Cass. civ. Sez. I, Sent., 05-07-2012, n. 11271 Arbitrato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Il lodo arbitrale pronunciato il 13 dicembre 2003 aveva dichiarato risolto il contratto di appalto per inadempimento della società committente XX. e condannato quest’ultima a pagare all’appaltatore V.G. (convenuto nel giudizio arbitrale) i compensi dovuti per lavori eseguiti. Per quanto ancora rileva, il collegio arbitrale aveva dichiarato inammissibile la domanda della committente diretta a far accertare l’esistenza di una società irregolare tra V.G. e V.P.;
la XX. infatti aveva dedotto di avere pagato a quest’ultimo parte del corrispettivo, ma gli arbitri avevano ritenuto che l’accertamento di tale questione esulasse dai limiti della convenzione arbitrale.
2.- La Curatela del Fallimento XX. ha impugnato il lodo per nullità, deducendo tra l’altro che gli arbitri erroneamente avevano ritenuto, d’ufficio, che la domanda proposta agli arbitri esulasse dai limiti della convenzione arbitrale, poichè il convenuto non aveva sollevato specifica eccezione al riguardo ma si era limitato ad eccepire la novità della domanda proposta nelle conclusioni; gli arbitri, ritenendo erroneamente precluso l’esame della questione societaria nel merito, avevano quindi violato le regole del processo arbitrale.
La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 2 dicembre 2008, ha rigettato l’impugnazione.
3. La Curatela del Fallimento ricorre per cassazione con un unico motivo.
V.G. non ha svolto attività difensiva nel giudizio di legittimità.

