Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-11-2011) 14-12-2011, n. 46277

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con la sentenza in epigrafe la Corte di Appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato l’imputato alla pena di anni quattro mesi sei di reclusione ed Euro milleseicento di multa per il delitto di furto.
Avverso la pronunzia della Corte di Appello l’imputato propone ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per non avere la Corte, dopo aver concesso le attenuanti generiche, giudicato le stesse prevalenti (ma semplicemente equivalenti) rispetto alle contestate circostanze aggravanti, con determinazione della pena, nei limiti sopra indicati, illegale ed erronea.
2. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che ricorre il vizio di motivazione illogica o contraddittoria solo quando emergono elementi di illogicità o contraddizioni di tale macroscopica evidenza da rivelare una totale estraneità fra le argomentazioni adottate e la soluzione decisionale (Cass. 25 maggio 1995, n. 3262). In altri termini, occorre che sia mancata del tutto, da parte del giudice, la presa in considerazione del punto sottoposto alla sua analisi, talchè la motivazione adottata non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui la decisione è fondata e non contenga gli specifici elementi esplicativi delle ragioni che possono aver indotto a disattendere le critiche pertinenti dedotte dalle parti (Cass. 15 novembre 1996, n. 10456).
Queste conclusioni restano ferme pur dopo la L. n. 46 del 2000 che, innovando sul punto l’art. 606 c.p.c., lett. e), consente di denunciare i vizi di motivazione con riferimento ad "altri atti del processo": alla Corte di cassazione resta comunque preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito, (ex plurimis: Cass. 1 ottobre 2008 n. 38803).
Quindi, pur dopo la novella, non hanno rilevanza le censure che si limitano ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della Corte di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di legittimità e la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione non può essere confusa con una nuova valutazione delle risultanze acquisite. La Corte, infatti, non deve accertare se la decisione di merito propone la migliore ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v. Cass. 3 ottobre 2006, n. 36546;
Cass. 10 luglio 2007, n. 35683; Cass. 11 gennaio 2007, n. 7380).
Ne caso di specie, il giudice di appello ha esposto un ragionamento argomentativo coerente, nel quale ha analiticamente valutato le ragioni di appello, qui integralmente riproposte laddove non accolte, riconoscendo – a differenza del Tribunale – la sussistenza di circostanze attenuanti generiche e giudicando le stesse equivalenti alle contestate aggravanti dietro l’attenta considerazione delle condotte (di reato e processuale) dell’imputato. La concessione delle circostanze attenuanti generiche è razionalmente motivata con riguardo alla piena collaborazione processuale a cui si è determinato l’imputato; il giudizio di equivalenza è disceso dalla doverosa valutazione delle numerose condotte di reato (alcune connotate da profili di grave violenza) e da evidenti profili della personalità dell’imputato dedito all’uso di sostanze stupefacenti.
A tal riguardo, il richiamo difensivo alle difficili condizioni ambientali patite dall’imputato, e i suoi negativi riflessi sulla psicologia dello stesso, non appaiono trascurati nel ragionamento dei giudici, che proprio sulle condotte dell’imputato e sulla personalità dello stesso – conseguenti anche alla realtà contestuale – hanno logicamente argomentato la propria decisione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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