Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 23-11-2011) 14-12-2011, n. 46280

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 18 marzo 2011, la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Napoli, in data 29/9/2010, appellata da M.S. e B.R., imputati di ricettazione ed estorsione, riduceva la pena inflitta al primo e confermava nel resto la sentenza impugnata, respingendo la richiesta di B.R. di riduzione della pena, previo riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6.
Avverso tale sentenza propongono ricorso entrambi gli imputati per mezzo del rispettivi difensori di fiducia.
M.S., eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione agli artt. 192 e 129 cod. proc. pen. e artt. 629 e 648 cod. pen.. Al riguardo eccepisce che la Corte avrebbe dovuto motivare in ordine al mancato proscioglimento dell’imputato, ex art. 129 cod. proc. pen. ed avrebbe dovuto indicare gli elementi indicativi del concorso morale o materiale del prevenuto nei reati contestati.
B.R. deduce violazione di legge, dolendosi del mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6.
In particolare si duole che la Corte abbia misconosciuto l’indagine difensiva svolta, adducendo che il difensore non ha poteri certificativi in ordine all’identificazione della persona offesa.
Contesta, inoltre l’asserita impossibilità di effettuare il giudizio di prevalenza delle attenuanti, ex art. 69 c.p., non ricorrendo l’ipotesi della recidiva specifica reiterata di cui all’art. 99 c.p., comma 4.

Motivi della decisione

M.S..
Il ricorso è di M.S. inammissibile in quanto basato su motivi di merito, attinenti alla valutazione delle prove, rispetto ai quali è intervenuta rinunzia nel corso del procedimento d’appello. In virtù dell’effetto devolutivo dell’appello, la rinunzia ad i motivi di merito, comporta il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado nei limiti dell’accertamento della responsabilità dell’imputato ed esclude che la Corte d’appello si possa pronunziare sul punto.
Al riguardo questa Sezione ha statuito che:
"E’ inammissibile il ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice di appello che, rilevata la rinuncia dell’imputato ai motivi di appello diversi da quelli relativi alla riduzione di pena, dichiari, in virtù dell’art. 589 c.p.p., commi 2 e 3 e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. d), l’inammissibilità sopravvenuta dei motivi oggetto di rinuncia, omettendone l’esame ai fini dell’applicazione dell’art. 129 cod. proc. pen., considerato che la rinuncia ha effetti preclusivi sull’intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità. Pertanto, poichè, ex art. 597 c.p.p., comma 1, l’effetto devolutivo dell’impugnazione circoscrive la cognizione del giudice del gravame ai soli punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti, una volta che essi costituiscano oggetto di rinuncia, non può il giudice di appello prenderli in considerazione, nè può farlo il giudice di legittimità sulla base di un’ipotetica implicita revoca di tale rinuncia, stante l’irrevocabilità di tutti i negozi processuali, ancorchè unilaterali" (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3593 del 03/12/2010 Ud. (dep. 01/02/2011) Rv. 249269).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).
B.R..
A differenti conclusioni si deve pervenire per il ricorso proposto da B.R..
La Corte territoriale ha sostanzialmente misconosciuto ogni valore al verbale delle dichiarazioni della parte lesa rese in sede di indagini difensive, sebbene si tratti di un documento equiparabile ad un atto pubblico, in quanto – come hanno rilevato le Sezioni Unite di questa Corte – l’atto ha la stessa natura e gli stessi effetti processuali del corrispondente verbale redatto dal pubblico ministero (Sez. U, Sentenza n. 32009 del 27/06/2006 Ud. (dep. 28/09/2006) Rv. 234214).
Inoltre risulta errata in diritto anche l’ulteriore considerazione in ordine all’impossibilità di effettuare il giudizio di prevalenza delle attenuanti sulla contestata recidiva, dal momento che il divieto di prevalenza delle attenuanti sulla recidiva riguarda soltanto l’ipotesi della recidiva specifica e reiterata di cui all’art. 99 c.p., comma 4.
Di conseguenza la sentenza impugnata deve essere cassata, quanto alla determinazione del trattamento sanzionatorio nei confronti di B.R., con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso di M.S. che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.
Annulla con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio nei confronti di B.R., e dispone trasmettersi gli atti ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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