Cass. civ. Sez. VI – 2, Ord., 05-07-2012, n. 11280 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte, letto il ricorso proposto dalla Prefettura di Brescia e dal Ministero dell’Interno per la cassazione della sentenza n. 1079 del Tribunale di Brescia, depositata l’8 aprile 2010, che, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva accolto l’opposizione proposta da F.G. avverso l’ordinanza ingiunzione che gli aveva irrogato una sanzione amministrativa per violazione dell’art. 23 C.d.S., per avere, quale proprietario del suolo, concorso nella installazione di un cartello pubblicitario adiacente la carreggiata della autostrada Torino-Trieste senza autorizzazione, avendo il giudice di appello ritenuto che la partecipazione dell’opponente all’illecito non potesse presumersi, in mancanza di elementi gravi precisi e concordanti, in forza della mera circostanza della titolarità del terreno su cui il cartello si trovava installato;
letto il controricorso e ricorso incidentale condizionato proposto da F.G.;
vista la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ. dal consigliere delegato dott. B.M., che ha concluso per l’infondatezza del ricorso principale avanzato dalle Amministrazioni, osservando che:
– "il primo motivo di ricorso, che denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., lamenta che il giudice di appello abbia accolto l’opposizione in forza di rilievi diversi da quelli prospettati dall’appellante, che si era limitato a sostenere l’inapplicabilità della norma sanzionatoria al proprietario del suolo in concorso con l’autore materiale della violazione, cioè con colui che aveva installato il cartello pubblicitario";
– "il secondo motivo di ricorso, denunziando violazione e falsa applicazione dell’art. 23 C.d.S., dell’art. 2697 cod. civ. e della L. n. 689 del 1981, artt. 5 e 23, censura la sentenza impugnata per non avere considerato che la disposizione sanzionatrice si rivolge, per il principio di solidarietà, a tutti coloro che concorrono nella realizzazione della condotta vietata e quindi anche nei confronti del proprietario del terreno, atteso che la collocazione del mezzo pubblicitario su un terreno altrui fa presumere il consenso del proprietario del suolo, ponendo a suo carico l’onere di dimostrare che il fatto è avvenuto contro la sua volontà";
– "i motivi sono infondati, in quanto, premesso che è pacifico in causa che la sanzione è stata irrogata al ricorrente a titolo di mero concorso, quale proprietario del suolo, nella installazione del cartello pubblicitario abusivo, deve rilevarsi che il proprietario del suolo, in quanto tale, è estraneo alla fattispecie prevista e disciplinata dall’art. 23 C.d.S., comma 7, (Cass. n. 21660 del 2011);
questa, infatti, sanzionando la condotta di colui che colloca cartelli e mezzi pubblicitari senza autorizzazione, fa riferimento, chiaramente ed esclusivamente, alla condotta di chi si rende specificamente responsabile di una siffatta attività (Cass. n. 19787 del 2006); nè appare invocabile il criterio della solidarietà, il quale, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 6, estende la responsabilità al proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione, locuzione che, con riferimento alla condotta in esame, può essere chiaramente riferita al proprietario del cartello o del mezzo di pubblicità, ma non al titolare del suolo; sotto il primo profilo, vige infatti il principio della natura personale, anche in materia di sanzione amministrativa, della responsabilità di colui che pone in essere la condotta tipica indicata dalla norma; sotto il secondo aspetto, occorre ribadire che l’istituto della solidarietà resta rigorosamente circoscritto e delimitato alle ipotesi espressamente previste, dovendo rifiutarsi interpretazioni che, estendendo l’ambito delle fattispecie in essa espressamente contemplate, comportino la sostanziale violazione del principio della riserva di legge (Cass. n. 15088 del 2006; Cass. n. 12321 del 2004); dalla lettura dell’art. 23 C.d.S. e, in particolare del comma 13 bis, emerge del resto che il proprietario del suolo su cui è avvenuta l’installazione può essere interessato dalla violazione soltanto in un momento successivo, laddove l’ente proprietario della strada lo diffidi a rimuovere il mezzo pubblicitario, con l’effetto che, se non provvede, egli è responsabile, accanto all’autore materiale della pregressa violazione, di un autonomo e diverso illecito amministrativo";
– "il ricorso principale appare infondato, apparendo necessaria soltanto una mera correzione della motivazione della decisione impugnata, mentre il ricorso incidentale, in quanto condizionato, va dichiarato assorbito";
rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alle parti;
ritenuto che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall’esame degli atti di causa, che all’orientamento della giurisprudenza di questa Corte sopra indicato, cui questo Collegio ritiene di dover dare piena adesione;
che in relazione al primo motivo, che denunzia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., trattato solo implicitamente dalla relazione, merita aggiungere che anch’esso appare infondato, essendovi corrispondenza tra ratio decidendi della sentenza impugnata e le ragioni svolte dall’opponente nel ricorso introduttivo, con cui aveva protestato la propria estraneità alla fattispecie sanzionatoria disciplinata dalla disposizione di legge applicata;
che, pertanto, il ricorso principale va respinto, mentre quello incidentale va dichiarato assorbito;
che le Amministrazioni ricorrenti vanno condannate, per il principio di soccombenza, al pagamento delle spese di lite sostenute dalla controparte, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale; condanna le Amministrazioni ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi Euro 1.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali e contributi di legge.
Così deciso in Roma, il 8 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2012

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