Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-07-2012, n. 11301 Parti comuni dell’edificio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 16.10.2000 Pi.Fi. e C.G. convenivano davanti al Tribunale di Catania i coniugi P. N. e C.E. e, premesso di essere proprietari di un appartamento in un palazzotto in (OMISSIS), in cui si trovava altro appartamento a piano terra dei convenuti, esponevano che l’ingresso comune del civico (OMISSIS) era solo pedonale e per mera tolleranza i convenuti avevano posteggiato saltuariamente la loro automobile nell’androne, accedendovi dall’ingresso; che però non avevano più intenzione di consentire tale posteggio, dopo che i convenuti, millantando il loro consenso, avevano inoltrato domanda al comune per creare una scivola nel marciapiede onde rendere carrabile l’ingresso.

Chiedevano fosse dichiarato il divieto di mutare la destinazione dell’ingresso pedonale ad uso garage.

I convenuti riconvenzionalmente chiedevano accertarsi l’acquisto per usucapione del diritto di servitù di posteggio, richiesta accolta con sentenza 23.11.2002. ma rigettata dalla corte di appello di Catania con sentenza 19.12.2005, che, pur deducendo non esistere in linea teorica alcun ostacolo concettuale alla costituzione di servitù tra proprietà individuali e proprietà comuni, mancava nella specie il requisito imprescindibile del rapporto tra fondi, nel senso che il vantaggio dei convenuti soddisfaceva solo un interesse meramente personale e, comunque, l’ingombro escludeva il pari uso della cosa comune.

Ricorrono C.E., P.R., M.M., S. e G. con due motivi, resistono P. F., anche quale erede di C.G..

Pi.Gi., Lu. ed En..

Vi sono agli atti procura speciale sostitutiva in favore di nuovo difensore dei ricorrenti in sostituzione di quello deceduto ed atto di intervento di R.G., V. ed A. quali successori di P.R.A., deceduta in (OMISSIS).

Le parti hanno presentato memorie.
Motivi della decisione

Col primo motivo si denunziano vizi di motivazione in relazione alla mancanza di un elemento costitutivo (utilitas) della fattispecie regolata, con riferimento agli arti. 1027 e 1028 cc nonchè erronea valutazione delle prove ex artt. 115 e 116 c.p.c..

Col secondo motivo si lamentano violazione dell’art. 1102 c.c. e vizi di motivazione.

Le censure, tra di loro incompatibili oltre che in contrasto con la necessaria specificità della loro proposizione, non mentano accoglimento.

In relazione al parcheggio, con riferimento alla lesione del possesso invocato a titolo di servitù, questa Corte Suprema (Cass. 28 aprile 2004 n. 8137) ha statuito che "la pretesa utilizzazione per parcheggio non potrebbe rientrare nello schema di alcun diritto di servitù nè di altro diritto reale.

Se, infatti, il parcheggiare l’auto può essere una delle tante manifestazioni di un possesso a titolo di proprietà, non può, invece, dirsi che tale potere di fatto fosse inquadrabile nel contenuto di un diritto di servitù, posto che caratteristica tipica di detto diritto è la "realità", e cioè l’inerenza al fondo dominante dell’utilità così come al fondo servente del peso.

Nella specie la comodità di parcheggiare l’auto per specifiche persone che accedono al fondo (anche numericamente limitate) non potrebbe certamente valutarsi come una utilità inerente al fondo stesso e non, come in effetti è, un vantaggio del tutto personale dei proprietari." In senso conforme Cass. 2 gennaio 2009 n. 1551.

Applicando tale principio alla fattispecie, va osservato risultare pacificamente dalla sentenza che i convenuti proposero domanda riconvenzionale per accertare il loro acquisto per usucapione del diritto di servitù di posteggio dell’automobile nell’androne comune, rigettata correttamente dalla Corte di appello che ha richiamato l’art. 1102 c.c., sottolineando l’ingombro costituito dalla presenza dell’automobile che impediva l’uso degli altri partecipanti, ed ha escluso il rapporto tra fondi in presenza di un mero interesse personale.

Ne derivano il rigetto del ricorso e la condanna alle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti alle spese, liquidate in Euro 2400 di cui 2200 per onorari, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2012 iale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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