Motivi della decisione

1.- Nel giudizio arbitrale la Curatela del Fallimento XX. aveva chiesto di accertare l’esistenza di una società irregolare tra l’appaltatore V.G. e V.P. affinchè, nel determinare il residuo credito del primo nei suoi confronti, si tenesse conto di taluni importi versati al secondo. Il convenuto V.G. aveva eccepito l’inammissibilità dell’accertamento in quanto tardivamente richiesto dalla XX. nel giudizio arbitrale e, quindi, precluso ai sensi dell’art. 817 c.p.c., comma 3 e art. 829 c.p.c., n. 4.
Gli arbitri avevano giudicato la questione inammissibile e la Corte di appello, nella sentenza impugnata, si è limitata ad osservare che "il collegio arbitrale ha, al contrario, rilevato che la domanda esulava dai limiti del compromesso", giudicando la situazione "affatto diversa" da quella prospettata in sede di gravame del lodo arbitrale, nel quale la XX. aveva lamentato che gli arbitri avessero male interpretato l’eccezione di inammissibilità che invece il convenuto aveva proposto per la diversa ragione della sua intempestiva introduzione nel giudizio.
2.- La Curatela del Fallimento XX. ricorre per cassazione denunciando omissione, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, nonchè erronea interpretazione degli atti processuali, per avere la corte d’appello ritenuto precluso l’esame della questione societaria, sulla base degli erronei presupposti che tale questione dovesse essere giudicata in via principale anzichè in via incidentale e che il convenuto avesse sollevato nel giudizio arbitrale specifica eccezione in ordine alla esorbitanza della stessa dai limiti della convenzione arbitrale.
3.- La sentenza impugnata, in sostanza, ha interpretato la declaratoria di inammissibilità resa in sede arbitrale nel senso che gli arbitri avessero non già accolto un’eccezione formulata dal convenuto V.G. (in modo peraltro ritenuto inadeguato dalla XX.), ma autonomamente giudicato la medesima questione, concernente l’esistenza della società tra i due V., come esulante dai limiti della convenzione arbitrale. Quindi, la Corte d’appello, concludendo il giudizio rescindente con esito negativo, ha implicitamente condiviso la decisione arbitrale di esorbitanza dell’accertamento richiesto dai limiti della convenzione arbitrale.
4.- Il ricorso è fondato per entrambi i profili dedotti nel ricorso.
4.1.- La XX., in sede di impugnazione del lodo, si era doluta della decisione arbitrale che aveva ritenuto che la questione relativa all’accertamento dell’esistenza di una società irregolare tra i V. potesse essere decisa soltanto in via principale, esulando dall’oggetto e quindi dai limiti del giudizio arbitrale. La Corte palermitana, nell’aderire implicitamente al convincimento degli arbitri, si è limitata ad interpretarne il dictum, senza esporre alcuna autonoma motivazione, con l’effetto di ignorare la specifica censura sollevata al riguardo dalla parte. In realtà, l’art. 819 c.p.c. (anche nel testo vigente anteriormente alla riforma del 2006) impone agli arbitri di decidere incidentalmente tutte le questioni insorte, tranne quelle che non possano essere oggetto del giudizio arbitrale ed è noto che, affinchè una questione pregiudiziale debba essere decisa con efficacia di cosa giudicata, a norma dell’art. 34 c.p.c., non basta l’esplicita richiesta in tal senso di una delle parti, ma occorre che il richiedente abbia un interesse a far valere l’accertamento con efficacia autonoma di giudicato anche al di fuori del giudizio in corso, cioè un interesse che trascenda quello inerente alla soluzione della controversia nel cui ambito la questione è stata sollevata (v. Cass. n. 14578/2005, n. 7691/1998, n. 4661/1977). Non è così nel caso in cui il convenuto, di cui sia chiesta la condanna al pagamento di un credito relativo a un rapporto contrattuale, si difenda deducendo di avere adempiuto mediante pagamento a un terzo legato al creditore della prestazione in un rapporto di società. L’accertamento dell’esistenza del dedotto rapporto costituisce uno degli elementi rilevanti nel giudizio sulla fondatezza nel merito della difesa del convenuto e ben può essere svolto in via incidentale e senza efficacia di giudicato nella controversia, che è oggetto del giudizio arbitrale, riguardante l’esecuzione del contratto.
4.2.- Il lodo arbitrale aveva ritenuto che l’accertamento richiesto in ordine alla predetta questione societaria provocava una "estensione della domanda dai limiti della clausola compromissoria" cui era anche di ostacolo la mancata accettazione del contraddittorio da parte di V.G. "che ne ha dedotto tempestivamente, alla prima risposta, la novità e l’inammissibilità", con la conseguenza che una decisione arbitrale sul punto sarebbe stata viziata per extrapetizione ex art. 829 c.p.c., n. 4.
L’art. 817 c.p.c., comma 3 stabilisce che la parte nei cui confronti sono formulate, nel corso del giudizio arbitrale, conclusioni esorbitanti dai limiti della convenzione arbitrale, è tenuta a proporre specifica eccezione al riguardo e, in mancanza, le è preclusa la impugnazione del lodo

P.Q.M.

riferisce al caso in cui il lodo sia viziato per avere pronunciato fuori dei limiti della convenzione d’arbitrato (art. 829 c.p.c., n. 4), mentre nella specie gli arbitri hanno omesso di decidere su una questione che, come detto, non esorbitava da quei limiti e, quindi, non si sono pronunciati su una domanda o eccezione proposta da una delle parti nel giudizio arbitrale (v. art. 829 c.p.c., n. 12), così incorrendo in un error in procedendo denunciato dinanzi alla Corte di appello (nel senso della nullità del lodo arbitrale in tal caso, v.
Cass. n. 2791/1971).
4.3.- Inoltre, l’eventuale esorbitanza dai limiti della convenzione arbitrale dev’essere oggetto di una specifica eccezione della parte nei cui confronti la domanda o l’eccezione siano rivolte, senza che tale eccezione possa ritenersi implicita nella diversa eccezione (sollevata nel giudizio dal convenuto V.G.) di inammissibilità per novità della domanda stessa. In tema di arbitrato, infatti, ove gli arbitri non siano stati vincolati all’osservanza della procedura ordinaria, alle parti è consentito di modificare ed ampliare i quesiti iniziali, senza i limiti temporali fissati negli artt. 183 e 184 c.p.c., ma sempre nell’osservanza del principio del contraddittorio (v. Cass. n. 8937/2000, n. 6950/2004).
5.- Pertanto, la sentenza impugnata, non essendosi attenuta ai principi sopra enunciati, dev’essere cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese.
P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, che provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 7 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2012

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