Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-11-2011) 14-12-2011, n. 46282 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 22/2/2011, la Corte di appello di Brescia, confermava la sentenza del Tribunale di Brescia, in data 23/9/2010, che aveva condannato M.M. e M.A. alla pena di anni tre, mesi uno di reclusione ed Euro 650,00 di multa per i reati di rapina aggravata e lesioni personali.
La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità di entrambi gli imputati in ordine ai reati a loro concorsualmente ascritti, ed equa la pena inflitta. Avverso tale sentenza propone ricorso entrambi gli imputati.
M.M..
Deduce il vizio della motivazione per illogicità e per travisamento della prova con riferimento alla deposizione della teste C. M.G..
M.A..
Deduce il vizio della motivazione per illogicità con riferimento alla deposizione della teste C., rilevando che da tale deposizione non emergono elementi di riscontro al narrato della parte lesa.

Motivi della decisione

Entrambi i ricorsi ruotano intorno alla valutazione, che si deduce illogica o travisata della deposizione, della teste C., considerata dalla Corte territoriale un importante elemento di riscontro che conferma l’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa.
In tema di motivi di ricorso per cassazione, a seguito delle modifiche dell’art. 606, comma 1, lett. e) ad opera della L. n. 46 del 2006, art. 8, mentre non è consentito dedurre il "travisamento del fatto", stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito, è, invece, consentito dedurre il vizio di "travisamento della prova", che ricorre nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tal caso, non si tratta di re interpreta re gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 39048 del 25/39/2007 Ud. (dep. 23/10/2007) Rv. 238215).
E tuttavia per integrare il vizio di travisamento della prova non è sufficiente la pretermissione o l’erronea lettura di un dato processuale, se tale dato non svolge un ruolo decisivo nel percorso argomentativo seguito dal giudice di merito.
Infatti, secondo l’insegnamento di questa Corte:
"Le modifiche apportate dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, non hanno mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane un giudizio di legittimità. Ne consegue che gli "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame" menzionati ora dall’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito" (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 35683 del 10/07/2007 Ud. (dep. 28/09/2007) Rv. 237652).
Nel caso di specie la Corte ha errato nel fare riferimento alle dichiarazioni rese dalla teste in sede di s.i.t poichè, ai sensi dell’art. 500, comma 2, cod. proc. pen. tali dichiarazioni possono essere valutate solo ai fini della credibilità del teste. Deve escludersi, pertanto, che le dichiarazioni rese dalla teste nell’udienza dibattimentale possano valere come argomento di riscontro al narrato della parte offesa.
Tuttavia deve escludersi che una corretta valutazione delle dichiarazioni della teste avrebbe potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, in quanto dal percorso argomentativo sviluppato nella sentenza impugnata emerge che la Corte ha ritenuto pienamente affidabili le dichiarazioni accusatorie della parte offesa, anche in assenza degli elementi di riscontro – erroneamente – rilevati nella deposizione della teste.
Sotto il profilo del diritto, non v’è dubbio che la deposizione della persona offesa possa essere assunta da sola come fonte di prova Secondo l’insegnamento di questa Corte, infatti:
"In tema di valutazione della prova testimoniale, a base del libero convincimento del giudice possono essere poste sia le dichiarazioni della parte offesa sia quelle di un testimone legato da stretti vincoli di parentela con la medesima. Ne consegue che la deposizione della persona offesa dal reato, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere assunta anche da sola come fonte di prova, ove sia sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva, non richiedendo necessariamente neppure riscontri esterni, quando non sussistano situazioni che inducano a dubitare della sua attendibilità" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6910 del 27/04/1999 Ud. (dep. 01/36/1999) Rv.
213613; Sez. 5, Sentenza n. 8934 del 09/6/2000 Ud. (dep. 08/08/2000) Rv. 217355; Sez. 2, Sentenza n. 4281 del 17/08/2000 Cc. (dep. 24/08/2000) Rv. 217419).
Tanto premesso, occorre precisare che: "in tema di prove, la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e che non può essere rivalutata in sede di legittimità, a meno che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8382 del 22/01/2008 Ud. (dep. 25/02/2008) Rv. 239342).
Nel caso di specie il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale non presenta contraddizioni manifeste, al contrario il controllo dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa è stato effettuato dalla Corte con argomentazioni in fatto coerenti e prive di vizi logico-giuridici. Di conseguenza i ricorsi devono essere rigettati.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, gli imputati che lo hanno proposto devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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