzamento delle risultanze di causa – ha accertato che l’immissione degli acquirenti C. – D.F. nel possesso materiale dei beni è avvenuto contestualmente all’atto notarile di compravendita del 15 luglio 1980 ed ha ravvisato una conferma di questa conclusione, relativamente alla sussistenza di una relazione di fatto di costoro con il bene, nelle stesse deduzioni difensive della V..

Nel ragionamento del giudice di merito non è riscontrabile un mancato o insufficiente esame di un fatto decisivo della controversia, e neppure un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione.

Ciò di cui ci si duole è la difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte.

Il motivo di ricorso, anche nella parte in cui deduce il vizio di violazione e falsa applicazione di legge, finisce con il richiedere una diversa valutazione del materiale probatorio e degli atti di causa.

4. – Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 1.700, di cui Euro 1.500 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 giugno 2012.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2012

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