T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 13-01-2011, n. 260

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Dirpubblica ha proposto ricorso per l’annullamento della delibera del Comitato di gestione dell’Agenzia delle Entrate, indicata in epigrafe, con la quale è stato modificato l’art. 24 del regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate, consentendo il conferimento, fino al 31 dicembre 2010, di incarichi dirigenziali in favore di funzionari non in possesso della qualifica dirigenziale.

Il gravame è affidato alle seguenti censure di diritto:

) Violazione e falsa applicazione dell’art. 52, commi 2, 4 e 5, del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165; violazione e falsa applicazione delle norme in materia di assegnazione allo svolgimento di mansioni superiori; violazione e falsa applicazione dell’allegato A) del CCNL Comparto Agenzie Fiscali, sottoscritto il 28 maggio 2004 sulla reggenza degli uffici e il riconoscimento del trattamento economico dirigenziale; carenza dei presupposti, eccesso di potere e sviamento.

Si contesta, in sostanza, la possibilità per l’Agenzia di conferire incarichi dirigenziali a funzionari non in possesso della qualifica relativa, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, senza indicazione del termine di durata e senza che l’ente abbia provveduto a bandire le procedure concorsuali per l’accesso alla qualifica dirigenziale.

) Violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 27 e 28 del d. lgs. 30 marzo 2001 n. 165 e degli artt. 60 e 71 del d. lgs. 30 luglio 1999 n. 300; violazione e falsa applicazione dei principi in materia di conferimento di incarichi dirigenziali e dei principi in materia di reggenza degli uffici dirigenziali; violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost.; violazione del principio per cui l’accesso alla qualifica dirigenziale avviene a seguiti di concorso pubblico; eccesso di potere e sviamento.

L’Agenzia, con la modifica normativa impugnata, avrebbe oltrepassato i limiti alla propria autonomia regolamentare, violando i principi fondamentali per l’accesso alla qualifica dirigenziale.

Si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Entrate ed ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ad agire dell’associazione ricorrente e per carenza di interesse; nel merito ha rilevato l’infondatezza del ricorso.

Alla pubblica udienza del giorno 24 novembre 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente il Collegio ritiene di dovere prendere in esame le eccezioni di inammissibilità del ricorso, sollevate dalla difesa erariale.

Assume la resistente che Dirpubblica non avrebbe dichiarato a tutela di quale interesse, compreso nelle finalità statutarie, sarebbe stata finalizzata l’azione, non emergendo dunque chiaramente un interesse specifico del sindacato leso dal provvedimento impugnato; e che, dal contenuto del ricorso, sembrerebbe emergere una finalizzazione dell’azione alla tutela dell’interesse di una categoria di associati – i dirigenti – in contrapposizione all’interesse di un altro gruppo di associati, i funzionari non in possesso di qualifica dirigenziale ai quali venga conferito incarico dirigenziale.

Il ricorso sarebbe quindi inammissibile, dovendo un’associazione sindacale agire in giudizio a tutela di interessi riferibili per statuto all’associazione in quanto tale; interessi collettivi, quindi, riferibili indistintamente a tutti gli associati, non potendo invece sposare la tutela di interessi di alcuni degli associati in contrasto con quelli di altri.

La tesi, sebbene argomentata anche con riferimento ad uno specifico precedente giurisprudenziale (sentenza del Consiglio di Stato, sezione quarta, del 16 luglio 2010 n. 4600, secondo la quale il contrasto anche solo potenziale tra gli interessi degli associati a Dirpubblica può incidere negativamente sulla legittimazione processuale del sindacato), non è condivisa dal Collegio.

La legittimazione al ricorso di associazioni rappresentative di categorie di lavoratori si fonda, infatti, sul presupposto della rappresentatività di un interesse collettivo riferibile in maniera generica ed indistinta a tutti gli appartenenti al gruppo o alla categoria rappresentata; interesse di cui l’ente esponenziale assume la titolarità, in base allo statuto, ai soli fini della legittimazione processuale, considerato che il nostro ordinamento processuale è costruito intorno alla tutela di interessi di titolarità individuale.

L’interesse collettivo, per definizione adespota, e riferito indistintamente a tutti gli appartenenti ad un gruppo o a una collettività, si assimila dunque all’interesse individuale soltanto al fine del radicamento della legittimazione processuale in capo ad un soggetto o ente esponenziale, senza per ciò perdere la sua natura originaria di interesse superindividuale, sintesi degli interessi individuali che in esso trovano composizione unitaria e compendio, assumendo una dimensione ontologica nuova e differente.

In seno all’interesse collettivo, dunque, è possibile discernere interessi soggettivamente riferibile a singoli componenti o a determinate parti del gruppo di riferimento soltanto in via descrittiva; mentre sul piano della sua effettiva dimensione ontologica l’interesse mantiene una natura unitaria, caratterizzandosi in termini di inscindibilità e diffusività indistinta su un piano superindividuale.

