Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-11-2011) 14-12-2011, n. 46269

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 27.1.11 la Corte d’appello di Napoli riduceva la pena irrogata nei confronti di R.M.R. dalla sentenza emessa il 3.6.10 dal GUP del Tribunale di Benevento, che lo aveva condannato per concorso in rapina aggravata ai danni di un ufficio postale, confermando nel resto le statuizioni di prime cure.

Tramite il proprio difensore il R. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per tre motivi con cui in sostanza lamentava vizio di motivazione nella parte in cui la Corte territoriale, travisando il tenore di conversazioni oggetto di intercettazione, aveva ritenuto che il ricorrente avesse inteso assicurare ai complici un commodus discessus attendendoli in auto mentre portavano a termine la rapina: in realtà, il senso dalla conversazione n. 424 era stato travisato dai giudici del merito, emergendo invece, da un’esatta interpretazione del colloquio, l’intento del R. di non partecipare all’altrui proposito criminoso; del pari viziata era la motivazione laddove aveva trascurato le dichiarazioni liberatorie fornite da C.G. (imputato, insieme con il R. ed altri, della rapina in discorso); al più, l’ipotetico contributo assicurato dal ricorrente sarebbe stato inquadrabile come mero favoreggiamento personale ex art. 378 c.p..
Motivi della decisione

1- Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato.

I tre motivi di doglianza avanzati dal ricorrente – da esaminarsi congiuntamente perchè intimamente connessi – muovono tutti dal presupposto di un travisamento della prova consistente nelle conversazioni oggetto di intercettazione.

Ma è appena il caso di ricordare che, per costante insegnamento giurisprudenziale di questa S.C., da cui non si ravvisa ragione di discostarsi, l’interpretazione del linguaggio adoperato nel corso di colloqui intercettati, anche quando esso sia criptico o cifrato, resta questione di mero fatto, sottratta al giudizio di legittimità se la valutazione compiuta dai Giudici del merito risulta logica in rapporto alle massime di esperienza utilizzate (cfr., ad es., Cass. Sez. 6, n. 17619 dell’8.1.2008, dep. 30.4.2008; Cass. Sez. 6, n. 15396 dell’11.12.2007, dep. 11.4.2008; Cass. Sez. 6, n. 35680 del 10.6.2005, dep. 4.10.2005; Cass. Sez. 4, n. 117 del 28.10.2005, dep. 5.1.2006; Casse. Sez. 5, n. 3643 del 14.7.97, dep. 19.9.2007).

A ciò si aggiunga che la deduzione del vizio, traducendosi sostanzialmente in una denuncia di travisamento della prova, non è neppure autosufficiente, noto essendo che il travisamento della prova da cui si assume essere affetta la sentenza d’appello deve essere dedotto con precise formalità, ossia la parte che lamenti un travisamento della prova deve necessariamente trascriverla od allegare in copia il documento in cui essa è consacrata, evidenziando l’esatto passaggio in cui si annida il vizio:

diversamente, il ricorso non è autosufficiente (cfr., da ultimo, Cass. Sez. F n. 32362 del 19.8.10, dep. 26.8.10).

Nel caso in esame, al contrario, il ricorso si limita a riportare unicamente brevi stralci di una sola delle conversazioni intercettate e di alcuni passaggi dell’esame del C..

Riguardo a quest’ultimo non risponde al vero che l’impugnata sentenza abbia omesso di motivare: la Corte territoriale ha esplicitamente chiarito di non aver dato credito alle dichiarazioni liberatorie del C. perchè smentite dal tenore delle conversazioni intercettate, da cui risultava soltanto un’iniziale perplessità del R. – per meri calcoli utilitaristici – a partecipare alla rapina, il che in seguito non gli aveva impedito di concorrervi dapprima a livello di mera istigazione (dando consigli di tipo esecutivo) e, poi, di concreto e volontario contributo causale alla realizzazione del delitto, consistito nell’attendere in auto, con il motore accesso, i complici.

Ogni contraria argomentazione spesa in ricorso si risolve nella mera sollecitazione di un diverso apprezzamento del materiale istruttorio, il che è precluso in questa sede.

Il concorso del R. nella rapina per cui è processo – accertato dai giudici del merito con motivazione immune da censure – è incompatibile con l’invocata derubricazione nell’ipotesi di cui all’art. 378 c.p., ostandovi la clausola di riserva contenuta in tale norma incriminatrice ("… fuori dei casi di concorso …").

2- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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