Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-11-2011) 14-12-2011, n. 46304

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con la ordinanza in epigrafe il GIP del Tribunale di Avellino ha convalidato l’arresto di I.C. con applicazione della custodia cautelare in carcere.
Avverso detta pronunzia ricorre l’imputato contestando violazione di legge e mancanza di motivazione per avere il Giudice convalidato la misura precautelare ritenendo sussistente lo stato di quasi flagranza pur essendo stato determinato, l’inseguimento da parte della PG culminato nell’arresto, non già nella diretta percezione dei fatti da parte della PG ma nella denuncia della persona offesa.
2. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (cfr., di recente, Cass. 24.11.2010, n. 3075), in tema di convalida dell’arresto, ai sensi dell’art. 391 c.p.p., comma 4, il giudice deve limitarsi a controllare: i) l’osservanza dei termini previsti dall’art. 386 c.p.p., comma 3, e art. 390 c.p.p., comma 1, (verifica meramente formale); ii) la sussistenza dei presupposti legittimanti l’eseguito arresto, secondo gli artt. 380, 381 e 382 c.p.p., ossia se ricorrono gli estremi della flagranza e se sia configurabile, con riferimento al caso specifico, una delle ipotesi criminose che consentono l’arresto (fumus commissi delicti). Deve inoltre valutare la legittimità dell’operato della polizia giudiziaria sulla base di un controllo di ragionevolezza dell’arresto stesso in relazione allo stato di flagranza ed alla ipotizzabilità di uno dei reati di cui agli artt. 380 e 381 c.p.p. Tale ultimo controllo deve essere condotto in una prospettiva di lettura, a) che non può riguardare l’aspetto della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari (riservato, ex art. 391 c.p.p., comma 5, in combinato disposto con gli artt. 273 e 274 c.p.p., all’applicabilità delle misure cautelari coercitive); b) che non può sconfinare in un apprezzamento dei presupposti per l’affermazione della responsabilità, riservato alla fase di cognizione del giudizio di merito (cfr., in particolare, Cass., sez. 6^, 17.2.2009, n. 6878). Ne consegue, quindi, che la verifica e la valutazione in oggetto vanno fatte con riferimento all’uso ragionevole dei poteri discrezionali in concreto esercitati dalla polizia giudiziaria e, ove il giudice ritenga che la polizia abbia ecceduto, deve fornire in proposito adeguata motivazione (Cass., sez. 4^, 19.5.2006, n. 17435). Con riguardo al concetto di "quasi flagranza", deve osservarsi che, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, l’inseguimento del reo, utile per definire il concetto in esame, deve essere inteso in senso più ampio di quello strettamente etimologico di attività di chi corre dietro, tallona e incalza, a vista, la persona inseguita. Esprime, cioè, un concetto comprensivo anche dell’azione di ricerca, immediatamente eseguita, anche se non immediatamente conclusa, purchè protratta senza soluzione di continuità, sulla base delle ricerche immediatamente predisposte sulla scorta delle indicazioni delle vittime, dei correi o di altre persone a conoscenza dei fatti.
L’inseguimento può quindi avvenire anche dopo un periodo di tempo, necessario alla polizia giudiziaria per giungere sul luogo del delitto, acquisire notizie utili e iniziare le ricerche. Ed è stato altresì chiarito che il concetto di "inseguimento" ad opera della forza pubblica comprende ogni attività di indagine e ricerca finalizzata alla cattura dell’indiziato di reità, purchè detta attività non subisca interruzioni dopo la commissione del reato, anche se si protragga per più tempo (Cass. n. 2738/99; Cass. n. 23560/06; Cass., Sez. 4, n. 4348/2003; Cass. sez. 2, n. 44369/2010).
Nel caso di specie, alla stregua degli elementi esposti nell’ordinanza impugnata, è indubbio che gli operanti intervennero tempestivamente, dietro denuncia di S.M.R. che, avendo sorpreso l’imputato a percuotere la propria madre, prima cercava di soccorrere la malcapitata e poi, mentre l’imputato – proseguendo nell’azione – trascinava violentemente in strada la madre, presentava denuncia ai carabinieri; questi ultimi, tempestivamente intervenuti, sorprendevano il giovane nell’atto di ancora trascinare la parte offesa, sanguinante al ginocchio destro e recante contusioni diffuse in tutto il corpo.
Alla stregua di tale delineata sequenza fattuale e temporale, non appare censurabile quanto indicato dal giudice della convalida e, cioè che, "l’arresto è stato eseguito nello stato di quasi flagranza ex art. 382 c.p.p. …", essendo anzi intervenuti i carabinieri mentre ancora l’azione violenta era praticamente in corso.
3. – Ne discende, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1000. 4. – Poichè a questa pronuncia non consegue la rimessione in libertà del detenuto, deve conseguentemente disporsi ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter che copia del provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario per i provvedimenti di cui al comma 1 bis della citata norma.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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