Per tale sua caratterizzazione ontologica esso è destinato ad essere tutelato soltanto da parte di soggetti superindividuali, esponenziali e rappresentativi del gruppo, che ne assumano l’obiettivo di salvaguardia a livello statutario; e la legittimazione ad agire dell’associazione rappresentativa o dell’ente esponenziale si atteggia come originaria ed esclusiva, ovvero non soltanto indipendente ed autonoma rispetto a quella dei singoli, ma anche riservata esclusivamente all’associazione o all’ente in relazione ai suoi scopi statutari.

La natura unitaria ed inscindibile dell’interesse collettivo sussiste a prescindere dal fatto che gli interessi riferibili in modo diffuso al gruppo o alla categoria di cui l’associazione è esponenziale assumano carattere omogeneo, potendo l’interesse collettivo, sempre sul piano meramente descrittivo, risultare dalla sintesi di interessi anche disomogenei sul piano individuale; cosicchè la possibile disomogeneità degli interessi dei singoli componenti il gruppo o la categoria rappresentata non può incidere sulla legittimazione ad agire dell’associazione rappresentativa o dell’ente esponenziale a tutela dell’interesse collettivo oggettivato e tipizzato all’atto della individuazione della finalità statutarie del soggetto rappresentativo.

Per tali ragioni l’orientamento, secondo cui sarebbe esclusa la legittimazione ad agire dell’ente esponenziale allorchè gli interessi degli iscritti o degli appartenenti al gruppo o alla categoria rappresentata non siano omogenei ed univocamente conformi all’interesse superindividuale alla cui tutela l’associazione è preposta per statuto, non può essere condiviso, considerato che l’eventuale differenziazione degli interessi resta individuabile in modo meramente descrittivo a livello individuale, ma non assume una dimensione ontologica reale e autonoma, stemperandosi in seno al diverso, ed unitario, interesse collettivo.

In concreto, del resto, è evidente come l’interesse collettivo emerga dalla composizione e dalla sintesi degli interessi individuali quale risulta dal confronto dialettico all’interno degli organi collegiali e dall’applicazione del principio della maggioranza; senza quindi che sia poi possibile immaginare la riemersione di posizioni di interesse minoritarie in seno alle dinamiche di gruppo e la conseguente paralisi di iniziative di competenza degli organismi rappresentativi in nome di un ipotetico conflitto di interessi che non tenga conto della già intervenuta composizione dei contrasti alla stregua dei meccanismi e delle regole democratiche.

Alla luce delle superiori considerazioni va quindi disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso.

La ricorrente Associazione infatti ha inteso esercitare la legittimazione ad agire, connessa ai propri obiettivi statutari, a tutela, come esplicitato negli scritti difensivi, dell’interesse della categoria alla copertura mediante concorso pubblico delle posizioni dirigenziali; interesse che la stessa Associazione ha inteso riferire non soltanto ai dirigenti (in ragione del deprezzamento del rilievo della qualifica dirigenziale implicato dall’impugnata delibera) ma anche agli stessi funzionari non in possesso della qualifica di dirigente (in ragione delle conseguenze negative implicate dall’esercizio eventualmente illegittimo di mansioni superiori o in base ad un titolo precario).

A fronte di siffatte valutazioni di merito, rimesse all’apprezzamento proprio del soggetto rappresentativo della categoria, non potrebbe il Giudice, in base ad un proprio diverso apprezzamento del piano degli interessi, pervenire ad una pronuncia di inammissibilità dell’azione per difetto della legittimazione ad agire o dell’interesse all’impugnazione.

Per tutte queste ragioni le eccezioni preliminari sollevate dalla difesa erariale vanno disattese.

Ciò premesso, considerato però che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 29 ottobre 2010 è stato indetto bando di concorso per il conferimento di 175 posti di dirigente di seconda fascia, prima di procedere alla definizione del merito del giudizio, e anche al fine di apprezzare la persistenza dell’interesse all’annullamento dell’atto impugnato, il Collegio ritiene necessario acquisire dall’Amministrazione resistente chiarimenti in ordine al numero complessivo dei posti di dirigente ulteriormente vacanti rispetto a quelli messi a concorso, e da coprire eventualmente mediante conferimento di incarichi a funzionari privi della qualifica dirigenziale, in applicazione della delibera oggetto di gravame.

All’uopo assegna all’Agenzia delle Entrate, per l’adempimento, il termine di giorni trenta a decorrere dalla data di notificazione o comunicazione della presente decisione e rinvia la causa, per l’ulteriore trattazione, alla pubblica udienza del giorno 25 maggio 2011.
P.Q.M.

non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, rigettate le questioni preliminari di inammissibilità del ricorso come proposte, ordina all’Agenzia delle Entrate di rendere in giudizio i chiarimenti indicati in parte motiva entro il termine di giorni trenta a decorrere dalla data di notificazione o comunicazione della presente decisione e rinvia la causa, per l’ulteriore trattazione, alla pubblica udienza del giorno 25 maggio 2011.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:

Silvestro Maria Russo, Presidente

Carlo Modica de Mohac, Consigliere

Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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